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Il 12 marzo di 160 anni fa nasceva Gabriele D'Annunzio, l'uomo grazie al quale l'automobile è femmina. Il poeta, scrittore e drammaturgo lo postulò in una lettera inviata nel 1926 a Giovanni Agnelli, per ringraziarlo di avergli donato una Fiat 509 Cabriolet. "Mio caro Senatore - scriveva D'Annunzio - in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur. Le sono riconoscentissimo di questo dono elegante e preciso. Ogni particolare è curato col più sicuro gusto, secondo la tradizione del vero artiere italiano".
E così l'automobile divenne femmina. Prima di questa presa di posizione del Vate, l'automobile era stata di genere maschile, come dimostra il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, in cui si parla dell'automobile come "più bello della Vittoria di Samotracia". Forse era destino che fosse proprio D'Annunzio, appassionato di vetture dalla prima ora, a dare all'automobile un'identità precisa. Se ne innamorò nel 1907, quando assistette alla conclusione del Raid Pechino-Parigi, vinto da un equipaggio italiano. Dopo averne parlato nel suo romanzo del 1910, Forse che sì forse che no, D'Annunzio collezionò molte vetture. La sua ultima auto, un’Isotta Fraschini Tipo 8B, è esposta al Museo "L'automobile è femmina", allestito nel 2017 all'ingresso del Vittoriale.