TOP 10 INVENZIONI in Formula 1 | Le idee GENIALI (legali o meno) dal 1978 ad oggi

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Partendo dal Dual Axial Steering della Mercedes (DAS) considerato legale per la stagione di F1 2020 siami andato a ritroso per scoprire quali siano le dieci invenzioni appartenenti alla categoria del "top assoluto". Siamo arrivati al 1978...
24 febbraio 2020

Il Dual Axis Steering (DAS) della Mercedes W11 mostrato durante i test pre-stagionali del Mondiale F1 2020 è l'ultima di una serie di trovate geniali che hanno contraddistinto l'evoluzione tecnica della Formula 1 dal 1950 ad oggi. Abbiamo pensato di creare una classifica delle ultime 10 più importanti tra quelle viste in gara e non solo e siamo arrivati fino al 1978, anno in cui...

1° posto. Brabham BT46. 1978.
Contesto F1 di quel momento: Lotus 79 imprendibile e Bernie Ecclestone, proprietario della Brabham, voglioso di tornare alla vittoria con Lauda. La Black Beauty di Colin Chapman aveva uno schema tecnico che permetteva di creare una wing car efficacissima grazie anche al motore 8 cilindri a V, mentre la Brabham aveva il 12 cilindri boxer Alfa Romeo che impediva di lavorare le fiancate allo stesso modo in virtù dell'architettura del motore. Gordon Murray, lavorando con Anderson, Cox ed il motorista Chiti, si fece venire in mente l'idea geniale di una ventola posteriore in grado di risucchiare l'aria dal retrotreno attivando un effetto di risucchio verso il suolo del fondo piatto. In realtà all'epoca erano proibite appendici mobili in grado di attivare funzioni aerodinamiche, e la ventola lo rientra in tutto e per tutto, ma in realtà la genialata fu quella di proporla come sistema di raffreddamento del motore attraverso un radiatore posto nelle sue vicinanze. L'efficacia era talmente evidente che al primo avvio la macchina...spanciò da ferma ed i meccanici dovettero correre ai ripari montando molle da 3.000 libbre al posto di quelle da 1.000 utilizzate sino a quel momento. Lauda vinse il GP di Svezia ad Anderstorp con un vantaggio imbarazzante scatenando le ire degli avversari che fecero bandire, attraverso la FIA, l'uso di quel sistema per questioni di sicurezza: secondo i piloti alzava sassi e polvere. Ma l'idea fu certamente una delle più geniali della storia della Formula 1.

La Brabham BT46b
La Brabham BT46b
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2 posto, Telaio in carbonio McLaren
Parliamo di McLaren MP4/1. La prima F1 con telaio in fibra di carbonio. L'inizio di una nuova era per la F1. E' il 1981 e Ron Dennis, ex meccanico McLaren con il pallino di diventare team manager in F1...dopo aver fondato un team Project Four di F2, acquisisce le quote della McLaren F1 da Teddy Meyer ed inizia con la sua nuova avventura nella massima categoria del motorsport. Chiama con sè molti tecnici giovani e capaci tra cui John Barnard al rientro da una esperienza americana in Chaparral dove entra in contatto con la Silicon Valley e numerose aziende all'avanguardia nella lavorazione di nuovi materiali. Una di queste, la Hercules Aerospace, era già molto avanti con la lavorazione delle fibre composite e fu quasi "automatica" la richiesta di Barnard all'azienda aeronautica nel contesto della progettazione di una F1 più efficace e razionale rispetto a quelle viste sino a quel momento. L'obiettivo primario non era tanto quello di ridurre il peso ma razionalizzare la costruzione della scocca (da 50 parti di alluminio a 5 in carbonio) con valori di rigidità torsionale che avessero permesso di ridurre la dimensione della scocca stessa a tutto vantaggio della aerodinamica complessiva. La vettura si dimostrò subito estremamente innovativa ma soprattutto fu la capostipite di una serie di McLaren vincenti ed in grado di dettare nuove regole nel contesto della F1.

3° posto. 1987. Sospensioni attive.
L'invenzione viene spesso attribuita a Williams (1992) ma in realtà la prima vettura ad usarle in corsa fu la Lotus 99T progettata da Doucarouge e guidata da Senna e Nakajima. La giallona motorizzata Honda vinse due gare ma fu evidente che le sospensioni erano croce e delizia di questo progetto. Fu solo con la Williams che dimostrarono il loro massimo potenziale: il team del grande Frank era molto avanti sotto molti punti di vista negli anni 90, questo perché aveva la spinta del motore Renault ma anche il genio di Adrian Newey magistralmente orchestrato da Patrick Head, permetteva di lavorare con razionalità e dedizione non solo agli aspetti aerodinamici della vettura ma anche a quelli meccanici come nel caso delle sospensioni attive. La somma di tutti questi elementi portò alla nascita delle micidiali FW14B (92) e FW15 (93) dotate di questo sistema di ammortizzatori in grado di mantenere sempre perfettamente livellato il corpo vettura a tutto vantaggio del comportamento dinamico ma soprattutto della stabilità aerodinamica, inarrivabile per tutti gli altri. Solo la McLaren sul finire della stagione 1993 dimostrò di essere arrivata a pari livello sul tema ma ormai era troppo tardi: a partire dalla stagione 1994 vennero bandite.

Senna sulla Lotus 99T
Senna sulla Lotus 99T

4° posto. Cambio elettroattuato, Ferrari 1989
Fu una invezione geniale della Ferrari in collaborazione con Magneti Marelli. Era già da qualche anno che il sistema girava nei cassetti del R&D Ferrari ed il primo ad usare una vettura con questo cambio fu Gilles Villeneuve nel 1978 a Fiorano. Si trattava solo di un prototipo e da quel test dell'Aviatore non si seppe più nulla: la tecnologia era troppo indietro per essere preferita ad un buon manuale. Il concetto però non era male per nulla e 10 anni di sviluppo dopo fu John Barnard a prendersi la responsabilità di creare la nuova Ferrari 639 attorno a questo concetto tecnico. La cosa generò grandi discussioni a Maranello, tanto che provarono a capire se era possibile installare anche un manuale, ma non fu possibile e Ferrari venne "costretta" ad andare avanti su quella strada che si rivelò vincente già al debutto: Mansell vinse infatti il GP del Brasile al debutto mondiale. Da lì in avanti il cambio al volante diventò nel corso dei 2/3 anni successivi la normalità per tutti.

Mansell sulla Ferrari 639, Montecarlo 1989
Mansell sulla Ferrari 639, Montecarlo 1989

5° posto. Cambio CVT Williams, 1993
Genialata del team Williams ed odiatissimo nelle macchine stradali Europee, il cambio CVT se ben utilizzato offre dei vantaggi enormi sotto molti punti di vista. Mantiene il motore sempre nel perfetto range di utilizzo, accelera senza soluzione di continuità a tutto vantaggio dell'aerodinamica ed è meno complesso di un cambio tradizionale. La Williams lo provò con Coulthard nel 1993 e si accosero subito di come questa soluzione, a parità di macchina, fosse in grado di assicurare un vantaggio di 1,5/2 secondi al giro. La cosa preoccupò immediatamente gli avversari che nell'arco di quell'inverno lo fecero bandire attraverso il regolamento FIA sostenendo che un cambio dovesse avere un numero di rapporti preciso (fino a 7) e non "infinito" come nel caso del CVT. 

Il cambio CVT montato su Williams FW15
Il cambio CVT montato su Williams FW15

6° posto. Muso alto Tyrrell, 1990
Svolta epocale nel disegno delle monoposto, la 019 è stata una vettura estremamente competitiva in relazione alle finanze del team ed alla tipologia di motore, che era v8 Ford Cosworth privato rivisto dalla Hart. Postelthwaite e Migeot, rispettivamente telaista ed aerodinamico, partendo dalla già discreta 018 crearono una evoluzione aerodinamica e concettuale delle monoposto che avrebbe dettato le forme della futura generazione di F1, con un muso rialzato che aveva il compito di facilitare il passaggio dell'aria verso il fondo. Bella sotto il profilo estetico la vettura in realtà confermò i buoni risultati della 018 (con l'exploit del secondo posto di Alesì a Montecarlo) ma era evidente come il potenziale di quella soluzione fosse infinitamente superiore ai risultati della Tyrrell. Diventò lo standard negli anni avvenire sino al 2013, anno in cui i musetti vennero abbassati per regolamento.

Jean Alesì sulla Tyrrell 019, 1990
Jean Alesì sulla Tyrrell 019, 1990

7° posto. 3° pedale freno McLaren, 1998
Tra il 1997 ed il 1998 la McLaren mette a punto un sistema geniale per generare torque vectoring sull'asse posteriore attraverso un'azione frenante sulle singole ruote dietro. Il sistema, estremamente semplice a livello di concetto, si basava su un terzo pedale del freno che sulla base della posizione dello sterzo aveva il compito di frenare singolarmente la ruota interna in fase approccio curva. Un accorgimento geniale che introduceva una sorta di secondo sterzo che migliorava le doti di inserimento e consentiva chiaramente di usare assetti più favorevoli per i rettifili vista la compensazione meccanica dettata dalla presenza di quello che è poi stato considerato illegale: le F1, infatti, possono avere solo due ruote sterzanti. Venne bandito al secondo gran premio del 1998 ma questo non bastò per fermare la MP4/13 che si laureò comunque Campione del Mondo con Mika Hakkinen.

La pedaliera della McLaren MP4/13
La pedaliera della McLaren MP4/13

8° posto. F-Duct, McLaren 2010
Il sistema è stato inventato dalla McLaren con la MP25 del 2010. L'idea, un po' come accade anche sulla Lamborghini Huracan Performante, è quella di far stallare l'ala posteriore per avere più velocità in rettifilo. Funzionava alla grande, perché era possibile girare con più carico aerodinamico senza però rimetterci in termini di velocità in rettifilo. Il sistema è stato scoperto perché i piloti McLaren chiudevano lo speciale condotto d'aria progettato assieme alla scocca con il ginocchio sinistro permettendo di creare un passaggio d'aria verso la zona posteriore sufficiente per far stallare l'ala. Un elemento già arcinoto in aeronautica ma che in F1 ha fatto la sua comparsa generando poi una rincorsa a questa funzione aerodinamica che è stato poi implementato anche nell'ala anteriore.

La presa d'aria del sistema F-Duct McLaren, 2010
La presa d'aria del sistema F-Duct McLaren, 2010

9° posto, Mass dumper Renault 2005
Introdotto nel 2005 da Renault, il sistema è stato inventato da Rob Marshall su una R26 disegnata da Pat Symonds per la stagione 2005. Il sistema, di base installato all'interno della scocca davanti alla sospensione anteriore, era costituito da un peso di circa 9 kg collegato a due molle (una superiore ed una inferiore) che aveva la funzione di smorzatore inerziale con una frequenza che interferiva con quella delle gomme andando a stabilizzare il muso su buche, cordoli o asperità varie della pista a tutto vantaggio della stabilizzazione del flusso aerodinamico che girava attorno alla vettura. Migliorava l'aerodinamica, l'usura delle gomme e si potevano usare assetti più rigidi senza rendere nervosa la vettura. Un uovo di colombo, copiato anche da altri team e poi bandito.

Alonso sulla Renault R26 del 2005
Alonso sulla Renault R26 del 2005

10° posto. Scarichi soffiati
Si è parlato molto degli scarichi soffiati come contributo ai quattro mondiali di Vettel con la Red Bull - ed è vero - ma in realtà questo concetto aerodinamico è stato introdotto nel 1983 da Migeot. L'allora progettista della Renault guidata da Prost propose al campione francese una RE40 dotata di questo sistema che però non venne particolarmente apprezzato da alain in quanto era discontinuo e rendeva la vettura eccessivamente mutevole. Il concetto venne poi evoluto e negli anni 80 e 90 gli scarichi annegati nell'estrattore erano di "base". Poi gli scarichi si alzarono per far lavorare allo stesso modo la parte bassa dell'alettone posteriore per poi tornare sulla disastrosa MP4-18 del 2003 (che non prese il via del mondiale per problemi strutturali, MP4 17d) e poi sulle red bull. Il sistema richiedeva un ritardo della chiusura della valvola di aspirazione per mantenere il flusso di scarico molto veloce anche in fase di rilascio (ecco i perchè delle evidenti sfiammate) ed in questo fu ovviamente fondamentale il lavoro di Renault nella definizione di una mappatura e di un incrocio valvole del v8 aspirato che permettesse di sfruttare al meglio questo effetto. Dall'introduzione dell'era turbo la posizione dello scarico è definita per tutti e non c'è più possibilità di utilizzare questo sistema.

La prima monoposto con gli scarichi "soffiati". Renault RE40
La prima monoposto con gli scarichi "soffiati". Renault RE40
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