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In attesa del GP del Canada, che si corre domenica alle 20 ora italiana, il circus della F.1 sembra sempre più proiettato al futuro piuttosto che al presente. Le discussioni, infatti, più che riguardare la gara in sé e la possibilità di un bis Ferrari dopo Monaco, con ampie possibilità di riuscita, sembra proiettato al 2025, con l’arrivo di Hamilton a Maranello e i dubbi su Adrian Newey e la sua nuova destinazione tecnica, ma soprattutto con il lancio delle nuove regole del 2026 che cambieranno ancora una volta il volto della F.1. E qui, più che parlare della gara canadese, con orari europei impossibili per la comunicazione tradizionale (prove libere che finiscono a mezzanotte e qualifica alle 23…) vale la pena sottolineare un aspetto.
Il primo, le regole del 2026 non riguardano solo i motori, semplificati, con una maggiore componente elettrica, al punto che il peso è l’elemento negativo di questa situazione. Il secondo, siamo già a giugno 2024 con auto che devono essere deliberate entro pochi mesi, quindi tutti ad affrettarsi su qualcosa di nuovo con poco tempo a disposizione, visto che la FIA, la federazione, ha imposto l’obbligo di cominciare i lavori a gennaio del 2025, come se le squadre non avessero già messo mano ai progetti da tempo. La terza, e più importante, riguarda il regolamento in sé e la filosofia stessa del cambiamento. Ovvero, dover cambiare dopo appena quattro anni dall’introduzione di un nuovo regolamento, entrato in vigore nel 2022, vuol dire aver sbagliato clamorosamente le regole. Cambiare tanto per cambiare non ha senso, specialmente quando le squadre sono obbligate a rispettare dei limiti di spesa. Buttare tutto per ricominciare da capo dopo appena quattro stagioni è segno di un errore di fondo gravissimo. Perché, come ha dimostrato il regolamento entrato in vigore nel 2014 e nel 2022, chi azzecca il concetto base, poi vince indisturbato. E’ stato così con la Mercedes ed è così con la Red Bull adesso. L’equilibrio si trova lasciando la stabilità, non è un caso che nel 2012, dopo anni di regole costanti e uguali, ci furono 7 vincitori diversi nelle prime 7 gare e il mondiale si risolse alla fine del campionato, con divari minimi fra le varie squadre (che erano più di adesso, limitate a 10).
Insomma, la F.1 come circolo chiuso in cui i protagonisti, come nella politica italiana, sono sempre quelli senza nuovi ingressi e chi ci prova, vedi Andretti, viene osteggiato. Eppure le norme parlano di 13 squadre al massimo per 26 piloti al via, invece sono 10 e restano i soliti 20. Poi si cambiano le regole e il rischio, in ottica 2026, è che chi indovina la norma, vince per qualche anno ancora. Il tutto spendendo soldi, buttando via quanto c’è adesso con distacchi che invece di ridursi, continueranno a crescere di volta in volta. E’ una F.1 in cerca d’autore, parafrasando Pirandello, che magari piace ai giovani mordi e fuggi, ma che non ha nulla che spartire con lo spirito della F.1. E’ altra cosa, basta prenderne atto e chi non vuole, cambi canale quando trasmettono le gare.