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“Fu una grande emozione. Mi ricordo di aver pianto dopo aver tagliato il traguardo. Per giorni mi chiesi se fosse successo davvero, perché è una gara molto dura e rischiosa. Ci si prepara al meglio, ma per vincerla bisogna surclassare la concorrenza. È una corsa che amo e che sono contento di aver vinto”: sono passati quasi 25 anni, ma il giorno in cui Pierluigi Martini vinse la 24 Ore di Le Mans 1999 con la BMW V12 LMR è ancora scolpito nella sua mente. E dire che a un certo punto Martini si era convinto che la sua vettura fosse fuori dai giochi.
“Quando vinsi ebbi la fortuna di capire male lo speaker – ricorda Martini -. Credevo che la macchina si fosse ritirata quando avevo dato il cambio all’altro pilota. Mi dissi ‘accidenti, siamo fuori’ e mi addormentai come un sasso. Dopo due ore, arrivò il mio amico Beppe, che mi disse che toccava a me. Ero incredulo”. Dormire un paio di ore tra un turno e un altro è una vera manna dal cielo, anche se a una gara come la 24 Ore di Le Mans “si arriva con una grande preparazione e una carica di adrenalina pazzesca. Per questo il fisico reagisce sempre al 100%”.
A 25 anni dal successo colto con Martini, Yannick Dalmas e Joachim Winkelhock, BMW è pronta a tornare alla classica del Circuit de la Sarthe con la LMDh M Hybrid V8, che debutterà nel WEC il prossimo anno. Che consiglio darebbe Martini a chi affronterà la sfida di Le Mans con la casa dell’Elica? “È fondamentale trovare un buon feeling con l’intera squadra, e soprattutto con i tuoi co-équipier. Per vincere a Le Mans serve gioco di squadra. Tutto deve incastrarsi alla perfezione. È importante lavorare con grande professionalità fin dall'inizio e arrivare a quel giorno con la massima consapevolezza che non si devono fare errori”.
Prima che vincesse a Le Mans con BMW, Pierluigi Martini visse una lunga esperienza in Formula 1. La sua storia nella massima categoria del motorsport è legata alla Minardi, scuderia che lo fece debuttare nel Circus e con cui disputò la maggior parte dei 118 GP nel suo CV. Cosa porta con sé di quell’avventura? “Fortunatamente i ricordi brutti li ho dimenticati. Però quelli belli li condivido ancora con i miei tifosi, con i miei meccanici e i miei ingegneri. Sono stati anni molto duri, perché Minardi era una piccola squadra. Avevamo dei budget molto limitati e quindi ce la mettevamo tutta per ottimizzare tutto al meglio”.
“A volte siamo riusciti a partire davanti e a raccogliere punti. Per noi sono state tutte piccole vittorie”. L’occasione più grande per Martini e la Minardi arrivò nel 1989, nel Gran Premio d’Australia ad Adelaide. “In quell’occasione avremmo potuto fare una grande differenza – riflette -. Eravamo più veloci nelle prove libere della mattina, in cui ottenemmo il terzo tempo. In gara, però, arrivò la pioggia, e le gomme che avevamo non erano in grado di affrontare quelle condizioni”.
E della F1 di oggi cosa pensa Martini? “Mi diverto molto a guardarla. Le macchine sono troppo lunghe, però. È quasi inevitabile che una macchina lunga quasi sei metri abbia un contatto durante un sorpasso, soprattutto su piste che non sono state all'altezza dello sviluppo delle macchine, come Montecarlo. Ci sono delle curve talmente strette da far sembrare le monoposto delle corriere. Però mi diverte molto, perché ci sono dei piloti fortissimi e un livello molto ravvicinato nei tempi sul giro”. “Mi piacerebbe vedere Verstappen lottare con Leclerc, con un altro campione con cui possa dare vita a un duello alla Mansell-Prost”, aggiunge.
Martini spende delle parole di stima per la Ferrari, che a suo dire “ha dimostrato di essere reattiva e molto competitiva”. "È chiaro - concede - che sulla Red Bull c’è un fuoriclasse, tra i top del top. Sarebbe bello vederlo a Maranello, un giorno”. Come lo è stata la RB19, anche la sua V12 LMR fu una vettura straordinaria. “Sicuramente è una macchina eccezionale – conferma -. Ancora oggi ogni tanto la uso, perché vengo invitato a dei raduni storici. Devo dire che forse è stata davvero la macchina migliore che abbia mai guidato”. E il pensiero ritorna a quelle lacrime versate in un lontano giorno di quasi 25 anni fa.