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Come sarà tra quarant’anni la sicurezza stradale? Unipolis, la fondazione di Unipol Assicurazioni, ha immaginato quale potrebbe essere il futuro delle nostre città, che con l’innalzamento ulteriore della vita media e la costante crescita degli abitanti potrebbero non solo ospitare quasi la metà della popolazione mondiale, ma anche essere lo scenario in cui si verificheranno i tre quarti degli incidenti stradali, con la fascia degli "over 65" massicciamente coinvolta e potenzialmente a rischio di rappresentare la totalità delle vittime.
Uno scenario da incubo metropolitano alla George Romero: per evitarlo, conviene già da ora ripensare all’organizzazione degli spazi urbani, rendendoli più sicuri e sostenibili.
La ricerca “Cambiamo strade, cambiamo futuro”, proiettando gli attuali dati sulla mortalità stradale fino ai prossimi quaranta anni e confrontandoli con le tendenze demografiche in atto, prefigura che i morti in incidenti con più di 65 anni aumenteranno del 50%, con punte più elevate fra le persone di 80 anni e oltre, dalle percentuali raddoppiate.
Al contrario, nel 2060 è previsto un miglioramento del tasso di mortalità per incidenti stradali tra i giovani tra i 15 e i 29 anni, purtroppo bilanciato in negativo dal tasso di mortalità stradale a carico degli anziani che sarà più alto rispetto ad oggi e dal 2061 toccherà addirittura “quota 100”.
In particolare, lo studio prevede un aumento di circa il 10% di morti e feriti per la fascia tra 65 e 79 anni, per poi arrivare al raddoppio dei decessi e delle lesioni per chi ha 80 anni e oltre; in sintesi, nel 2060 a partire dai 65 anni è previsto un aumento in numeri assoluti e nelle percentuali di incidenza sul totale delle vittime e dei feriti.
Se tale il trend dovesse essere confermato, è chiaro che l’Italia non riuscirà a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 50% la mortalità da incidenti stradali entro il 2030, con anzi proiezioni in peggioramento.
Per contrastare tale fenomeno, secondo Unipolis va dunque ripensata l’organizzazione degli spazi nei centri urbani, ad iniziare dalla riduzione nell’uso delle auto private a favore dei mezzi pubblici, aumentando il numero di strade a velocità limitata, gli spazi verdi, le piste pedonali e le ciclabili protette ed adottando misure per favorire le esperienze di mobilità condivisa, come car pooling, car e bike sharing.
Ma più in generale, raccomanda lo studio, occorre pensare a un diverso paradigma dello sviluppo, in cui la mobilità urbana diventi sinonimo di mobilità sostenibile, dando nuovo ritmo alle comunità urbane, con una rinnovata qualità della vita, più sicura e più in sintonia con l’ambiente, agevolata anche dal ricorso ai sistemi tecnologici di gestione del traffico.