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Scorrere la storia di Daihatsu lascia un leggero senso di disorientamento, perché sembra di essere sempre in anticipo rispetto ai tempi. Idee, intuizioni e visioni strategiche hanno saputo prevedere le condizioni del traffico e del parcheggio nelle città di oggi, affrontando e risolvendo prima degli altri i problemi delle dimensioni, della maneggevolezza, dell’impatto ambientale.
Dalle origini agli anni ‘60 - Daihatsu diventa Daihatsu
Il primo logo dell’azienda, fondata a Osaka nel 1907, riflette la produzione iniziale: un volano è lo sfondo su cui campeggia una grande “E”, l’iniziale di “engine”, in inglese motore. I propulsori a combustione interna sono il primo passo dell’azienda appena nata, che dagli anni Trenta comincia a produrre veicoli veri e propri. Nasce così il mitico HA-1, il motocarro che richiama il primo nome di Daihatsu, Hatsudoki Seizo Company. Dalle tre alle quattro ruote il passo è breve, e nel 1937 viene realizzata la prima vera e propria auto, la FA, ovviamente compatta. Nuovissima nel design è invece la Bee, modello a tre ruote che colpisce l’immaginazione del pubblico, con l’interessante innovazione tecnica delle sospensioni indipendenti. L’anno del lancio è il 1951, lo stesso in cui l’azienda assume il nome attuale.
Compagno, le Olimpiadi dell’affidabilità
Il 1957 vede l’apparizione di un altro modello di successo: Midget, la motocarrozzetta agilissima e infaticabile, con un raggio di sterzata ridottissimo. Tutti elementi che diventeranno “marchi di fabbrica” Daihatsu. Midget viene esportata in diversi paesi del mondo, tra i quali gli Stati Uniti. Dopo una serie di veicoli industriali, anche in versione pick-up, è la volta di una berlina, Compagno, che in occasione delle Olimpiadi percorre i 18.000 km tra Olimpia, in Grecia, e Tokyo. Non solo, Compagno è anche la prima auto giapponese ad attraversare l’intero continente eurasiatico, in 50 giorni. Un primato di affidabilità che rimarrà nel DNA Daihatsu. Nel 1965 la ricerca sulle auto elettriche, cominciata nell’immediato dopoguerra, prima di ogni altra casa costruttrice giapponese, trova la sua applicazione concreta nel prototipo “Hijet Truck EV”. Il decennio termina con un’affermazione nel Gran Premio del Giappone della P5, un prototipo sportivo che trionfa nella categoria da 600 a 1.300 cc. È la prova concreta che, se le dimensioni sono compatte, le prestazioni non lo sono affatto.
Gli anni ’70 - Quando il silenzio attira l’attenzione
Al World Expo in Giappone il pubblico di tutto il mondo apprezza il comfort e la silenziosità dei 275 veicoli elettrici Daihatsu realizzati per l’occasione. L’alimentazione alternativa è una realtà, almeno per la casa di Osaka. L’anno dopo, il Ministero dell’Industria e il Commercio Internazionale giapponese indica il nome di Daihatsu tra le aziende incaricate della ricerca e sviluppo di auto elettriche compatte, ritenute essenziali per il futuro della mobilità urbana. L’importante riconoscimento premia l’attitudine all’innovazione e accresce il prestigio di Daihatsu, che moltiplica le sedi operative per soddisfare la domanda del mercato.
Nel 1974 Taft, compatto veicolo a 4 ruote motrici, dà inizio a un altro filone della produzione Daihatsu, i fuoristrada “leggeri”. Tre anni dopo, vede la luce il modello che diventerà una vera e propria bandiera, Charade, la futura Cuore, con motore a tre cilindri da 1.000 cc. Lo slogan con cui viene presentata è: “L’auto compatta ed economica grande dentro”. Una filosofia che ispira ancora oggi tutta la produzione Daihatsu. Charade crea la nuova categoria delle vetture da un litro e incontra un successo strepitoso, anche oltreoceano, prima di venire nominata “auto dell’anno” in Giappone, nel 1978. Alla fine degli anni settanta la dimensione sempre più internazionale di Daihatsu porta alla realizzazione di una nuova sede a Kobe, dedicata esclusivamente alle esportazioni.
Gli anni Ottanta - Tutto il mondo viaggia con Daihatsu
Nel 1982 l’affidabilità da record della Charade viene confermata dalla vittoria nei 5.000 km del Safari Rally, una delle più dure competizioni dell’epoca. Nel 1984 prosegue anche l’evoluzione della specie nei modelli 4WD, con un’auto che entrerà nella storia: Rugger, meglio nota in Italia con il nome di Rocky. Il roccioso e compatto fuoristrada, secondo la comunicazione di quegli anni, era “Confortevole come una berlina in autostrada e in città, sicura e aggressiva in fuoristrada e sulla neve”. Doti che ritroveremo, moltiplicate, su tutti i modelli 4x4 Daihatsu. Alla fine degli anni ’80 Daihatsu è ormai una realtà internazionale, con sedi operative e commerciali in diversi paesi del mondo.
C’è tanta Italia in Daihatsu
Risale agli anni ’80 il primo, importante accordo con una casa produttrice italiana. Daihatsu fornisce il motore 1.000 della Charade all’Innocenti, che lo utilizzerà sulla MiniTre, una variante del leggendario modello disegnato da Bertone, e anche la prima auto a tre cilindri prodotta in Italia. C’è anche un dettaglio che non mancherà di incuriosire gli appassionati del marchio: Innocenti equipaggia la nuova MiniTre D con un piccolo propulsore Daihatsu Diesel da 993 cc, con buone prestazioni e consumi particolarmente contenuti. Tutti invece ricorderanno la Mini De Tomaso Turbo, la progenitrice di tutte le “piccole” grintosissime di oggi. Un’auto mitica, anch’essa dotata dello stesso motore Daihatsu, con l’aggiunta di un compressore volumetrico. Un’altra collaborazione con l’Italia inaugura gli anni ’90. Insieme a Piaggio, Daihatsu produce e distribuisce un furgoncino derivato dall’Hijet, che al pubblico nazionale sarà presentato come Piaggio Porter, il primo veicolo giapponese prodotto in Italia.
Da Feroza a Sirion
Nel 1996 Daihatsu Parts Service, importa a Treviglio la prima Daihatsu la Feroza 4x4, con le prestazioni di un’auto a trazione integrale e le classiche dimensioni compatte, il “marchio di fabbrica” della casa di Osaka. Inizia un rapporto privilegiato con gli italiani che porterà a una crescita straordinaria, una vera e propria “case history” nel panorama nazionale. La metà esatta degli anni Novanta vede la nascita di un altro concetto innovativo: la prima mini-monovolume. Si tratta di Move, un modello che porta all’estremo il concetto di “compatto fuori, spazioso dentro”. Ma sta già nascendo l’auto che rivoluzionerà il concetto di fuoristrada in Italia, e diventerà il primo, vero successo Daihatsu nel nostro paese: Terios, che inventa il concetto di SUV compatto, comincia la sua scalata alle classifiche di vendita nel 1997. Ed è seguita l’anno dopo da Sirion, la versatile e spaziosa passenger car.
Le novità del duemila
Il nuovo secolo inizia con YRV, una sport-wagon compatta disponibile anche con motore turbo, a due o quattro ruote motrici. Nel 2003 viene presentata la nuova Cuore, il primo modello realizzato su piattaforme di tecnologia avanzata, e l’anno dopo è la volta di Sirion, in una versione completamente ridisegnata. Alla vigilia del Centenario, nel 2006, la gamma si arricchisce di ben quattro modelli, tutti con una personalità unica. L’anima sportiva di Daihatsu si esprime attraverso Copen, la spider coupé con tetto in alluminio retraibile che viene realizzata nell’Expert Centre, una fabbrica dedicata con personale altamente qualificato, che lavora con cura artigianale e dispone delle tecnologie più avanzate. Trevis, la city car dallo stile retro e dalla tecnologia da ventunesimo secolo, diventa da subito un piccolo cult. La nuova Terios regala al pubblico una categoria di auto inedita, sicura e divertente come un SUV, facile da guidare ed economica come un’utilitaria, spaziosa e versatile come una station wagon compatta. Materia impone il proprio design unico e la straordinaria versatilità al pubblico e agli addetti ai lavori.
L’anno del Centenario
L’inizio del 2007 ha confermato un trend di crescita con incrementi geometrici: nei primi sei mesi le vendite hanno già superato le 9.000 unità. Ma non è tutto, perché è prevista la presentazione delle versioni speciali, in edizione limitata per il centenario, di Terios e Sirion, ma soprattutto della nuova Cuore, un’auto-simbolo per celebrare il secolo di vita nell’unico modo possibile per Daihatsu: proporre agli automobilisti una vettura che superi le loro aspettative, offrendo molto di più di quello che chiede. Anche questo, è un primato.