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Fine ottobre del 2000. Nella sede di Hinwill, in Svizzera, si stanno preparando i programmi per i test in vista della stagione 2001 quando squilla il telefono di Peter Sauber. Il titolare del team svizzero sta varando un campionato all’insegna della concretezza e quando riceve la chiamata di David Robertson, resta stupito: “Hey Peter, ho per le mani un ragazzino che fa faville, perché non organizzi un test con la F.1 per provarlo?”.
La Sauber non cerca piloti, ma un test si può fare, anche perché ce ne è uno in programma al Mugello per fine mese e ci sono tre o quattro piloti da verificare. “Va bene, portalo in Toscana che lo faccio girare insieme agli altri che ho in lista” dice Peter Sauber, ma Robertson insiste. Quel ragazzino va forte, ma deve provare da solo per tre giorni, altrimenti il provino non ha senso. Peter Sauber ci pensa un po’, ma conosce bene Robertson e si è sempre fidato: “Va bene, ma se è una fregatura alla prima occasione te la metto in conto” ribatte Sauber. “Tranquillo, vedrai che ne vale la pena, è un fenomeno” conclude David Robertson.
Manca un dettaglio: il nome del pilota, che Sauber si dimentica di chiedere in un primo tempo: “Mi dici a chi devo fare questo regalo da 100 mila euro di test gratis?” chiede divertito il boss svizzero. “Raikkonen, si chiama Kimi Raikkonen e va forte davvero”. Peter Sauber riappende la cornetta del telefono e fra sé e sé si domanda come ha fatto a farsi prendere in giro da quella vecchia volpe di Robertson, ma poi l’istinto gli dice di fidarsi. In fondo, se va bene ha per le mani un campione da svezzare e magari rivendere, se va male non sarà un test in più a modificare le sorti della scuderia. E poi, il circuito del Mugello è una pista senza alibi: o vai forte, o sei destinato a fallire. Nel frattempo la Sauber chiede un curriculum di Raikkonen e quando scopre che in totale ha disputato appena 23 corse in auto, di cui la maggior parte con la F.Renault, qualcuno a Hinwill si chiede se per caso il vecchio Peter non sia diventato troppo vecchio per la F.1.
Va forte ma non segna tempi eccellenti
Non ancora, non sono ancora pronto per fare quello che voglio con una F.1, aspettiamo il momento buono altrimenti vanifico tutto
Ma ormai la parola è data, bisogna mantenerla e su questo Sauber è un gentiluomo all’antica. Si parte, destinazione Mugello e Kimi è pronto ad aspettare la squadra. Il primo giorno trascorre nella messa a punto dell’abitacolo e nella scoperta di una monoposto di F.1. Il ragazzo va forte, ma non segna tempi eccellenti. A tarda sera, un tecnico gli monta quattro gomme nuove e dice a Kimi di darci dentro. “Non ancora, non sono ancora pronto per fare quello che voglio con una F.1, aspettiamo il momento buono altrimenti vanifico tutto” risponde serio Raikkonen. Il tenore della telefonata viene riferito a Peter Sauber, che per il secondo giorno di test decide di andare a vedere al Mugello a chi ha messo in mano una sua F.1.
Con Sauber c’è anche Willy Rampf, sorta di Direttore Tecnico e factotum della scuderia elvetica. L’’incontro fra Raikkonen e Sauber è destinato a fare storia: uno parla poco e male l’inglese, l’altro l’inglese non lo mastica affatto. Si stringono la mano e si guardano negli occhi. È il linguaggio del corpo che convince Sauber che il ragazzino ha i numeri per correre in F.1. In carriera ha visto Michael Schumacher, Karl Wendlinger, Heinz-Harald Frentzen, Andrea De Cesaris, Nicola Larini, Gianni Morbidelli, Mika Salo e tanti altri ancora: qualcosa gli dice di fidarsi. “Di solito, appena salgono in F.1, tutti vogliono dimostrare di essere veloci, Raikkonen no. Voleva capire la macchina e poi dare il meglio. Era la prima volta che un pilota si comportava così. Mi decisi, parlai con Robertson e gli feci firmare un contratto di quattro anni”. Quei giorni di fine ottobre 2000 al Mugello, cominciò la carriera in F.1 di Kimi Raikkonen.
Per la FIA è troppo giovane
A marzo, quando il mondiale scatta in Australia, per la squadra svizzera è tempo di polemiche. La Federazione mette sotto osservazione Raikkonen, perché è troppo giovane, con poca esperienza e per i primi GP il messaggio è chiaro: alla prima che fa, il ragazzino torna a casa. Peter Sauber si accolla il rischio, a Melbourne scatta il GP e alla fine Raikkonen dimostra che può giocarsela con gli avversari. Finisce al sesto posto, marca il primo punto e la FIA capisce che Raikkonen merita la superlicenza.
La squadra lo festeggia, Peter Sauber gli fa i complimenti, ma Kimi è scuro in viso: “Non c’è niente da festeggiare per un sesto posto, dobbiamo fare festa quando si vince e oggi non ho vinto”. Ha gelato tutto il box della Sauber, ma ha fatto capire che il suo obiettivo è la vittoria, non i piazzamenti.
Peter Sauber si convince che non ha sbagliato a rischiare puntando su Raikkonen: “È una scommessa che non farò più in vita mia perché ti riesce una volta sola e a me è andata bene” dice a distanza di anni il patron della scuderia elvetica. Il 2001 è una stagione incredibile, fatta di risultati positivi e con errori ridotti al minimo. In Austria arriva un quarto posto, bissato poi in Canada, a Silverstone c’è un quinto posto e a fine stagione saranno 9 i punti marcati contro i 12 del più esperto compagno di squadra Heidfeld. Ma in Canada è successo qualcosa di importante.
L'esordio in McLaren
Mika Hakkinen ha deciso di ritirarsi dalla F.1 e avvicina Raikkonen. Gli chiede se è interessato a sostituirlo alla McLaren. La Mercedes è d’accordo nel pagare la penale e sciogliere il contratto con la Sauber. Kimi accetta e decide di fare il salto in un top team, Peter Sauber è costretto a lasciarlo libero, ma l’accordo trovato con la Mercedes, con la quale ha conservato ottimi rapporti, è presto trovato e per la stagione 2002 Kimi Raikkonen sarà il pilota della McLaren Mercedes nel mondiale di F.1. Poco loquace, silenzioso, freddo, ma dal piedone enorme, Kimi parla guidando, a chi gli fa i complimenti dopo i primi test con la Sauber, risponde serio: “Grazie, so di essere veloce, non serve che me lo dica tu”.
O quando, dopo il primo test in McLaren, i tecnici capiscono di avere uno speciale. “Hey, non senti la radio che continuiamo a chiamarti?” “Certo che sento la radio, vi ho pure risposto...” dice lui seccato. E allora i tecnici a cercare il guasto, ma la radio è in ordine. In McLaren c’è una gerarchia quasi militare, guai a sgarrare: “Guarda che la radio è ok, tu non hai risposto alle chiamate e agli ordini” e lui serio: “Invece sì, passando davanti ai box ho fatto segno di sì con la testa...” come dire che dal muretto box a precisa domanda, uno deve guardare se il casco si muove in su e in giù per dire sì o di lato per dire di no. A 300 orari... “Oh mio Dio, ma chi abbiamo preso?” disse allora il suo ingegnere di pista!
Ferrari, il suo sogno
Ma come in tutte le storie, anche in quella di Kimi Raikkonen c’è un punto importante: il primo giro con una F.1 è avvenuto al Mugello, pista di prova della Ferrari, il primo motore usato in F.1 è un motore Ferrari, di quelli clienti ma sempre marchiato col cavallino, così come Ferrari era il motore del debutto in gara. Dopo cinque stagioni al volante della McLaren, a metà 2006 la strada di Maranello incrocia nuovamente quella di Kimi Raikkonen. Si parla di lui come del sostituto di Michael Schumacher al volante della vettura più amata della F.1. Kimi continua ad essere freddo, anche dopo che ha vinto la prima gara della carriera, nel 2003 in Malesia, e ha conquistato quattro podi di fila e si è giocato il titolo mondiale contro Schumacher fino all’ultima prova, in Giappone, quando ha concluso al secondo posto dietro a Barrichello, altro ferrarista.
Quando a Monza nel 2006 Michael Schumacher ha annunciato il ritiro e la Ferrari ha annunciato l’arrivo di Kimi Raikkonen, per il finlandese è stato come togliersi un peso dallo stomaco. La squadra italiana gli era sempre nel cuore ma per ovvi motivi non poteva dirlo ai quattro venti
Altro mondiale sfumato fu quello del 2005, quando il rivale fu Fernando Alonso, ma stavolta non contava perché nel mirino di Kimi c’era quella Ferrari che dal primo passo in F.1 lo aveva affascinato. Quando a Monza nel 2006 Michael Schumacher ha annunciato il ritiro e la Ferrari ha annunciato l’arrivo di Kimi Raikkonen, per il finlandese è stato come togliersi un peso dallo stomaco. La squadra italiana gli era sempre nel cuore ma per ovvi motivi non poteva dirlo ai quattro venti. Lo si è capito nel giorno del debutto nel GP d’Australia del 2007. Con un cavallino rampante stilizzato sul casco e in bella evidenza sulla tuta, Kimi Raikkonen, sei anni dopo il debutto in F.1, ha ritrovato quel motore e quella squadra che aveva visto solo a distanza.
Le emozioni, per lui uomo di ghiaccio, erano tantissime e quando ha visto il suo nome davanti a tutti, alla fine delle prove ufficiali, Kimi Raikkonen ha capito di avere la stoffa per essere un pilota della Ferrari. Poi la gara: partenza al palo, in testa praticamente da solo e senza rivali e prima vittoria al volante della Ferrari. Missione compiuta: il ragazzino con la voglia di F.1 e con la rossa nel cuore, ha raggiunto il primo obiettivo, quello che sei anni prima covava segretamente nel cuore e che non ha mai confessato. Diventare pilota della Ferrari e vincere con la squadra del cavallino rampante.
Raikkonen ce l’ha fatta. E non c’è dubbio che ce la farà un giorno a raggiungere gli altri obiettivi della sua carriera. Vincere, vincere e vincere. Sempre con quel cavallino rampante in bella evidenza sul volante. Dopo il mondiale del 2007, il resto è noto. Il ritiro, la passione per i rally, il ritorno a Maranello. Un uomo di ghiaccio. Che fonde solo quando incontra un cavallino rampante.