Intervista a Kimi Raikkonen: decano e recordman della F.1 moderna

Intervista a Kimi Raikkonen: decano e recordman della F.1 moderna
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Il pilota Alfa Romeo, ex-campione del mondo con la Ferrari, parla della sua vita fuori dal Circus e del futuro: ancora in pista.
16 novembre 2020

328 volte Kimi Raikkonen e non li dimostra. Il decano nonché recordman di presenze in F.1 sembra vivere una seconda giovinezza con Alfa Romeo che gli ha prolungato il contratto anche per la prossima stagione, portando a tre gli anni di presenza col team del Biscione made in Svizzera. Un altro anno ancora e il record di presenze destinato ad allungarsi, a diventare forse qualcosa di unico nel panorama mondiale. Kimi è un personaggio molto particolare: è il più social fra gli asociali. Parla a monosillabi, ma ne basta uno per fare un discorso completo. Kimi Raikkonen è il paradosso della F.1 moderna.

Eppure ha lo spirito del pilota di altri tempi, di quelli che parlano poco ma comunicano tanto. Il palmares è di rilievo: un titolo mondiale F.1 con la Ferrari nel 2007, 21 GP vinti, 103 volte sul podio, 46 giri più veloci, 18 pole position. E la voglia di provarci ancora. Sposato dal 2016 con Minttu Virtanen, due figli, Robin di 5 anni e Rianna di 3, il "playboy" scapestrato della F.1, quello che si presentava alle premiazioni ufficiali FIA completamente ubriaco, quello delle bisbocce serali alla vigilia dei GP, ha messo la testa a posto. E' bastato vedere un video su un social, messo dalla moglie, di quando al ritorno da un gran premio gli sono andati incontro i due figli. Come spesso succede nelle famiglie normali, con vite normali e non con un impiego a 300 all'ora.

Da quando è diventato padre è cambiato qualcosa nella sua vita, nel suo modo di fare e nel suo lavoro? "Sì, come credo sia normale in tutti coloro che diventano genitori, anche se non lo metti in preventivo. Succede. Altri magari cambiano stile di vita pensando di prendersi cura dei figli, preoccuparsi per loro, cambiando qualcosa nella propria esistenza, ma io non ho cambiato niente per quanto riguarda la mia attitudine in pista. Quello che facevo prima lo faccio ancora. Poi, nella vita di tutti i giorni, è un'altra storia, qualcosa di diverso accade di sicuro nella gestione della famiglia, dei figli. In questo sono molto normale".

Intendevamo dire che prima di diventare padre la F.1 era la cosa più importante della sua vita, adesso magari è subordinata ad altri interessi... "Veramente la F.1 non è mai stata la cosa più importante della mia vita. Certamente era l'attività che prendeva la maggior parte del tempo della mia giornata, per i viaggi, le prove, l'impegno che ci vuole per correre in F.1, ma non è mai stata la priorità della mia vita, mi ha preso molto tempo senza dubbio, ma non è mai stata la cosa più importante della mia vita. Lo ribadisco, anche se ha occupato la maggior parte del tempo della mia vita non era la mia priorità. Non ho mai pensato e creduto che se non avessi potuto correre, tutto il resto non avrebbe avuto significato oppure che fosse una merda, non l'ho mai vissuta in questo modo. Ovviamente ho sempre cercato di dare il massimo e fare al meglio quando ero in pista, ovviamente sono rimasto deluso quando le cose sono andate male, oppure quando ho sbagliato qualcosa. Poi, appena tornato a casa, ho fatto una vita normale, ho seguito le mie passioni, la mia famiglia, le cose che mi piacciono e fanno stare bene. Con questo non dico che la F.1 sia più o meno importante rispetto al passato, di sicuro adesso nella mia vita di tutti i giorni, quella normale diciamo, ho certamente qualcosa di più importante come i miei figli e la mia famiglia".

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Una volta lottava per la vittoria e i titoli mondiali, adesso la situazione è diversa: come fa a trovare le motivazioni per andare al massimo con obiettivi così diversi? "Onestamente non vedo la differenza, ogni gara scendo in pista per combattere. Ho vinto 21 gran premi e non vedo ragioni per non vincerne ancora in futuro. Aggiungo che ne avrei vinti di più se non avessi avuto dei guasti meccanici e macchine non sempre competitive. Quando ho debuttato in F.1 dominava la Ferrari, non come fanno adesso alla Mercedes, ed io ero in un altro team. Vincere all'epoca non era facile. Adesso è la Mercedes che domina in maniera impressionante e di sicuro si potrebbero avere più chance di vittoria senza questi domini. Nel 2005 e 2007 ho lottato per vincere il mondiale, ma non è che negli altri anni, quando ero alla McLaren, ho avuto la possibilità di farlo spesso, quindi da un certo punto di vista non vedo la differenza con oggi".

Suo figlio Robin, cinque anni, ha cominciato a provare coi kart e lo sta allenando, tanto che ha pure scherzato dicendo che coi kart a noleggio va più forte di lei: sarebbe contento se diventasse un pilota professionista? "A dire il vero non mi sono mai posto il problema, ma se dovesse farlo, perché no? Se lo vuole... Di solito ci alleniamo quando torno dai GP, ma adesso il meteo è brutto in Svizzera, dove abito e in Finlandia è ancora più freddo, per cui abbiamo sospeso gli allenamenti col kart. Direi che in un paio d'anni avremo le idee chiare su cosa vorrà fare da grande e che strada prendere. Se rimarrà un hobby oppure se vorrà farlo da professionista e in quel caso dargli il supporto che posso fornirgli. Poi magari vorrà giocare a calcio o a tennis, la cosa più importante è che faccia qualcosa che gli piace, senza costrizioni, se vorrà correre in pista, su strada o fare motocross. Deve essere libero e fare ciò che sente".

Dipendesse da lei preferirebbe indirizzarlo nei rally, dove ha corso nel mondiale, o in pista? "Non è un problema, deve decidere lui cosa vuole fare. Io gli darò tutto l'aiuto che posso. Sia che voglia fare il motocross, oppure dedicarsi alla danza invece che alle corse o se vuole solo divertirsi col kart. Magari potrebbe imparare a giocare a ping pong, avrebbe un inizio più semplice e meno complicato! Per me la cosa più importante è che i miei figli siano felici".

Certo però che ricordiamo i suoi inizi, era poco loquace con la stampa, e lo è rimasto per decenni: a Monza durante dei test privati, a una precisa domanda lei ci rispose: sì lo so e se ne andò via lasciandoci col taccuino in mano. E' alquanto difficile scambiare quattro chiacchiere con lei, sembra quasi ci goda a evitare la stampa o che non le piaccia affatto... "Ah ah, ricordo bene, ma posso garantire che sono migliorato nel frattempo. D'altronde siamo qui a parlarne. Anche perché non posso farne a meno oggi...".

Scherzi a parte, sorpreso dalla situazione attuale della Ferrari? "Beh, veramente non saprei che dire. Sono stato pilota Ferrari per tanti anni, non è la prima volta che un anno sono molto forti e la stagione seguente non sono competitivi. Faccio l'esempio del 2008: eravamo in lotta per il titolo mondiale e nel 2009 eravamo indietro e per niente competitivi. Mi sembra di vedere delle assonanze con la situazione attuale dopo che la Ferrari ha avuto un 2019 vincente. Sono cose accadute anche ai miei tempi alla McLaren, un anno si è competitivi e l'anno seguente sei fuori dai giochi. Sono cose che succedono molto spesso in F.1. Sono cose che urtano e danno fastidio e alcuni problemi loro hanno colpito anche noi in Alfa Romeo col motore, ad esempio, ma sono sicuro che miglioreranno. Non c'è ragione per non farlo".

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