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Il 17 luglio di quattro anni fa moriva Jules Bianchi: il talento nizzardo si arrese alle conseguenze devastanti dell'incidente occorsogli nel GP del Giappone del 2014 dopo nove mesi di strenua lotta. Il danno assonale diffuso dovuto alla fortissima decelerazione sostenuta nell'impatto contro una ruspa in pista per recuperare la monoposto di Adrian Sutil non gli lasciò scampo. Dopo oltre un mese passato in Giappone, Bianchi fece ritorno nella sua Nizza, dove spirò l'anno successivo.
La morte di Bianchi, talento in ascesa della F1 con i suoi 25 anni, sconvolse sia l'ambiente che i tifosi della Formula 1: bisognava tornare al 1994, con le morti di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, per risalire all'ultima scomparsa di un pilota di F1 per le conseguenze di un incidente occorso in gara. «Le morti di Senna e Ratzenberger sono state le ultime. Hanno dato la vita per lo sport, grazie a loro la Formula 1 è più sicura», aveva detto lo stesso Bianchi pochi mesi prima dello schianto, ad Imola in occasione del ricordo di Senna a 20 anni dalla morte del brasiliano.
Così purtroppo non è stato: sotto la pioggia battente di Suzuka, con l'avvicinarsi dell'imbrunire, Bianchi trovò davanti a sé un destino beffardo, lo stesso del prozio Lucien, vincitore della 24 Ore di Le Mans del 1968 morto l'anno successivo in seguito ad un incidente proprio al Circuit de la Sarthe. Una famiglia votata al motorsport, quella di Bianchi: il padre di Jules, Philippe, gestiva un kartodromo su cui il piccolo Jules mosse i primi passi in pista.
Dopo i kart, il naturale passaggio alle monoposto, con la vittoria del campionato di Formula Renault 2.0 francese nel 2007 e il successo nella Formula 3 europea due anni più tardi. Un test per giovani piloti organizzato dalla Ferrari gli diede l'opportunità di farsi notare dalla Rossa e di entrare così a far parte della Ferrari Driver Academy. Il debutto in F1 arrivò nel 2013 con la Marussia, scuderia nella quale militò anche l'anno successivo.
Quando ebbe l'incidente a Suzuka, Bianchi era ancora poco conosciuto dal grande pubblico: dopotutto, correva in una scuderia di fondo classifica. Si era in ogni caso già fatto notare, grazie allo straordinario nono posto colto nel GP di Montecarlo del 2014: punti pesantissimi per la Marussia, che consentirono al team di Banbury di partecipare alla stagione successiva. Al momento dello schianto, Bianchi era apparentemente pronto ad un salto di carriera importante.
La Ferrari, infatti, aveva avuto modo di rendersi conto delle qualità di Bianchi impiegandolo come test driver nel 2011 e seguendolo attivamente nella sua avventura con la Marussia. Con l'addio di Fernando Alonso a fine 2014, Bianchi avrebbe avuto l'opportunità di una promozione alla Rossa. Proprio la scuderia di Maranello ha voluto ricordare Bianchi oggi: «Sarai sempre uno di noi. Ci manchi molto, Jules», si legge sull'account Facebook della Ferrari.
L'eredità di Jules, strappato troppo presto alla vita e al mondo delle corse che tanto amava, è stata raccolta da Charles Leclerc, legatissimo a Bianchi. Cresciuto anche lui sulla pista di papà Philippe, Leclerc aveva un rapporto speciale con Bianchi, che era il suo padrino. La morte di Bianchi ha segnato fortemente Leclerc, che è diventato ancora più determinato a raggiungere la F1 e a coronare il sogno di Jules, arrivando in Ferrari.
Così è stato, e a quattro anni dalla scomparsa di Bianchi, Leclerc, elegante e gentile come Jules, porta con sé i suoi insegnamenti, continuando idealmente il percorso interrotto anzitempo dall'amico e mentore per colpa di un tragico schianto sotto la pioggia.