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Mentre il parlamento italiano boccia le quote rosa e la parità di genere, il mondo della F.1 lo incoraggia e lo cerca. Una donna al volante di una monoposto non è una novità, ma negli ultimi anni sono cambiati alcuni aspetti della società civile, che ne rendono urgente il loro ritorno in pista ai massimi livelli.
Quest’anno sarà la scozzese Susie Stoddard, 31 anni, coniugata con Toto Wolff, responsabile team Mercedes F.1, a presentarsi al volante in un paio di Gran Premi. Ingaggiata l’anno scorso come pilota collaudatore della Williams, sarà proprio con una monoposto di questa scuderia che parteciperà alle prove libere del venerdì del GP di Gran Bretagna e di Germania.
Dopo oltre un ventennio torna la presenza in rosa in F.1 in un week end del mondiale: l’ultima donna a schierarsi in pista fu la romana Giovanna Amati con una Brabham nel 1992. Era la compagna di squadra di Damon Hill che poi vinse il titolo mondiale con la Williams quattro anni dopo e la nostra pilotessa, in quelle poche occasioni in pista, gli stava pure davanti…
Le precorritrici dei tempi
Altre ragazze hanno già guidato monoposto, la prima in assoluto fu Maria Teresa De Filippis negli anni 50, pilota ufficiale Maserati F.1, gracile ma grintosa da mettere paura ai rivali dell’epoca, che pure si chiamavano Fangio e Ascari. Oggi la De Filippis segue il gruppo Ancient Pilote de F.1, ma fu un’altra italiana, l’unica finora, a segnare punti nel mondiale. Si chiamava Lella Lombardi e avvenne nel GP di Spagna del 1975, prematuramente interrotto a causa di un incidente mortale: un pilota tedesco, Stommelen, ruppe l’ala posteriore e decollò in mezzo al pubblico uccidendo cinque spettatori.
E parlando di scomparse, proprio l’anno scorso ci fu la drammatica morte della spagnola Maria De Villota, deceduta per le conseguenze di un incidente in cui si ferì gravemente alla testa durante un collaudo con la Marussia F.1.
«È un'opportunità incredibile e una grande sfida per me», ha affermato la Wolff, e per ora di più non può dire, ma già l’anno scorso la bionda Susie aveva svolto dei collaudi sulla pista di un aeroporto privato in Inghilterra, per testare dei particolari aerodinamici. In quanto ad esperienza ha già corso in F.3 e in altre categorie sport, insomma non è del tutto digiuna di competizioni, anche se la F.1 è altra cosa.
Se ne accorse l’altra scozzese, Divina Galica, che negli anni 80-90 partecipò a qualche gara non valevole per il mondiale, e lo stesso fecero Katrine Ledge (che distrusse la Minardi nei primi giri di test) oltre un decennio fa. Negli USA c’era grande attenzione per Danica Patrick, che a Indianapolis si è distinta in alcune occasioni, ma il mondo della F.1 è difficile e complicato al punto che la presenza femminile è piuttosto rara. Eppure, come si diceva in apertura, sono cambiati gli scenari.
Gli scenari cambiano con i tempi
Una volta la donna sceglieva il colore dell’auto comprata dal marito. Oggi no, è lei che vuole il tipo di modello, l’utilità per il lavoro o la famiglia. E il marito si adegua. Lo sanno alla Mercedes e lo sanno alla Renault, presenti in F.1 che in listino hanno modelli che strizzano l’occhio alle donne dinamiche, sportive e decisioniste. Insomma, la donna al volante si è mascolinizzata, lo dicono le ricerche degli istituti assicurativi. Sono ancora le più brave, fanno meno incidenti, ma in quanto a comportamenti maleducati hanno forse superato gli uomini.
Forte di queste tendenze, il mondo della F.1 non poteva starsene a guardare. Per ora è un piccolo passo verso quella parità di genere che nello sport non esiste (donne e uomini rigorosamente separati) tranne che nel mondo dei motori. E non è un caso che nelle categorie minori, siano tante quelle brave e veloci che battono regolarmente i maschi. E guarda caso, spesso sono le italiane, vedi Michela Cerrutti o Alessandra Neri, Alessandra Brena o Valentina Albanese. In questo la parità di genere le italiane in pista l’hanno già conquistata.