Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Com’è possibile che piloti come Oliver Bearman e Franco Colapinto, pur non avendo brillato in Formula 2, siano riusciti a dimostrarsi all’altezza della Formula 1, per giunta subentrando in corsa? In molti se lo chiedono, classifica della categoria propedeutica alla mano, e alcuni attribuiscono questo fenomeno alla presunta facilità di guida dell’attuale generazione di monoposto della massima categoria del motorsport. Ma il motivo, a ben vedere, è un altro.
I giovani piloti pronti ad affacciarsi sulla scena della Formula 1 non sono mai stati così preparati a un salto tanto complesso, da ogni punto di vista. Lo si capisce anche solo facendo loro una domanda. Al netto di qualche atteggiamento naif, ci si trova di fronte a adolescenti in grado di rispondere con la flemma del professionista consumato. E visto che il rapporto con la stampa è solo un accessorio secondario al lavoro in pista, significa che la preparazione è molto più ampia e onnicomprensiva.
Preparati a parlare con i giornalisti, i giovani talenti di oggi lo sono ancora di più sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. È il frutto di un processo di crescita e di affinamento che per alcuni fortunati – vedi Andrea Kimi Antonelli - passa anche dai test con monoposto di Formula 1 vecchie di almeno due anni. Dei collaudi, questi, che sono consentiti senza limitazioni e che permettono agli aspiranti piloti di F1 di prendere dimestichezza con operazioni in pista la cui accuratezza e laboriosità non può che stupire chi è abituato alle categorie minori.
Chi ha la fortuna di far parte di una delle Academy dei top team di Formula 1 ha accesso a delle opportunità e a delle corsie preferenziali che sarebbero difficilmente percorribili in autonomia. I programmi per coltivare i futuri piloti delle scuderie sono diventati nel tempo sempre più articolati, raggiungendo un livello di sofisticazione tale da rendere i talenti di oggi molto più precoci e preparati rispetto anche solo a una decina di anni fa.
C’è poi un altro aspetto che contribuisce a distorcere la percezione del potenziale dei piloti impegnati oggi in Formula 2. Con l’introduzione per la stagione 2024 della monoposto di nuova generazione le carte in tavola hanno finito per sparigliarsi più del dovuto, e anche se le vetture sulla carta dovrebbero offrire prestazioni comparabili non è stato necessariamente così. La Prema, scuderia di Antonelli e Bearman, ha accusato non poche difficoltà nella prima parte della stagione, rendendo più difficile per i suoi piloti mostrare il proprio talento.
Viene anche da pensare che l’attuale livello medio in Formula 2 sia più alto che in tempi recenti, e che stiamo assistendo a una nuova ondata di talenti in arrivo dalle categorie minori, ripetendo un andamento che si vede ciclicamente in Formula 1. Basti tornare, senza andare troppo lontani nel tempo, all’approdo di Lando Norris, George Russell, Charles Leclerc e Alexander Albon verso la fine dello scorso decennio. Ed ecco spiegato perché il settimo posto di Colapinto e il quindicesimo di Bearman – che, peraltro, ha saltato due round per correre in F1 – in F2 raccontano solo una storia parziale. E no, le monoposto di F1 non sono diventate troppo facili da gestire.