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I tifosi più accaniti non hanno dubbi: aver firmato il rinnovo con Charles Leclerc vuol dire che la Ferrari ha puntato sul più veloce. Lo ha ribadito anche Eddie Irvine in una intervista ripresa, al solito, dai soliti esperti pronti a osannare la news del monegasco per sempre (o quasi) fedele a Maranello. Che sia veloce, specie in qualifica, nessun dubbio. Che abbia ottenuto molto dalle pole trasformandole in vittorie, beh questo è un altro discorso. Troppi problemi la vettura per consentirgli di mantenere quel passo che ha mostrato saper tenere in varie occasioni. Quindi, dato per scontato che sia veloce, che il matrimonio con la Ferrari prima o poi darà i suoi frutti, cosa insegna la storia? La storia della F.1 insegna che spesso non è mai stato il più veloce pilota in squadra a vincere il titolo. Gli esempi non mancano.
Facendo un salto di appena 50 anni fa, Clay Regazzoni era certamente più veloce di Niki Lauda, che alla BRM bastonava regolarmente, tanto da volerlo al suo fianco alla Ferrari, certo di ripetere l’operazione. Ma il mondiale fu vinto da Niki Lauda nel 1975, che era certamente meno veloce di Clay ma aveva più testa e capitalizzava al meglio. La stessa storia si è ripetuta nel 1977, con un Carlos Reutemann certamente più veloce di Niki ma incapace di mettere a segno questa superiorità. E parlando di Lauda, pure il terzo centro è stato ottenuto contro un pilota più veloce di lui in squadra: Alain Prost. Un Prost che ha fatto tesoro dell’esperienza a fianco di Lauda, tanto che poi, nell’86 (con quel finale a tre in Australia) fece il bis pur avendo un Rosberg che era un mastino. E nell’89, con un Ayrton Senna al fianco, Prost fu capace di vincere il mondiale (con relative polemiche e strascichi vari) pur sapendo e riconoscendo che Ayrton fosse nettamente più veloce, uno che a Suzuka era capace di mollargli oltre due secondi al giro in qualifica, tanto per capirci. E che dire di un Damon Hill che non era meglio di Jacques Villeneuve o un Frentzen che era più veloce di Jacques, ma il mondiale andò al canadese? Insomma, essere il più veloce in squadra non sempre vuol dire essere il vincente.
E tornando a Eddie Irvine, parla proprio lui che da Schumacher le prendeva regolarmente eppure nel 1999 ha sfiorato il mondiale, come dire che se hai la squadra, le strategie adeguate e il supporto del team come si deve, non serve essere per forza il più veloce per vincere il titolo. Webber era a volte più veloce di Vettel, ma a volte, ovvero era incostante, Nico Rosberg era nettamente inferiore a Lewis Hamilton, ma nel 2016 il mondiale lo vinse lui, a conferma che fra essere veloci ed essere vincenti, ci sono altri parametri da rispettare. E parlando di Leclerc con Sainz, non è che lo spagnolo abbia sfigurato nella lunga distanza. L’anno scorso ha vinto l’unica gara a Singapore, in classifica generale ha pagato pegno per quanto accaduto a Las Vegas, per cui siamo sicuri che bistrattarlo e credere che avendo il più veloce in squadra, i problemi siano risolti? La storia dice di no.