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Fernando Alonso compie 40 anni, e non ha ancora imparato a perdere. Lo ha dichiarato lui stesso recentemente: se si trovasse di nuovo nella condizione di arrivare secondo, non lo accetterebbe. Quella di Alonso è l’indole quasi infantile del campione, che pesta i piedi come un bambino capriccioso all’idea di non primeggiare sulla concorrenza. Ed è anche la linfa che lo rende un eterno ragazzino, nonostante abbia quasi il doppio degli anni del più giovane dei suoi colleghi in Formula 1, Yuki Tsunoda, nato quando Fernando aveva 19 anni.
Alonso se ne frega dell’età, forte di quella convinzione profondissima in sé che lo rende un animale insaziabile in pista. È parte di quel culto della propria personalità che lo ha spinto a creare un museo a sua immagine e somiglianza nella sua città natale, Oviedo, nonostante la sua carriera nel mondo delle corse fosse tutt’altro che conclusa. Fernando dichiara, con una naturalezza disarmante, di essere “quasi vicino alla perfezione”. Se lo dicesse chiunque altro, farebbe alzare gli occhi al cielo. Alonso no. Perché quello che dice è vero, irritante e irresistibile presunzione a parte.
Qualora servissero delle prove a corroborare questa tesi, basterebbe guardare alla sprint qualifying di Silverstone. Chi avrebbe mai detto, non sapendo di chi si trattasse, che il pilota che si stava insinuando come un gatto, tutto istinto e talento, in mezzo alla concorrenza potesse essere prossimo ai 40 anni? Nessuno. Dopo due anni di assenza dal Circus, Alonso ha faticato ad adattarsi alla sua nuova monoposto. Ma, usando il suo talento come un’ancora, è riuscito ad essere più forte delle critiche di chi lo bollava già come bollito. Lui lo sapeva, di non esserlo. E lo ha dimostrato.
Dentro di sé, Fernando è alimentato dalla stessa ambizione bruciante che lo consumava nel 2005, anno in cui colse il primo titolo mondiale. Lui, 24enne, rappresentava una nuova era. Michael Schumacher, suo rivale 36enne, era il campione alla fine della carriera. Fernando e Michael ieri come Lewis Hamilton e Max Verstappen oggi, insomma. 16 anni dopo quel trionfo colto da giovane sfrontato, l'ancora indomito Fernando è sempre lì, in pista. Se n'è dovuto andare dalla F1, per capire quanto la amasse davvero, e che quel capitolo non era concluso. Desiderava terminarlo con i suoi modi e i suoi tempi. E non da comprimario. Se l'Alpine gli regalasse una monoposto degna del suo talento, Alonso sarebbe tranquillamente in grado di lottare per il mondiale.
Fernando non gradisce particolarmente le osservazioni riguardo alla sua età. Ma i suoi 40 anni Alonso dovrebbe portarli con grande orgoglio, come una medaglia d’onore. Li festeggerà in pista, esattamente dove voleva essere quando, alla fine dello scorso anno, assisteva alla gara di Abu Dhabi ai box come un leone in gabbia. Lo hanno liberato, ed è pronto alla caccia grossa. Senza mai perdere quella schiettezza che gli ha complicato la carriera, ma sicuramente lo rende merce rara nella F1 patinata di oggi. Pessimo perdente, e per questo splendido vincente: così è il neo quarantenne Fernando Alonso.