Riccardo Ceccarelli: «I piloti sfruttano il cervello meglio degli altri»

Riccardo Ceccarelli: «I piloti sfruttano il cervello meglio degli altri»
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Riccardo Ceccarelli dirige il centro studi Formula Medicine di Viareggio e ha studiato il comportamento dei piloti. Risultato? I grandi campioni sfruttano il cervello meglio degli altri soggetti | <i>P. Ciccarone</i>
26 luglio 2012

Quando si parla di un campione di F.1 si dice spesso che ha un bel piede, invece gli studi di Formula Medicine, la struttura diretta dal dottor Riccardo Ceccarelli a Viareggio, dimostrano che oltre al piede è più importante la testa. Oltre venti anni di studi, ricerche e confronti e il risultato evidente è stato ottenuto grazie alla risonanza magnetica: i piloti sfruttano il cervello meglio degli altri soggetti.

I piloti riescono ad ottimizzare la gestione delle energie

«Nel senso che consumano meno energia per ottenere lo stesso risultato o fare meglio addirittura» dice il dottor Ceccarelli, che di recente è stato in Cina agli stati generali di Medicina sportiva per illustrare i risultati di questi anni di ricerche. Tanto per far capire il livello dei piloti studiati, si va da Fernando Alonso a Sebastian Vettel, da Robert Kubica a Jarno Trulli,  da Giancarlo Fisichella a Ivan Capelli. Insomma, mezzo schieramento di F.1, qualche campione del mondo, è passato ai raggi X (è il caso di dirlo) del dottor F.1,  come chiamano Ceccarelli nel circus iridato.


«I soggetti dimostrano che quando c’è da agire di riflesso o prendere una decisione, sanno indirizzare tutta l’energia necessaria a quello scopo, non una goccia di più. Abbiamo visto che i manager sotto stress o altri sportivi, non fanno lo stesso. In pratica, attivano il cervello più del dovuto, consumano molta energia, sprecano risorse e magari prendono anche decisioni sbagliate. Invece un pilota agisce presto, in maniera mirata al problema da risolvere e col minimo di energia necessaria

formula 1 sky
Mentre sono in pista, i piloti riescono ad ottimizzare la gestione dell'energia, concentrandola solo dove e quando serve

In pista con il cuore che batte a 170 battiti al munito

«Sembra impossibile, ma durante un GP hanno pulsazioni cardiache di oltre 170 battiti al minuto, con dei picchi di 190 poco prima del pit stop o quando devono fare un sorpasso difficile o in corse sotto la pioggia. In quelle condizioni il sangue ha poca ossigenazione perché il cuore pompa all’impazzata, eppure un pilota si mantiene freddo perché in caso di imprevisto sa che deve fare una manovra correttiva, che deve trovare uno spiraglio in un sorpasso che si presenta all’improvviso.In un GP abbiamo avuto un pilota (italiano, ndr…) che ci ha stupiti: ha corso il 99 per cento della gara con concentrazione e battito cardiaco fra i 180 e i 196 al minuto. Non ha mollato un attimo».


Con la differenza, basilare, che un pilota auto o moto (lo stress è identico) se sbaglia una decisione rischia la vita, il manager rischia di perdere soldi o lasciare per strada i dipendenti...

Come si traduce questa attività registrata nello sport in un uomo normale?

«L’uomo della strada se deve muovere un braccio per spostare un bicchiere impiega l’energia cerebrale per alzarlo, capire dove deve dirigerlo e coinvolge altri muscoli che non c’entrano. Nel manager si traduce in decisioni sbagliate in un momento di massimo stress. Pensate alle banche e alle corse della borsa e capirete come una persona non allenata possa fare uno sbaglio pesante. Ma perché devo usare altri muscoli per fare una operazione se in realtà non mi servono? Perché usare questa energia dispendiosa per operazioni inutili? L’uomo normale non lo sa e spreca energia a profusione, un pilota no

Il campione è quello che si mantiene lucido, sa quali sono i limiti suoi e del mezzo e come contrastare l’imprevisto. Insomma, dai dati della risonanza possiamo proprio dire che hanno una marcia in più!

 

Ma i piloti si “aiutano” con medicine?

«Non servono in F.1, perché gli alcaloidi come la cocaina hanno un effetto breve e ti fanno perdere il senso del pericolo. In pratica, arriverebbero veloci in curva, ma non frenerebbe nessuno! Invece il campione è quello che si mantiene lucido, sa quali sono i limiti suoi e del mezzo e come contrastare l’imprevisto. Insomma, dai dati della risonanza possiamo proprio dire che hanno una marcia in più!»

 

E’ una attitudine che un uomo normale può acquisire?

«E’ questione di allenamento. Noi alla Formula Medicine abbiamo messo a punto dei sistemi di controllo elettronici, che attraverso sensori e telemetrie, quasi l’uomo fosse una macchina da corsa, ci permettono di capire dove va indirizzata l’energia in più, come allenarsi a consumare meno e a indirizzare lo sforzo solo dove serve.

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Secondo Ceccarelli, la dote più importante di Alonso è la forza mentale che gli permette di non abbattersi mai nemmeno quando parte dalle retrovie

 

«E’ un impianto visivo, dove il controllo della concentrazione si può verificare con dati certi. Abbiamo messo a punto un sistema con un computer dove il soggetto si concentra su un particolare. Più aumenta la concentrazione, più il punto si alza su uno schermo. Lo abbiamo disegnato come un barile di benzina. Quando la concentrazione è al massimo, il barile sale ed esplode, il nostro soggetto, poi deve rialzarne un altro ancora e via così in un certo periodo di tempo. Un pilota è incredibile in questo test, perché vediamo i barili che salgono e scoppiano a ripetizione. La mente è esercitata a fare solo quello, a concentrarsi su quello che serve, l’uomo normale impara e si allena, i risultati finali dimostrano che è una attitudine che si può migliorare, a qualsiasi età e i nostri test per i manager ci stanno dando risultati incredibili”.

 

Anche se c’è il segreto professionale, può dirci qualcosa sui piloti che lei ha seguito?

«Senza entrare nel dettaglio, posso dire che uno come Trulli aveva una concentrazione spaventosa, riusciva a fare tutta la gara al 90 per cento e oltre di attenzione, con battiti cardiaci elevatissimi, un fisico preparatissimo. Alonso è un altro grande pilota, basti dire che durante la gara riesce a concentrarsi al meglio e a rilassarsi quando serve per risparmiare energie.»

Trulli aveva una concentrazione spaventosa, riusciva a fare tutta la gara al 90 per cento e oltre di attenzione, con battiti cardiaci elevatissimi, un fisico preparatissimo

 

«Nei momenti precedenti il pit stop, quando deve tirare fuori il massimo, va al 110 per cento, poi sa valutare gli eventi. Vettel è un metodico, preciso, previene gli avvenimenti, uno come Kubica, invece, riusciva a inventarsi situazioni incredibili. Ma a questi livelli parliamo di campioni incredibili, con differenze minime nella concentrazione.»


Siamo italiani, quindi ora ci interessa di più Alonso, quale è la sua caratteristica più importante?

«La forza mentale. Anche se parte indietro, non si abbatte mai, tira sempre fuori il massimo. Mi ricordo una volta, partiva in nona posizione, deluso dalla qualifica mi disse: domani sono primo dopo la partenza, ti faccio vedere io. Prima del via controllò lo stato della pista, dell’erba a bordo tracciato. E alla prima curva era primo…Si era inventato qualcosa di incredibile perché uno come lui non parte mai battuto, c’è sempre da aspettarsi qualcosa.»

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