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C’era una volta Bernie Ecclestone che per rendere appetibile alle TV di tutto il mondo i GP di F.1, provvedeva a cambiare gli orari in base alle varie esigenze. Infatti, se in Australia si correva alle 4 del mattino ora italiana, ci pensò lui a spostarla di tre ore per consentire alla gente di vederla senza alzarsi di notte. Era per l’audience. Stessa cosa se andavi in Messico o negli USA. Anticipava gli orari perché sapeva che in Europa la conclusione a tarda ora avrebbe impedito di avere un certo ritorno stampa.
Insomma, per ogni fuso (vedi le prime gare in notturna a Singapore e nel medio Oriente) un compromesso adeguato per far sì che i giornali, le TV e le radio potessero avere la massima audience. Poi i giornali sono andati in crisi, il web in tempo reale danno le notizie e in quanto alle TV ne è rimasta solo una che trasmette in esclusiva e fa quello che le pare. Poi sono arrivati quelli bravi, quelli dello show a tutti i costi e chi doveva gestire gli orari, leggi FIA, si è persa in altre questioni che con la diffusione ha poco che fare.
Poi arrivi negli USA, ad Austin e scopri a fine gara, quando in Italia era notte fonda, che è arrivata la doppia squalifica di Hamilton e Leclerc per via del fondo della vettura troppo consumato e pertanto non in regola con le norme attuali. Ovvero, una gara che già si è conclusa tardi in Europa con una classifica che viene stravolta durante la notte, come dire quello che avete visto non è vero e si ricomincia. Con una presenza di 432 mila spettatori nel weekend, il GP Usa ad Austin si è rivelato un successo, peccato che sia circondato dalla prepotenza e quasi spocchiosa gestione completamente made in USA di un avvenimento, la F.1, che resta profondamente europeo se non italiano addirittura.
Una sorta di gestione alla marchese del Grillo. Per chi non lo ricordasse, il marchese del Grillo è stato un film che è entrato nella storia soltanto per una frase, quella in cui il suddetto marchese, interpretato da Alberto Sordi, arrestato e poi rilasciato dalla polizia, a chi chiedeva perché a lui fosse stato riservato un trattamento di favore, lui rispose con una frase diventata un classico nel lessico nazionale: “Perché io so io e voi non siete un c…”. Ecco, la F.1 di oggi con la gestione made in USA di Liberty Media, rappresenta perfettamente questa filosofia del “io so io e voi…” perché ad Austin, Texas, con 7 ore di fuso orario di differenza, se ne sono guardati bene dallo spostare gli orari del week end e così abbiamo avuto la sessione di qualifica del venerdì che si è conclusa a mezzanotte, il sabato la gara sprint è partita a mezzanotte e finita poco prima dell’una.
Pensate che in Messico andrà meglio? Guardate gli orari e poi parliamone. Le libere finiscono all’una di notte, le qualifiche verso mezzanotte. Come dire che il 90 per cento, se non di più, dei giornali europei e tutti quelli medio orientali, per non dire degli asiatici, non avranno il risultato delle prove e magari della gara. Per quello, se non ci sono stravolgimenti, se ne parla 24 ore dopo. Se va bene. Se per gli Europei, che lavorano nell’informazione, ha significato non dare spazio alcuno ai risultati, visto che i giornali sono già in chiusura e i TG a quell’ora avevano altro da mandare in onda, di fatto il week end sul vecchio continente è vissuto sul riporto di qualcosa che è stato, mentre le dirette da Austin ha raccolto poco meno del 2 per cento di share, ovvero un’asta coi quadri di Teomondo Scrofalo (personaggio immaginario di un programma comico TV) avrebbe fatto senza dubbio meglio. Non andiamo oltre, basterà vedere in Messico cosa succederà. Non parliamo poi del medio oriente, di quelle terre assolate e desertiche che versano a Liberty Media fior di quattrini: fra Bahrain, Arabia Saudita, Qatar e Abu Dhabi, ogni anno contribuiscono con oltre 200 milioni di euro alle casse americane. Per loro le qualifiche e la gara sprint erano da notte fonda, viste le altre due ore di fuso orario. I nuovi tifosi, fra cui quelli arabi, di alzarsi alle 3 del mattino per vedere 19 giri di noia mortale, difficilmente lo hanno messo in preventivo.
E quindi, il succo della questione è: a che serve una F.1 made in USA dove il mercato di riferimento è quello USA, dove lo show deve essere USA e la promozione made in USA? Le pagliacciate coi piloti con lazo, baffi e cappello da cow boy, le livree speciali con stelle e strisce, le famose americanate, servono per il pubblico locale. Idem per i caschi celebrativi, con i volti dipinti da Dias de los Muertos, che in Messico di questi tempi vanno per la maggiore. Pagliacciate ad uso e consumo locale per dare linfa e vitalità alla F.1. E allora, vogliamo la par condicio noi europei. Ovvero le gare e le qualifiche quando vogliamo noi e non quando gli orari vanno bene agli spettatori americani: meno di 2 milioni per Miami a fronte di una popolazione di 300 milioni di abitanti, quanto l’Europa, ma con la differenza che i 2 milioni li facciamo solo in Italia quando va male.
Vogliamo una livrea speciale Red Bull, Haas e Williams coi colori italiani, con i nostri monumenti e i piloti Ferrari vestiti da gondolieri a Venezia, visto che lì li hanno conciati da pagliacci coi baffi e foulard da vaccari. Se poi aggiungiamo che mentre in Italia elemosiniamo uno sconto per ospitare la gara e che negli USA Miami e Las Vegas sono a carico di Liberty Media, che Germania e Francia non hanno un GP eppure hanno industrie auto di prim’ordine mondiale, questa corsa al pubblico made in USA, con gli orari che fanno comodo a loro, con le pagliacciate che piacciono a loro, ma sacrificando la platea dei vecchi appassionati europei, alla fine diventa proprio l’ennesimo modo di mostrarsi al mondo. Tutto in nome dei nuovi tifosi, perché i vecchi, si sa, sono destinati a sparire e quindi si punta sul superfluo, con regole astruse, gare sprint con idee di griglia invertita, di rutti e salsicce durante i pit stop e via così.
E’ una F.1 artificiale, a qualcuno piace, ma non è detto che per forza di cose il nuovo debba essere sempre meglio del vecchio. Basterebbe eliminare qualche regola assurda, rendere il week end di gara con uno svolgimento logico: il venerdì oggi vale per la domenica, il sabato fa testo a sé e non si capisce quale sia il meglio. Manca una FIA che faccia poche regole, ma sensate, che regoli gli orari delle gare in base alla media delle esigenze di tutti o di chi da decenni ha mantenuto in piedi la baracca. Poi se Liberty Media cerca di guadagnare soldi da uno show come la F.1, fa solo il suo lavoro. Non è una Onlus, deve produrre reddito e rendere appetibile un evento sportivo. Ma la F.1 di oggi è ancora più autoreferenziale di ieri, una F.1 che si parla addosso e se qualcuno (Verstappen, Hamilton, Toto Wolff) comincia a storcere il naso, forse è arrivato il momento di dare una sistemata a tutti i livelli. Orari, regole (track limit in primis per non parlare degli assetti da cambiare in parco chiuso, una idiozia voluta anni fa da Mosley per introdurre difficoltà artificiali alla categoria). E’ una F.1 alla marchese del Grillo, loro so loro e noi non siamo un …