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Sarà la Toyota TS050 Hybrid n.8 di Kazuki Nakajima, Fernando Alonso e Sébastien Buemi a scattare dalla pole position nella 24 Ore di Le Mans 2018: 3'15"377 è il tempo colto da Nakajima. Si tratta di un crono di circa sei decimi più lento rispetto al giro monstre dello scorso anno di Kamui Kobayashi, che quest'anno si è dovuto accontentare della seconda posizione sulla vettura gemella, la n.7, che condivide con José Maria Lopez e Mike Conway. Doppietta per la casa nipponica, dunque, come ampiamente preventivabile, viste le differenze prestazionali con le LMP1 non ibride che compongono il resto della classe. Terza posizione per la Rebellion R13 n.1, affidata ad André Lotterer, Neel Jani e Bruno Senna.
Nella classe LMP2 la pole è andata alla ORECA 07 Gibson n.48 della Idec Sport, affidata a Paul-Loup Chatin, Paul Lafargue e Memo Rojas. Il tempo di Chatin, 3'24"842, è il record del Circuit de la Sarthe per le vetture LMP2. Questo primato sarebbe andato a Loic Duval, sulla ORECA 07 Gibson n.28 preparata dalla G-Drive Racing, se non fosse incappato in una penalità che lo ha fatto scivolare in quarta posizione. A completare la top three troviamo l'ORECA 07 Gibson n.31 della Dragonspeed, nelle mani di Pastor Maldonado, Nathanael Berthon e Roberto Gonzales, e l'ORECA 07 Gibson n.26, preparata dalla G-Drive Racing e affidata a Jean-Eric Vergne, Roman Rusinov e Andrea Pizzitola.
In LMGTE Pro a brillare è il nostro Gimmi Bruni: il suo tempo monstre di mercoledì sera sulla Porsche 911 RSR n.91 è stato sufficiente a garantirgli la pole di classe. Con lui sulla 911 RSR in livrea Rothmans ci saranno Richard Lietz e Frederic Mackowiecki. La casa di Zuffenhausen totalizza una doppietta, grazie al secondo posto della gemella n.92, affidata a Michael Christensen, Laurens Vanthoor e Kevin Estre. Terzo posto, invece, per la Ford GT n.66, di Olivier Pla, Stefan Mucke e Billy Johnson. Italia al top anche in LMGTE Am, con Matteo Cairoli autore del miglior tempo sulla 911 RSR n.88 che condivide con Khaled Al Qubaisi e un altro connazionale, Giorgio Roda.
Foto: Manrico Martella