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Il dramma del Coronavirus è palesemente “addosso” a tutti i settori dell’economia. Maggiormente coinvolti ovvio che siano quelli dove ancora conta molto l’operatività fisica, la logistica che connette nazioni e continenti in flussi senza sosta. Ma non siamo ancora così tutti parimenti coinvolti e soprattutto, ognuno reagisce a modo proprio.
USA. Ecco allora che, se dopo i primi mesi si è capito che anche l’Europa, dopo l’Asia, sarebbe stata toccata dal dramma Covid19, ora è il turno degli USA. Mentre qualcuno spera che dalla Cina ci siano piccoli riavvii di normale attività, in Europa è atteso un vero tracollo di vendite. Non solo per il reale effetto del Covid-19 in se, soprattutto per la confusa semi-paralisi sociale e la gestione politica che difficilmente fronteggia in modo da tutelare tutti allo stesso modo. Se gli USA, fino a pochi giorni addietro temevano giusto per la loro salute, ora sanno chiaramente che dovranno rinunciare ai grandi eventi: rimandato a fine estate il Salone dell’Auto di New York, il gruppo GM che era pronto a sfoderare novità come la Cadillac elettrica fa lo stesso. Anche gli americani sanno che la mobilità sarà toccata, molto meno la loro ma comunque. Stanno vivendo con un gap di una settimana abbondante quanto viviamo noi, ma solo per certe zone e certi settori, tra cui appunto l’automotive. Se in casa temiamo per un 2020 italiano che non tocchera il milione e mezzo di nuove auto immatricolate, negli USA stanno ancora sforbicianbo poco: dai teorici 17 milioni ora le proiezioni sono a 16,5 milioni di nuove auto, tornando ai livelli di 6 anni addietro.
INDIA. Sono messo peggio gli indiani, che affrontano l’immissione dovuta sul mercato dei loro nuovi veicolo “india6”, ovvero BS-VI, sapendo che si sono esaurite le forniture di quanto era proveniente o legato ad aziende estere messe in quarantena. Si stima che circa un 10% della filiera indiana dell’auto dipenda da aziende cinesi rallentante dal Coronavirus. Alcuni attori locali si stanno già muovendo per trovare delle alternative. Lo stesso che, pur senza proclami, stanno considerando anche in Europa. Sempre gli indiani, a dispetto di noi europei, vedono con criticismo il lavoro da remoto in casa. Secondo molti dirigenti lo smart-working deve essere praticato dove rende di più e pare che dai loro studi, l’ambiente domestico non sia l’ideale per mantenere l’efficienza di collaborazione tra i reparti. In Mahindra e Tata, per esempio, lo smart-working viene meno incoraggiato rispetto a costruttori europei ma concesso, non appena ci siano possibili problemi di salute.