"Caro Governo, l'autonomia dei Comuni va limitata anche sull'inquinamento”

"Caro Governo, l'autonomia dei Comuni va limitata anche sull'inquinamento”
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Quello che ci auspichiamo è che la decisione del premier Conte di limitare i poteri dei Comuni sulla gestione dell'emergenza virus si possa applicare anche alle politiche della circolazione stradale
2 marzo 2020

Il sindaco di Bari - e presidente dell'Anci, l'Associazione dei comuni italiani, Antonio Decaro - auspica una riduzione del potere dei Comuni (quindi anche di se stesso) in nome della ragion di Stato che, in questo caso, ha a che fare con le regole e i provvedimenti per arginare l'emergenza virus.

Il sindaco di Crema se ne risente perché, dice “mai come in questo caso, limitare l'autonomia dei comuni rischia di essere controproducente”.

La querelle tra i due amministratori è esplosa all'indomani della firma apposta dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte al decreto che prevede che “non possono essere adottate e sono pertanto inefficaci” le ordinanze dei Comuni in materia di emergenza Covid-19 che “siano in contrasto con le misure statali”. Qui, comandiamo noi. E tutti gli altri si adeguino, dice perentorio l'amministratore della Cosa Pubblica.

La finalità è evidente: evitare confusione, sperequazione, abusi, decentrazione del potere. Tutti fattori che possono portare a effetti peggiori della stessa minaccia che si intende fronteggiare.

Soprattutto nei casi in cui le questioni in campo sono complesse e articolate e, pertanto, il voler perseguire il bene comune non può essere affidato a istituzioni (leggi “Comuni”) che, per la loro stessa natura, non possiedono le strutture, le capacità di ricerca, il know how scientifico dell'autorità centrale.

Dalla sanità al traffico e l'inquinamento

Questo è un principio sacrosanto. Che si applica alla perfezione oggi, che c'è da gestire una fase epocale per il bene di tutta la cittadinanza, ma che si può tranquillamente traslare anche in molti altri settori-chiave, come la mobilità degli individui e quindi alla gestione dei divieti al traffico tesa a ridurre l'impatto dell'inquinamento nelle città, tanto per restare in un tema a noi vicinissimo.

Stiamo parlando dei tanti casi di malagestione sotto gli occhi di tutti nelle scorse settimane quando - con un abuso non già di potere, ma di scarsa conoscenza - nella circolazione stradale del nostro Paese ha regnato la più totale anarchia.

Quante norme difformi da una città all'altra sono state emanate in quei giorni? E che dire dell'infinità di misure diverse da Comune e a Comune? Quanti orari diversi per la loro applicazione abbiamo letto? Per non parlare della follia di proibire una categorie di vetture pulite come gli Euro 6.

Una miriade di provvedimenti, insomma, dominati dalla volontà di dimostrare un intento (diminuire l'inquinamento) con misure dal forte impatto emotivo, simbolico, demagogico, anziché fermarsi a dare alle cose il giusto peso scientifico e di buon senso. Per esempio, penalizzando sì le emissioni, ma a partire dall'origine in cui sono più dannose, e cioè non certo dagli scarichi delle auto.

Parafrasando i principi teorizzati ai primi del secolo scorso dal giurista tedesco Carl Schmitt, quando una nazione deve interrogarsi e agire su una questione straordinaria, è dovere della politica lasciare che l'autorità centrale assuma le decisioni che ritiene necessarie, sospendendo il diritto “più basso” (leggi “locale”) in nome di un un diritto superiore.

Sarebbe bastato molto poco: sarebbe bastato che, anche sul tema dell'inquinamento e sui limiti alla circolazione, da Roma qualcuno si fosse mosso per dare direttive di comportamento uniformi.

E, invece, non si è mai mosso nessuno.

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