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Cinque secondi e due punti di penalità sulla patente: così si è conclusa la saga dell’infrazione – pardon, delle infrazioni, plurale – di Sergio Perez in regime di Safety Car durante il Gran Premio di Singapore 2022 di Formula 1. Leggendo i documenti ufficiali della FIA, si ricostruisce l’arcano. Il primo sgarro, occorso durante il decimo giro, è valso a Perez una reprimenda. Il secondo, avvenuto in occasione di un altro stint in pista della Safety Car, al giro 36 in curva 9 e 10, ha fatto scattare un richiamo dalla direzione gara, trasmesso dalla Red Bull al messicano. Il terzo, occorso nello stesso giro, di lì a qualche cambio di direzione, è costato la sanzione a Perez.
L’epilogo di questa vicenda è arrivato quando a Singapore la domenica era già un ricordo lontano, a più di tre ore dal termine della corsa e ancora di più dal momento in cui i commissari avevano fatto sapere di aver “notato” l’accaduto. Il motivo di tanta attesa, ex post, appare piuttosto chiaro. I commissari hanno atteso la fine della corsa per avere il dato finale del distacco tra Perez e il secondo classificato, Charles Leclerc, e agire di conseguenza, comminando una sanzione che non avrebbe alterato la classifica a ore dai festeggiamenti sul podio. Tempistiche bibliche come queste, però, sono inaccettabili.
Non è possibile che un’infrazione chiaramente identificata dal regolamento – dieci monoposto di distanza si mantengono o no, non ci sono zone grigie – venga investigata dopo la corsa nel caso in cui occorra ben prima dei giri finali. Eventuali attenuanti, come le condizioni della pista, sono identificabili da subito, senza attese frustranti per tutte le parti coinvolte, a partire dagli spettatori, costretti a rimanere incollati alla TV o agli smartphone per avere notizie. I commissari avevano a disposizione tutto il tempo necessario per esprimersi, senza innescare alcuna polemica.
Tanto per cominciare, le decisioni andrebbero prese con tempestività perché la FIA e i suoi commissari dovrebbero avere ben chiari i precedenti di infrazioni simili, senza che altri pensino a tirarli in ballo, a volte facendo riferimento a situazioni che differiscono da quanto accaduto nel caso specifico in esame. La tanto nominata penalità di dieci secondi ad Antonio Giovinazzi – comminata nel GP di Singapore 2019 – era scattata non per il mancato rispetto della distanza dalla Safety Car, ma perché Antonio si era avvicinato troppo a una gru impegnata a recuperare una monoposto incidentata nonostante fosse stato avvisato dal suo team di tenersi alla larga. Caso diverso, penalità differente, al netto dei dubbi che si possano nutrire sul peso piuma della sanzione inflitta a Perez.
Ma il vero problema, a nostro avviso, è un altro. I piloti non dovrebbero avere modo di addurre scusanti al loro comportamento andando a colloquio con i commissari dopo il termine della gara. In situazioni lampanti come quella di Singapore, non è necessario attendere di sentire le giustificazioni dei piloti per pronunciarsi. Tanto più perché, nel frattempo, il team avrà indubbiamente trovato la chiave per tirare fuori dai guai il pilota, o quantomeno provarci. La FIA è l’arbitro della questione, e deve agire come tale, anche a fronte di eventuali proteste di chi viene sanzionato.
Dal colloquio di Perez con i commissari è risultato un documento che pare un’arrampicata sugli specchi per giustificare un epilogo che i più scafati avevano già ampiamente intuito. Degno di nota è il passaggio in cui, nell’arco di poche righe, i commissari sostengono di “non accettare” l’ipotesi che le condizioni della pista rendessero impossibile o pericoloso a Perez il compito di mantenere la distanza, ma affermano di accogliere il fatto che la pista bagnata fosse un’attenuante, assegnando a Perez la famigerata reprimenda. Categorici da un lato, bonari dall’altro. Senza contare il fatto che la recidività del messicano non ha avuto un gran peso, alla fine dei conti.
La verità è che alla FIA manca il coraggio di prendere una posizione netta fin da subito. Se si tratta di questioni di sicurezza – e le normative sui regimi di Safety Car sono chiaramente concepite con questo scopo – bisogna prendere le infrazioni di petto, decidendo senza esitazioni. La Federazione ha la tendenza a non voler influenzare la corsa con le proprie decisioni. Ma è inevitabile che sia così. E anche un’esitazione, o la scelta di non decidere, possono avere delle conseguenze devastanti. E la parte lesa, oltre ai piloti e ai team, è rappresentata anche dai fan di lunga data. Se Liberty Media sta cercando - con risultati non sempre felici, beninteso - di far innamorare nuovi fan della F1, la FIA sembra mettercela tutta a farla odiare, con scelte codarde e tardive.