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Ha compiuto 59 anni lo scorso 8 settembre e da quando ha smesso con le corse a New York è conosciuto come uno dei migliori artisti contemporanei in circolazione. Eh sì, perché Stefan Johansson ha cambiato decisamente vita anche se ha mantenuto il contatto con la F.1, specie quando la Ferrari, in Nord America, lo convoca a cene ufficiali. Quindi, anche se oramai la carriera di pilota fa parte dei ricordi, nella mente dei tifosi del Cavallino rampante è rimasto come quel fulmine a ciel sereno che sostituì Renè Arnoux dalla sera alla mattina.
Stefan Johansson non era superstizioso. O almeno non lo diceva apertamente. Sul suo casco, infatti, comparivano tre foglie stilizzate residuo di un soprannome che da bambino gli avevano dato, storpiando un po’ l’inglese: “lille lewis” che starebbe per “piccola foglia” proprio perché nel giardino di casa il piccolo Stefan si muoveva con la stessa agilità di una foglia spinta dal vento.
In quel 1985 Stefan aveva appena disputato la sua 13 gara di F.1, al volante della modesta Tyrrell, ottenendo il miglior piazzamento fino a quel momento: un settimo posto. Si era in Brasile e Stefan stava cercando il modo per raccogliere un po’ di soldi per proseguire la sua avventura al volante della Tyrrell, che all’epoca era una specie di rent a car della F.1. Infatti, oltre al pilota svedese, su quella macchina corsero anche Ivan Capelli, Martin Brundle, Philippe Streiff e Stefan Bellof. Cinque piloti in totale per 14 GP, una media di quasi 3 GP a testa.
Ferrari: via Arnoux, arriva Johansson
Mica male, ma Stefan Johansson non avrebbe mai immaginato di finire sulla lista dei piloti della Ferrari. Avvenne infatti un piccolo giallo subito dopo la gara brasiliana. La Ferrari aveva ottenuto un secondo posto con Michele Alboreto e un quarto con Renè Arnoux. La macchina sembrava funzionare bene, anche se Alboreto aveva avuto qualche piccola noia in corsa, ma tutto faceva presagire una stagione finalmente vincente. Invece, appena tornati in Italia, arriva un comunicato stampa in cui la Ferrari ringrazia Renè Arnoux per la collaborazione prestata e annuncia la sostituzione con Stefan Johansson. Il perché di quel licenziamento improvviso non si saprà mai. La Ferrari si appella a ragioni di salute, il pilota francese non approfondisce, percepisce lo stipendio e se ne va zitto zitto lasciando la strada al collega svedese.
Il debutto in Rosso
E così in Portogallo, il 21 aprile, per la prima gara europea della stagione e seconda del mondiale, sulla rossa numero 28 non c’è più Arnoux ma Stefan Johansson che però non ingrana e mentre il compagno di squadra coglie un secondo posto alle spalle del vincitore Ayrton Senna portandosi in testa al mondiale, lo svedese si ferma all’ottavo posto. Il primo punto però arriva due settimane dopo, a Imola, grazie alla squalifica di Alain Prost, vincitore con la McLaren ma sotto peso di 2 kg che lascia il successo a tavolino a Elio De Angelis. Il sesto posto consente allo svedese di portare a casa il primo punto in rosso ma, per esplodere del tutto, bisognerà aspettare metà stagione, quando la Ferrari sembra avere un altro passo.
La prima (e unica) partenza dalla prima fila
In Germania, al Nurburgring rinnovato nel disegno e accorciato nella distanza, Stefan parte per la prima e unica volta nella sua carriera in prima fila. La corsa fu vinta da Alboreto che infilò al tornante prima dei box Keke Rosberg prima e Alain Prost dopo, battendo il francese e prendendo il largo nella classifica iridata. In questa giornata di trionfo per la Ferrari, stona un po’ Stefan che raccoglie solo un nono posto senza infamia.
Una volta corso per la Ferrari rimani pilota Ferrari per sempre e per me è un orgoglio, mi spiace non aver mai vinto una gara
Diverso il discorso per la trasferta nordamericana. In Canada arriva il podio alle spalle del vincitore Alboreto, è la prima doppietta della Ferrari che si porta in testa alla classifica costruttori e vede Michele saldamente davanti a tutti, con De Angelis primo inseguitore e Prost più indietro. Il secondo posto verrà bissato poi nel GP Usa Est sullo stradale di Detroit davanti a Michele.
All’epoca i giochi di squadra non erano all’ordine del giorno e i due punti soffiati al compagno di squadra, poi, non influirono più di tanto visto che Prost vinse con oltre 20 lunghezze di vantaggio. Il secondo posto e i piazzamenti seguenti permettono a Johansson, a fine anno, di concludere in settima posizione, ma alla Ferrari non è questo ciò che conta, visto che nelle ultime 4 gare della stagione, a causa di problemi alle turbine, perdono il mondiale e Michele Alboreto deve dire addio ai sogni di gloria dopo essere stato al comando per quasi tutta la stagione.
Johansson l’apprendista pilota
Ironia della sorte, per Johansson le cose andranno meglio l’anno seguente, anche se non vince nessun GP. Il 1986 è il primo anno di digiuno della Ferrari, che disputa tutta la stagione senza ottenere una vittoria e Stefan Johansson, con Michele, difende come può la posizione. A fine stagione sarà 5° con meno punti rispetto all’anno precedente: saranno infatti 23 contro i 26 della stagione del debutto in rosso. Furono due anni senza infamia e senza lode: Alboreto era il numero uno indiscusso e Johansson l’apprendista pilota che dava il suo contributo alla squadra, non creava polemiche, restava al suo posto e intanto si faceva ben volere mostrando i primi sintomi di una vena artistica che poi, lasciata la F.1 per le corse USA, esplose in pieno con l’esposizione dei propri dipinti nelle migliori gallerie di New York, Los Angeles e Washington.
Più che un pilota, un artista del volante, anche se limitato dalle circostanze. I buoni servigi resi alla Ferrari, però, gli aprirono le porte della McLaren nella stagione 87.
Quella cena a base di cervo...
Lo sponsor Marlboro, conscio che il ragazzo aveva fatto il massimo, gli consentì di proseguire la carriera ad alto livello con una scuderia come la McLaren che era già diventata vincente con Lauda e Prost e dominava la scena mondiale. Anzi, a ben guardare dalla Ferrari alla McLaren Johansson ci guadagnò in competitività e ingaggio. Anche se la stagione alla corte di Ron Dennis rimase famosa per un curioso incidente: nelle prove del GP d’Austria, alla chicane Bosch, Johansson investì in pieno un cervo, distruggendo la vettura ma garantendo la cena a tutti i meccanici!
Questa fu la miglior stagione di Johansson in F.1, con due secondi posti e altri piazzamenti a punti, tanto che concluse al 6.posto con 30 punti marcati. Poi cominciò il lento declino, la Onyx, la Ligier, la AGS, i tentativi di qualifica con la Footwork prima di dare l’addio alla F.1, dove era approdato nel 1983 come pilota della Spirit Honda, la prima monoposto dell’era moderna che segnava il ritorno dei giapponesi come fornitori in F.1, dopo la parentesi degli anni '60. Furono 6 i GP corsi nell’83, altri 3 nell’84 con la Tyrrell e 3 con la Toleman, sempre senza grosse pretese e con tanti guai.
La telefonata da Maranello
Poi il GP del Brasile dell’85 e quella chiamata da Maranello: «Sono Marco Piccinini, la chiamo per conto del commendator Enzo Ferrari: vuole correre per noi a partire dalla prossima gara?». «Ho pensato, se becco chi mi sta facendo lo scherzo lo spello vivo» racconta ancora oggi Stefan. Invece era tutto vero.
Si è mai chiesto il perché fu scelto?
«Forse ero l’unico disponibile sul mercato in quel momento e mi sarebbe piaciuto sapere perché Arnoux se ne andò o lo cacciarono, ci fu molto mistero e nessuno disse nulla anche se circolavano voci su certe serate piccanti che forse è meglio non approfondire».
Da quella volta però rimase per sempre pilota Ferrari...
«Ancora oggi mi chiamano alle cene ufficiali, una volta corso per la Ferrari rimani pilota Ferrari per sempre e per me è un orgoglio, mi spiace non aver mai vinto una gara».
Oggi fra Los Angeles e New York se la passa bene
«Espongo nelle grandi gallerie d’arte, un mio quadro è stato venduto a oltre 100 mila dollari, insomma non mi lamento, mi godo la vita, faccio quello che voglio e ogni tanto vado ai GP, Canada e Austin, a salutare quelli che si ricordano di me».
Un signore, un vero gentiluomo gentile ed educato, come quelli di una volta e che oggi non esistono più in questo mondo.