Vergne, Toro Rosso: «Sarei potuto finire io in Red Bull al posto di Ricciardo»

Vergne, Toro Rosso: «Sarei potuto finire io in Red Bull al posto di Ricciardo»
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Schivo e a tratti timido, Jean Eric Vergne, pilota della Toro Rosso, dice le cose come stanno. Sa di non poter lottare il mondiale, ma pensa comunque a dare sempre il massimo | <i>P. Ciccarone, Hockenheim </i>
19 luglio 2014

Hockenheim - Spesso fra i primi 10, spesso velocissimo, ma altrettanto dimenticato. Strano destino quello di Jean Eric Vergne, pilota della Toro Rosso che quando correva con Ricciardo gli stava davanti ma ora Daniel è il fenomeno Red Bull che castiga Vettel. E ora che c'è il russo Kvyat, che a volte gli sta dietro, tutti a parlare del giovane talento e pochi di Vergne. Colpa di una personalità chiusa, di chi non si fa sentire e non fa cinema. Insomma, un talento ignoto per colpa di un carattere tranquillo. 

 

Forse sei troppo tranquillo... 

«Non so che dire - dice ai nostri microfoni - io sono fatto così. Non mi monto, non mi esalto, corro e cerco di fare il massimo possibile. E poi diciamolo francamente: se sparisce dalla F.1 uno come me, non se ne accorge nessuno. Se sparisce un Hamilton o come accaduto con uno Schumacher, la differenza la senti, eccome!».

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Vergne in Toro Rosso non ha la visibilità che si meriterebbe

 

Basterebbe insistere un poco di più sulla personalità, far capire che dietro a quella calma apparente c'è un pilota veloce, uno con personalità e passione. Basti dire delle volte che hai corso col casco dedicato a Cevert o ad Alesi...

«Due miti, due grandi campioni, Cevert mi ha colpito per la sua storia di bello e dannato, di chi aveva una relazione con Brigitte Bardot e batteva pure uno come Stewart e che poi è morto in maniera terribile in prova negli USA. Alesi, invece, è il mito della mia giovinezza e degli inizi di carriera, uno che non si arrende mai, che lotta fino alla fine, un pilota tutto cuore e dedizione, meritavano un omaggio e per questo ho corso coi loro colori, ma alla gente di questa mia passione interessa poco, io non sono uno che vince le gare, che ha un mondiale alle spalle e quindi non posso permettermi nessun atteggiamento strano. Io seguo il mio cuore e la mia passione».

 

Colpa tua che non sai "venderti"?

«Io non devo vendermi, sono così, se la gente mi segue bene, altrimenti non posso farci niente. C'è gente che lotta per la vittoria, per il mondiale, io non sono al vertice, è normale che ci sia meno attenzione verso quelli come me, se vincerò un mondiale, allora le cose potrebbero cambiare, ma oggi no. E va bene così. Io non posso farci nulla ma è anche vero che non saprei cosa fare. Ho la passione per i motori, mi piace correre con Toro Rosso perché è un ambiente sano, ancora a misura d'uomo, ho imparato tantissimo e continuo a crescere con questa squadra, lo vedo come un processo continuo di apprendimento, per cui anche se Ricciardo è andato in Red Bull e so che con lui, lo dicono i numeri ero competitivo e avrei potuto esserci anche io a fianco di Vettel, non me la prendo. Va bene così».

Non so che farci, mi sembra di essere uno normale, non mi vedo a fare il fenomeno a ridere o a fare il buffone

 

Filosofo, educato e ragazzo simpatico, andrebbe conosciuto meglio ma ha sempre quel piglio serioso e cupo che non trasmette allegria come accade invece con Ricciardo...

«Non so che farci, mi sembra di essere uno normale, non mi vedo a fare il fenomeno a ridere o a fare il buffone... io non ho un mondiale o delle vittorie alle spalle, sono uno che fa il pilota ma di base sono uno come tante persone normali».

 

Viva l'elogio della normalità, ma per quanto riguarda la nuova F.1 dell'era turbo, che ne pensa Vergne?

«Che ci siano stati problemi all'inizio mi pare logico, è normale quando cambi tante cose, poi tutto si stabilizza e già oggi, a metà stagione, ci siamo dimenticati delle polemiche di inizio anno. E' la F.1 che è così, ci si abitua, è un mondo che va di corsa e cambia in fretta. Ci sono cose interessanti, altre che si possono migliorare. Per un pilota resta l'imperativo di andare pi forte possibile, fare del proprio meglio, stare davanti prima al compagno di squadra e poi, se possibile, davanti a tutti gli altri. E' la legge della F.1 e, ripeto, il giorno che questo mondo dovesse perdere uno come me, non se ne accorgerebbe nessuno, a parte io e i miei amici ma me ne farei una ragione, in fondo avevo un sogno e l'ho realizzato».

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