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Chiunque ne abbia memoria ricorda quelle immagini, magari viste in diretta TV: gente che abbatte a mani nude un muro, scavalca e festeggia, abbracciandosi. È il muro che è nato e rimasto decenni dopo la seconda guerra mondiale, quello che va giù lasciando volar via polveri di tristi ricordi e aprendo nuove prospettive.
Basta guerra fredda, via a nuovi legami sociali e anche economici, commerciali. A quel tempo, il mondo dell’auto come era messo? Di certo la separazione non favoriva lo scambio tra i due “blocchi” e il parco circolante spesso faceva trionfare, ovunque, le produzioni nazionali. Alcuni Paesi meno forti sul fronte dell'industria automobilistica, viaggiavano con mezzi molto limitati e noi, italiani, ci trovavamo ben messi a livello di gamma prodotta in casa.
La top10 delle auto più vendute trenta anni fa, quando avvenne del crollo del muro, in Italia premiava quindi le auto italiane, ma si piazzava dietro a loro proprio una tedesca. Non certo possibile, manco allora, il contrario. La classifica delle vendite tricolori era così composta: Fiat Uno (oggi senza erede), Fiat Tipo e Fiat Panda (entrambe riprese oggi) Autobianchi Y10 (evoluta sino ad Ypsilon che è di segmento leggermente superiore) Volkswagen Golf (oggi Golf 8), Renault Supercinque (oggi Clio) Peugeot 205 (oggi 208) Alfa Romeo 33 (oggi parzialmente Giulietta) Citroen AX e Opel Kadett.
In Germania invece? Altro target per dimensioni soprattutto, le più vendute erano infatti: VW Golf, Opel Kadett, Mercedes 200, Audi 80, VW Passat, Mercedes 190, BMW Serie 3 e via dicendo, in lingua tedesca anche oltre la top-10. Perché la prima auto estera era oltre il 15esimo posto addirittura, la Mazda 626. La “nostra” Uno Fiat era la seconda auto non tedesca più venduta, quasi a pari merito della Mazda e meglio di un’altra giapponese, la Corolla. Un discorso che però non valeva dapperutto, quello di certi modelli tedeschi, data la divisione post-bellica. Sparite oggi ma diffuse fino ad allora soprattutto per chi stava nella Germania dell'Est, erano le Trabant e le Wartburg. Modelli spariti come i loro marchi, per cedere posto a industrie automobilistiche sempre più ricche ma anche più globali.