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Il boom di popolarità della F1 è già finito? Secondo uno studio condotto da Buzz Radar, le menzioni della F1 sui social media nel 2023 sono scese del 70% rispetto all’anno precedente. I nuovi follower degli account principali legati alla categoria hanno subito una flessione del 46%, mentre la reach totale si è abbassata del 64%. Non solo: è cambiato anche il linguaggio con cui viene commentata. Oggi è probabile che la F1 sia definita “noiosa”, mentre nel 2022 a farla da padrone erano termini come “entusiasmante” e “interessante”.
Non è difficile capire cosa sia cambiato rispetto a 12 mesi fa. Se nel 2022 abbiamo assistito agli albori di una nuova era, con tutte le incertezze del caso, oggi siamo nel pieno di una nuova era di dominio. Nella stagione 2023 di Formula 1 la Red Bull e Max Verstappen hanno demolito la concorrenza, lasciando solo le briciole ai rivali. Il filotto di 14 vittorie consecutive da parte della scuderia di Milton Keynes la dice lunga su un’egemonia che sta inevitabilmente lasciando il segno anche sui social media.
La verità è che siamo tornati coi piedi per terra. Questa è la vera F1, con buona pace di chi pensava che i mondiali fossero sempre combattuti come nel 2021. Chi si è innamorato di questa categoria assistendo alla lotta tra l’efferatissimo quanto giovane Max Verstappen e il non pago vecchio leone Lewis Hamilton non poteva sapere che stava vivendo un’eccezione. Una tempesta perfetta, frutto di un ciclo tecnico arrivato al termine e di due piloti capaci di alimentare il fuoco di una rivalità che pareva scritta da una penna efficace.
E qui arriviamo al punto. Dopo il successo di Drive to Survive all’epoca della pandemia, la narrazione volta allo spettacolo tipica di un prodotto televisivo ha trovato un riscontro nella realtà dei fatti, con un mondiale talmente combattuto da costituire un intreccio ben più avvincente delle rivalità montate ad arte. Dal punteggio uguale di Verstappen ed Hamilton prima di Abu Dhabi 2021 siamo passati al rischio che Max vinca il mondiale durante una Sprint in Qatar, con sei GP di anticipo.
Il fatto che succeda di sabato è irrilevante, se non ai fini statistici, anche perché non è nemmeno la prima volta che accade. Basta chiedere al quasi suocero di Verstappen, Nelson Piquet, che curiosamente vinse tutti e tre i suoi mondiali in un giorno diverso dalla domenica. Ciò che pesa davvero è l’allungamento del brodo, con un numero sempre maggiore di gare a fronte di uno spettacolo tutt’altro che avvincente.
Ai tempi dell’ultima stagnazione di pubblico, nel 2014/2015, si disputavano 19 gare a stagione. Nel 2024 arriveremo a quota 24, più sei Sprint. Numeri, questi, che rendono i GP usa e getta. Con una serie di gare che si susseguono con pause limitate, non c’è tempo per approfondire prima che si passi alla corsa successiva. Ma il problema principale per rendere sensati calendari così ampi è che in questo momento manca il mordente, la sfida che mantiene alta l’attenzione del pubblico.
Liberty Media ha peccato di ingordigia, cercando di capitalizzare sull’appetito del pubblico abbuffandolo con un menù troppo ricco. Ma se i piatti non hanno sapore, è difficile che la fame venga mangiando. Così ci siamo ritrovati nella condizione attuale, con un brodino insapore da diluire da qui alla fine dell’anno e il rischio che il prossimo abbia lo stesso copione. Una F1 così può essere seguita solo da veri appassionati, capaci di alimentare il loro interesse anche di fronte a domini incontrastati. Resta solo chi si è innamorato davvero di questo sport. Era inevitabile che andasse così. Ma sarà interessante vedere la reazione di chi di dovere ai numeri in picchiata.