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Montecarlo – La prima volta non si scorda mai. E per Riccardo Patrese il GP di Monaco rappresenta una duplice prima volta che rimane per sempre nella mente. Fu qui nel 1977 che su Shadow debuttò in F.1 e fu qui che con la Brabham vinse il suo primo GP di F.1 e fu la prima volta che un pilota italiano, dal 1950 in poi, riuscì nell’impresa:
«Ci fu tanto di quel casino, fra uscite di Prost e Pironi, il mio testacoda e la ripartenza, che non ho mica capito subito di aver vinto, me lo hanno detto dopo quando sono tornato ai box» dice oggi Patrese.
Come lui solo Trulli
Dopo di lui solo Jarno Trulli, nel 2004, ha bissato, poi la presenza tricolore a Montecarlo è sparita fra sfortune (vedi Alboreto nel 1985) e rimpianti vari.
Per Patrese la F.1 di oggi è incomprensibile e difficile da accettare e lo spiega senza tanti peli sulla lingua:
«Non è l’elettronica il problema della F.1 – attacca a dire il pilota padovano – ai miei tempi ho guidato la Williams che nel 1992 era il massimo in quanto ad elettronica, forse addirittura più sofisticata di quelle attuali visto che noi avevamo controllo di trazione, sospensioni attive cambi al volante e tanto altro ancora. No, il problema è nelle regole assurde e nei piloti che sono penalizzati, castrati, nell’essere piloti».
“Ai miei tempi tentavi un sorpasso, magari andava male, ci si toccava. Accade anche oggi, solo che poi ti tolgono i punti dalla licenza, ti danno penalizzazioni se la squadra sbaglia a cambiare le gomme, vedi Ricciardo, non puoi tentare nulla che subito la federazione ti punisce”
Il concetto Patrese lo esprime in maniera semplice:
«Quando ho debuttato a Montecarlo venivo dalle categorie minori, sapevano chi fossi e cosa avevo vinto. Mi ricordo che per i primi giri di pista ho subito minacce e ingiurie da tutti i piloti di F.1 presenti a quel GP. Mi stringevano contro il rail, mi facevano il gesto del dito medio, mi mandavano a quel paese eppure non è che stessi ostacolando nessuno. Era l’ambiente che faceva “prevenzione”, ovvero io ero nuovo e dovevo pagare dazio».
«Oggi non lo fa nessuno e direi che sotto questo aspetto è migliorata la F.1. Però ai miei tempi tentavi un sorpasso, magari andava male, ci si toccava. Accade anche oggi, solo che poi ti tolgono i punti dalla licenza, ti danno penalizzazioni se la squadra sbaglia a cambiare le gomme, vedi Ricciardo, non puoi tentare nulla che subito la federazione ti punisce».
«In questo modo ti castrano, già lo spettacolo è deprimente, con macchine troppo diverse una dall’altra che impediscono al pilota di lottare, poi i sorpassi sono artificiali. Uno apre l’alettone posteriore e passa tranquillo con quello davanti che non può difendersi e non può cambiare traiettoria sennò lo multano. Uno come Senna, che ha vinto il mondiale buttando fuori Prost, oggi lo avrebbero squalificato a vita».
“I sorpassi sono artificiali. Uno apre l’alettone posteriore e passa tranquillo con quello davanti che non può difendersi e non può cambiare traiettoria sennò lo multano. Uno come Senna, che ha vinto il mondiale buttando fuori Prost, oggi lo avrebbero squalificato a vita”
«E che dire di Berger, che in Portogallo, per non farmi passare, frenò in pieno rettilineo e io decollai atterrando dopo un volo spaventoso? I commissari non dissero nulla, io parlai con Gerhard e gli promisi lo stesso trattamento. Ora non dico che si debba tornare ai duelli rusticani, ma almeno lasciateli guidare!».
Che la colpa sia anche dei piloti?
«Ma cosa pretendi da questi ragazzini? Arrivano giovani in F.1 non sono ancora formati, non hanno personalità, li senti parlare e sono tutti uguali e banali. Quelli più sgamati non lo fanno perché hanno lo sponsor della squadra che non vuole e se Vettel dice che non gli piace questa F.1 si becca pure le rampogne della federazione. E’ un appiattimento che non porta a niente di buono, o lo capiscono che devono mollare gli ormeggi, lasciandoli correre e sbagliare se è il caso, oppure uccidono quel poco di buono che c’è rimasto».
«Ma non credo cambierà molto, chi tiene i fili del giochino non vuole gente con la personalità. Ai miei tempi, per quanto giovani, avevamo caratteri formati, personalità forti. Si parlava a muso duro con i team manager, anzi nessuno di noi aveva un manager, parlavamo da soli di soldi e contratti. Oggi no».
Come la vedi fra Hamilton e Rosberg?
«Hanno una gran macchina e questo aiuta, mi pare che Lewis abbia più talento anche se Nico è cresciuto tantissimo, è bravo e sbaglia poco, il mondiale è cosa loro».