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Gli uomini di Porsche ce l’hanno fatta, sono riusciti di nuovo a conquistare la gara più bella del mondo, a vincere questa sfida tecnologica unica, senza eguali: 17 anni dopo la loro ultima vittoria a Le Mans, hanno ottenuto il tanto ambito diciasettesimo trionfo nella Sarthe, e anche i più superstiziosi dovranno arrendersi di fronte a questo nuovo successo della Porsche…
I ragazzi della redazione di Automoto sono stati bravissimi nel raccontarvi, ora dopo ora, questa nuova edizione della 24 Ore di Le Mans, contraddistinta dalla tanto attesa sfida tra Audi e i “cugini” della Porsche e dal consueto spettacolo delle GT. E’ vero, forse non è stata avvincente fino all’ultima ora come è successo negli ultimi anni però, come al solito, ci ha comunque stregati con il suo fascino assolutamente immutato.
Ho scritto “Missione compiuta” perché i più attenti ricorderanno com’è cominciato questo nuovo capitolo della storia della Casa di Stoccarda: nel settembre del 2012 annunciarono il loro ritorno nell’Endurance. L’anno successivo realizzarono sul web un sito chiamato proprio “Mission 2014. Our Return” per rivivere la storia del Motorsport attraverso le loro 16 vittorie assolute, in una gara che da sempre, nell’immaginario collettivo, è associata al loro nome. Nel giugno dell’anno dopo, la 919 Hybrid effettuò i suoi primi giri di pista, prima di disputare la sua prima corsa nell’aprile del 2014, a Silverstone, conquistando subito il podio con il 3° posto di Webber, Hartley e Bernhard. E’ successo tutto molto in fretta e hanno messo in piedi questo progetto in appena un anno e mezzo, forti delle esperienze passate in una corsa che ha costruito in gran parte la loro leggenda.
I precedenti di Porsche alla 24 Ore
E’ una storia d’amore che dura da più di 60 anni tra Porsche e la 24 Ore: nel 1950, in occasione del Salone dell’Automobile di Parigi, l’allora direttore di corsa dell’ACO invitò Ferdinand Porsche a partecipare alla corsa. Scomparso nel gennaio del ’51, il leggendario “Ferry” non fece in tempo ad assistere all’esordio delle sue auto, due piccole 356 coupé “light metal”, appositamente equipaggiate con un serbatoio di 78 litri di capacità. Una delle due, con Veuillet e Mouche, giunse 20° assoluta e prima nella categoria 1100. Quella prima affermazione aprì la strada ai tanti successi assoluti conquistati tra il 1970 e il ’98, cui vanno aggiunti 50 piazzamenti a podio e uno storico dominio nel 1983, quando monopolizzò le prime otto posizioni.
E ora si aggiunge questa incredibile e inattesa vittoria di Nico Hülkenberg, Nick Tandy ed Earl Bamber, che hanno fatto la gara perfetta, non hanno sbagliato nulla, e sono andati fortissimo, per tutte le lunghe e interminabili 24 Ore. Che belle le lacrime di gioia di Nico, durante il giro di rientro…
La rivincita di Hulkenberg
Finalmente il suo grande talento conquista ciò che merita, quello che la Formula 1 non gli ha mai saputo dare fino ad oggi: perché da diversi anni tutti dicono che è forte ma nessun top team lo ha mai preso con sé e continua a lottare, con fatica, con una Force-India che non è all’altezza delle sue qualità. Ha fatto degli stint incredibili, con un ritmo impressionante, con una padronanza che sembrava che ci fosse già stato chissà quante volte qui a Le Mans, e al primo tentativo conquista “The Big One”, la corsa delle corse.
L’ultima volta c’era riuscito al debutto Laurent Aiello, con Stéphane Ortelli e il grande Allan McNish, proprio con una Porsche, la leggendaria 911 GT1. Quel francese non se lo ricordano in tanti ma era uno tosto, che vinse anche il Gran Premio di Monaco di Formula 3 e il DTM con l'Audi. Adesso tutti ad accorgersi di quanto è bravo Hülkenberg, che è riuscito a conquistare la maratona della Sarthe, come fecero Johnny Herbert e Bertrand Gachot nel 1991 con la mitica Mazda 787B, mentre anche loro correvano anche in Formula 1.
Chi sono Tandy e Bamber
E’ normale che il team decidesse di lasciare a Nico l’onore di tagliare il traguardo ma, per favore, non dimentichiamoci degli altri due eroi di questa impresa: Nick Tandy ed Earl Bamber. Il primo, britannico, 30 anni, forse anche lui avrà sognato la F1 quando correva nella Formula 3 britannica, poi però ha intrapreso la strada delle GT, vincendo un titolo nella Porsche Carrera Cup tedesca e giocandosi quello della Porsche Supercup internazionale nel 2010 con René Rast (proprio quello dell’Audi). Quest’anno sta facendo esperienza anche in LMP2 con il team KCMG, che qui ha vinto. A Le Mans ci aveva già corso due volte: nel 2011 con una 911 RSR del team Felbermayr-Proton e l’anno scorso con una GT del team ufficiale Porsche gestito da Manthey. E quest’anno il grande salto, a cui ha risposto con ottime performance, mettendosi in evidenza già nelle Qualifiche siglando il tempo che li ha fatti partire dalla seconda fila.
Bamber, neozelandese come il suo compagno di squadra Hartley, classe 1990, ci ha provato a lungo con le monoposto, vincendo il titolo nella Formula BMW Asia e partecipando a tanti campionati, dalla Formula Master alla GP2 Asia Series, passando per la Superleague Formula, ma è con le vetture della Casa di Stoccarda che è riuscito a esprimere al meglio il suo talento: ha vinto 2 volte la Carrera Cup Asia e poi nel 2014 ha conquistato subito all’esordio la Porsche Supercup, sulle orme di altri grandi campioni. Questa è stata la sua prima 24 Ore e mai avrebbe immaginato di terminarla sul gradino più alto del podio.
Grazie a una 919 Hybrid che non è solo la più veloce, perché a Weissach l’hanno resa anche molto affidabile, hanno percorso ben 395 giri senza alcun problema tecnico. Sono andati al comando della corsa la domenica mattina, verso le 6.30, e da allora hanno mantenuto la prima posizione fino alla bandiera a scacchi.
Webber, Hartley, Bernhard: i secondi
Timo Bernhard, Brendon Hartley e Mark Webber sono arrivati secondi, staccati di un giro, con la 919 Hybrid n° 17. Questo equipaggio aveva dimostrato che aveva il potenziale per vincere, sono stati anche in testa ma una penalità d’un minuto per aver superato in regime di bandiere gialle li ha retrocessi fino al quarto posto. Con grande determinazione sono risaliti fino al secondo, regalando una bella doppietta che ha fatto piangere anche Matthias Müller, il Numero Uno di Porsche AG. Più sfortunati il poleman Neel Jani, Romain Dumas e Marc Lieb con la n°18: due uscite di strada e qualche problema di troppo con la macchina che mancava di stabilità in frenata, non hanno consentito loro di andare oltre il quinto posto, staccati di 4 giri.
Audi: è stata davvero sconfitta?
Sono così riusciti a interrompere la lunga striscia positiva di Audi, che ha vinto ininterrottamente dal 2010. Questa volta la Casa dei Quattro Anelli ha dovuto accontentarsi d’un piazzamento sul podio, con il terzo posto dei vincitori di un anno fa, Marcel Fässler, André Lotterer e Benoît Tréluyer, staccati di due giri con la R18 e-tron quattro n°7, con Lotterer che ha stabilito il nuovo primato sul giro in gara in 3’17’’475. Questi tre grandi campioni, che mantengono comunque la leadership del campionato, hanno dovuto fare i conti con tanti imprevisti: prima una foratura lenta, poi poco prima delle 7 del mattino mentre lottavano per il 1° posto, hanno perso la copertura del motore che ha causato altri danni alla loro auto. Ai box l’hanno sistemata in meno di sette minuti, ma ormai i due giri di ritardo accumulati erano impossibili da recuperare, con così tanto equilibrio in pista.
Fin dal termine della gara ho sentito parlare di disfatta, di massacro e altri termini catastrofici. Credo che sia esagerato metterla in questo modo: hanno perso sì, ma dopo una bella lotta che si è protratta fino al mattino, con stint a ritmi quasi da qualifica. E’ stata una fantastica sfida, dal punto di vista umano e tecnico, fra due team incredibili, con uomini preparati, determinati, che non mollano mai, con piloti di grande spessore in entrambe le squadre. Un affascinante confronto tra scelte tecniche tanto diverse ma entrambe capaci di generare due bellissimi prototipi, due concetti diversi di vetture da corsa ibride ma comunque incredibili, con potenze stratosferiche e soluzioni tecnologiche che sembrano appartenere alla fantascienza, e invece sono una splendida realtà creata da tecnici e ingegneri che hanno saputo mettere d’accordo prestazioni ed efficienza.
Ma soprattutto è gente accomunata dalla stessa grande passione per le corse: bastava vedere lo sguardo commosso del Dott. Ullrich, il Responsabile di Audi Motorsport, mentre seguiva le prime concitate fasi di gara, contraddistinte da sorpassi e controsorpassi tra le sue vetture e quelle degli avversari. Questa è la magia di Le Mans, che riesce sempre a sorprendere anche chi ne ha viste ormai di tutti i colori.
Questa è la magia di Le Mans, che riesce sempre a sorprendere anche chi ne ha viste ormai di tutti i colori
Le Audi si sono dimostrate competitive, addirittura più efficaci delle Porsche nella percorrenza in curva, ma hanno avuto molti problemi tecnici nella seconda parte di gara e non solo. Già, perché c’è stato anche il terribile incidente di Loïc Duval alla curva “Indianapolis” prima della fine della terza ora: sembra che ci sia stata un po’ di confusione e mentre sui display era annunciata una “slow zone”, i commissari nella parte precedente della pista pare avessero dato bandiera verde, e così il transalpino è piombato a 300 all’ora su un gruppo di GT che procedevano lente e occupavano l’intera sede stradale. A quel punto Duval ha fatto una manovra disperata cercando di passare sull’unico varco sulla destra, ha strisciato contro la Ferrari di Fisichella ed è finito violentemente contro le barriere. Ma quell’auto è un “carrarmato” e Duval, mentre si scusava via radio con il team, è rientrato ai box, è stato necessario solo sostituire il cofano anteriore e l’alettone posteriore e dopo nemmeno quattro minuti tornavano in pista, dopo aver perso un giro, al 6° posto. Persa ogni possibilità di vittoria, Duval, Lucas di Grassi e Oliver Jarvis sono riusciti comunque a chiudere la gara al quarto posto.
Bonanomi, Albuquerque e Rast: i migliori dei Quattro Anelli
Il loro equipaggio migliore è stato quello della terza R18, la n°9, del nostro Marco Bonanomi, Filipe Albuquerque e il “rookie” René Rast: sono sempre stati velocissimi, spesso in testa e comunque dimostrando di potersela giocare per la vittoria e, soprattutto, non hanno mai fatto errori: mentre Duval ha fatto quell’incidente e Treluyer ha sbagliato a Tertre Rouge sfiorando miracolosamente le barriere, loro non hanno mai sbagliato nulla, a parte un leggero contatto del portoghese con la Ferrari del team JMW, e non per colpa sua. Ma non è stato sufficiente, perché alla domenica mattina il sistema ibrido ha cominciato a fare i capricci, facendoli retrocedere dietro alle due migliori Porsche, poi, se non bastasse, a tre ore dal termine hanno dovuto effettuare un lungo intervento per sostituire un semiasse anteriore che gli ha fatto perdere più di 17 minuti e li ha visti chiudere al 7° posto finale, a 8 giri.
Era proprio la 24 ore dei “Young Boys” per entrambi gli sfidanti, ma a quelli della Porsche non è successo nulla e hanno vinto, mentre i ragazzi dell’Audi hanno dovuto fare i conti con la sfortuna, tanta, anzi troppa.
Un’immagine tra le più belle della gara è senz’altro quella in cui il Dott. Ullrich ha raggiunto il garage della Porsche e si è complimentato con i Responsabili della Casa di Stoccarda, a dimostrazione che qui il rispetto per l‘avversario e la sportività sono di casa
Un’immagine tra le più belle della gara è senz’altro quella in cui il Dott. Ullrich ha raggiunto il garage della Porsche e si è complimentato con i Responsabili della Casa di Stoccarda, a dimostrazione che qui il rispetto per l‘avversario e la sportività sono di casa. Lo fece anche l’allora Responsabile della Peugeot Olivier Quesnel, che nel 2010 raggiunse il garage Audi e si complimentò con gli avversari per la schiacciante vittoria. Anche questa è Le Mans: lo conferma anche la splendida pubblicità di Audi France segnalata da Matteo Valenti nel suo articolo…
Delusione Toyota
Le Toyota hanno confermato ciò che si era già visto un po’ nelle Qualifiche: mai in gara, incapaci di reggere il ritmo degli avversari, non hanno mai trovato un ritmo adeguato, dando vita a una corsa incolore; speravano anche nella pioggia ma la vera pioggia non è mai arrivata e le telecamere li hanno inquadrati un po’ più a lungo solo quando Anthony Davidson, alla quinta ora, ha urtato una GTE, danneggiando la parte anteriore destra e il relativo faro.
Il risultato è un 6° posto per Wurz, Sarrazin e Conway, a ben 8 giri, e l’ottavo e ultimo posto tra le ibride per Davidson, Buemi e Nakajima, a 9 giri dai vincitori. A inizio stagione, di sicuro, non se l’aspettavano nemmeno loro che sarebbe andata così male, in modo così frustrante. Ma torneranno nel 2016 (e questa è già un bella notizia) e con un progetto totalmente nuovo: la TS050, se così si chiamerà, dovrebbe abbandonare l’attuale soluzione tecnica per un powertrain più compatto che utilizzerà accumulatori agli ioni di litio.
Le Toyota hanno confermato ciò che si era già visto un po’ nelle Qualifiche: mai in gara, incapaci di reggere il ritmo degli avversari, non hanno mai trovato un ritmo adeguato, dando vita a una corsa incolore
Parlando di Toyota, ho avuto il piacere di ospitare in cabina di commento Vincenzo Sospiri, che nel ’99 insieme a Emanuel Collard e Martin Brundle conquistò la pole position alla 24 Ore con la leggendaria GT One, che tanti hanno conosciuto giocando con “Gran Turismo” sulla Playstation: una “belva” da quasi 700 cavalli, velocissima, senza traction control, senza elettronica, tagliente e difficile da guidare al limite. Beh, gli si illuminava ancora lo sguardo parlando di quell’esperienza, perché Le Mans ti rimane dentro. Anche un pilota come lui, oggi team manager e scopritore di talenti, che nella sua carriera ne ha viste tante di gare pazzesche, si è entusiasmato come un ragazzino a seguire con noi il duello tra Audi e Porsche: questa è davvero una gara inimitabile, che da alcuni anni non è più di durata, ma si è trasformata in una corsa sprint lunga un giorno.
Il calvario delle Nissan
Il debutto della Nissan è stato un vero calvario e solo una delle tre GT-R LM NISMO è arrivata al traguardo: la n°22 di Harry Tincknell, Michael Krumm e Alex Buncombe. Hanno fatto una scelta tecnica molto azzardata e hanno suscitato grande interesse anche sui “social”: il nostro pubblico si è diviso tra chi li ha criticati aspramente per la soluzione adottata, prendendosi anche un po’ gioco di loro, e chi invece ne ha apprezzato il coraggio. Una cosa è certa: per il numero di tweet arrivati, la Nissan se l’è giocata con quelli giunti da chi spera ancora in un programma LMP1 della Ferrari…
Il nostro pubblico si è diviso tra chi li ha criticati aspramente per la soluzione adottata, prendendosi anche un po’ gioco di loro, e chi invece ne ha apprezzato il coraggio
Il Costruttore giapponese si consola comunque con la vittoria del proprio propulsore V8 aspirato nella classe LMP2, dove in realtà le prime sette classificate montano quel motore. In questa categoria dominio incontrastato e vittoria per il team KCMG, la prima squadra di Hong Kong nella storia a vincere la classica francese dell’endurance: hanno dominato fin dalle Prove Libere, hanno conquistato la pole position e poi con una gara perfetta, Richard Bradley, Nicolas Lapierre e Matt Howson hanno regalato la prima vittoria alla 24 Ore alla nuova coupé ORECA 05 e il 9° posto assoluto.
Il vero eroe è Lapierre: il transalpino messo da parte da Toyota e chiamato a sostituire Tandy impegnato con la Porsche, con un quintuplo stint, a suon di giri veloci, ha contribuito a questo successo che si merita davvero. La sua gioia alla fine della gara era incontenibile e spero proprio che qualche Costruttore si accorga delle sue qualità, che sono rimaste intatte. Grazie ai doppi punti, ora il team è in vetta alla classifica del WEC riservata alle squadre.
Grande rimonta nelle ultime ore per JOTA Sport, vincitori un anno fa: chiudono al secondo posto, staccati di soli 48”, con la Gibson 015S Nissan guidata da Simon Dolan, il “rookie” Mitch Evans e Oliver Turvey, che firma il giro più veloce in gara. Terzo gradino del podio per il team russo G-Drive Racing con la Ligier JS P2 Nissan di Sam Bird, Julien Canal e Roman Rusinov.
La gara delle GT
Nelle GT la gara, come sempre, è stata a dir poco emozionante ma il finale per alcuni è stato davvero amaro… Nelle LMGTE Pro durante la notte si è autoeliminata dalla lotta per la vittoria la Aston Martin Vantage V8 n°99 che aveva fatto la pole con Richie Stanaway: Rees è stato infatti protagonista di un incidente con l'Oreca del team Thiriet by TDS (costretta al ritiro mentre era al 2° posto nella LMP2), che li ha visti passare un sacco di tempo nel garage per sistemare l’auto.
A quel punto i protagonisti di un duello avvincente sono stati Oliver Gavin, Tommy Milner e Jordan Taylor con la splendida C7.R (che “canta” che è una meraviglia…) e i campioni del mondo in carica di AF Corse con Gianmaria Bruni, Toni Vilander e Giancarlo Fisichella sulla Ferrari 458 n°51. Ma a meno di due ore dalla bandiera a scacchi, un problema al cambio li ha costretti ad una lunga sosta ai box, e così la gara è stata vinta dal Costruttore statunitense, che coglie l’ottava vittoria di classe a Le Mans, dopo aver già conquistato quest’anno la 24 Ore di Daytona e la 12 Ore di Sebring, nel United SportsCar Championship. Gavin scaccia la sfortuna che lo accompagnava ormai da diversi anni e vince a Le Mans per la quinta volta, per Milner è la seconda, mentre per Taylor è la prima volta e le sue foto e i suoi video stanno già invadendo i “social”…
Il nostro Davide Rigon, James Calado e Olivier Beretta arrivano secondi sulla Ferrari 458 Italia n°71 di AF Corse. Il terzo posto è invece per i vincitori del 2012 e 2014 Bruni, Vilander e “Fisico”. Grazie ai punteggi doppi, Bruni e Vilander sono sempre primi nella classifica piloti, mentre Ferrari è saldamente in testa alla classifica Costruttori e AF Corse è primo in classifica tra i Team.
Nella classe LMGTE Am vincono una Ferrari e un grande pilota italiano: la 458 del team russo SMP Racing e Andrea Bertolini, con Victor Shaytar e Aleksei Basov: hanno fatto una buona gara e si sono visti servire la vittoria su un piatto d’argento da Paul Dalla Lana che, dopo aver condotto quasi tutta la corsa con la Vantage V8 n°98 insieme a Pedro Lamy e Mathias Lauda, a 47 minuti dalla fine, tradito dall’asfalto umido, ha sbattuto violentemente nelle barriere della chicane Ford. Il secondo posto è per Patrick Dempsey, che quasi non ci credeva, con la Porsche 911 RSR del Dempsey Proton Racing, che divideva con Patrick Long e Marco Seefried, al debutto nella 24 Ore. Il terzo gradino del podio è per il team statunitense Scuderia Corsa, con la 458 portata in gara, con il sostegno di Kessel Racing, dai tre debuttanti Bill Sweedler, Townsend Bell e Jeff Segal. E per loro suona davvero come una vittoria.
Anche un chiacchierone come Dempsey, col mestiere che fa, non trovava più le parole all’idea di salire su quel podio che ha sempre sognato. Perché quel podio è unico, con quel mare di gente là sotto (quest’anno erano più di 263.000…), protagonisti di un’invasione pacifica che diventa una grande insuperabile festa del Motorsport
Anche un chiacchierone come Dempsey, col mestiere che fa, non trovava più le parole all’idea di salire su quel podio che ha sempre sognato. Perché quel podio è unico, con quel mare di gente là sotto (quest’anno erano più di 263.000…), protagonisti di un’invasione pacifica che diventa una grande insuperabile festa del Motorsport. Anche Christian Pescatori, che ha commentato con noi la gara su Eurosport, ci è salito sopra per ben due volte: nel 2001 e anche l’anno successivo, per due volte secondo con quell’icona dell’Audi R8. Anche lui ha confessato che ti rimane dentro per sempre quel momento magico e che un’altra gara così non esiste al mondo.
Le Mans è un palcoscenico unico, che ha fatto la storia delle corse automobilistiche, che ha creato leggende come Nino Vaccarella che, invitato dall’organizzazione quest’anno per la sua vittoria con la Ferrari 275P con Jean Guichet nel 1964, ci ha fatto venire la pelle d’oca durante la telecronaca della “Le Mans Legend”, raccontandoci storie senza eguali, di un’epoca in cui fare il pilota era davvero un mestiere difficile e molto pericoloso. Massimo rispetto.
Il prossimo round del WEC è in programma il 30 Agosto in Germania, per la 6 Ore di Nürburgring. Ci vediamo là.