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La Formula 1 sbarcherà a Madrid nel 2026, su un circuito cittadino destinato a snodarsi nel polo fieristico IFEMA, a circa mezz’ora dal centro della capitale spagnola. Il Circus tornerà così a Madrid a quarantacinque anni dall’ultima edizione disputata sulla sfidante – e pericolosa - pista di Jarama. Che la F1 cambi location in Spagna non è una novità: prima di arrivare al Circuit di Catalunya, si corse anche a Pedralbes, Montjuic e Jerez, oltre che a Jarama. Ma la scelta di Madrid è sintomo di un vento di cambiamento che soffia ormai da qualche tempo.
Negli ultimi anni, nel calendario della F1 sono arrivati parecchi circuiti cittadini, da Jeddah a Las Vegas, passando per Miami. Se la Formula E si sta progressivamente allontanando dalle città, impossibilitata com’è a correre nel centro nevralgico dalle circostanze delle metropoli, la Formula 1 sta abbracciando modalità che possano consentire ai tifosi di arrivare in modo più semplice sui tracciati, evitando che una logistica troppo complicata possa frenare gli appassionati. Dopotutto, è più semplice organizzare un GP a mezz’ora dal centro della città che - tanto per fare un esempio - far transitare tutto il Circus, tifosi compresi, da un’unica, intasatissima arteria, come succedeva per arrivare al Paul Ricard.
Ci sono però delle piste che meritano di essere raggiunte anche se questo comporta un lungo tragitto. È sicuramente il caso di Spa-Francorchamps, tracciato nascosto tra l’inospitale verde delle Ardenne, a un’ora e mezza di tragitto in auto dal più vicino aeroporto. Vedere dal vivo le monoposto inerpicarsi verso l’Eau Rouge-Raidillon, però, vale non solo il prezzo del biglietto, ma pure gli inconvenienti di un viaggio tra pioggia e vento, assicurati anche quando altrove l’estate brucia l’asfalto. Lo stesso vale per Silverstone, Monza, Suzuka. E ci aggiungiamo pure Monaco, anche se qualcuno storcerà il naso.
Proprio il circuito di Montecarlo, per quanto non concepito per le monoposto attuali, troppo mastodontiche per poter davvero brillare in gara, è esemplificativo di quanto sia importante per una pista cittadina avere una personalità distinta. È stato così anche per gli altri cittadini “storici”, come Montréal e Singapore, che ospitò la prima gara in notturna della storia della F1, trovando una sua specificità non da poco. Gli attuali, invece, spesso mancano di quel guizzo che li rende davvero interessanti, memorabili.
Las Vegas ha almeno il pregio di essere stato concepito per esaltare le caratteristiche tecniche delle monoposto di oggi, sfruttando sapientemente la potenza del DRS per creare del vero spettacolo in pista. E la riprova è arrivata all'atto pratico, con una gara entusiasmante. Circuiti come quello di Miami, invece, non solo non hanno un’anima, ma mancano così tanto di personalità da generare gare anonime, per quanto possa essere ritenuto interessante o stimolante il contesto in cui hanno luogo.
È presto per giudicare il circuito di Madrid, che con i suoi 5,5 chilometri in termini di lunghezza sarà solamente alle spalle di Austin, Baku e Spa. Le valutazioni andranno effettuate a tempo debito. Una cosa è certa, però: la Formula 1 deve stare attenta a non perdere la sua essenza. Quella specificità che si nasconde vicino ai muretti di Monaco, nei saliscendi di Spa, nella successione di curve veloci senza respiro di Silverstone, sui rettilinei di Monza. È quella parte della F1 che non va toccata. Ben vengano le aggiunte di sostanza, ma non quelle di forma. E alcuni dei circuiti cittadini entrati in calendario negli ultimi anni rientrano nella seconda categoria.