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Se ne è parlato molto e in tanti non hanno ancora capito di cosa si tratti. Un utile esempio è arrivato dall’inchiesta del settimanale Autosprint di questa settimana in cui l’inviato ha tracciato i confini del gruppo che dovrà prendere in mano le redini della F.1. Quello che però non è ancora emerso con dovizia di particolari è il rischio che corre l’attuale F.1 nei confronti del nuovo proprietario. Intanto, ad esempio, il rinnovo del contratto di Monza non è stato ancora firmato per la semplice ragione che, cambiando i vertici e i fondi, non c’è stata ancora nessuna nomina ufficiale del CEO delegato alla firma degli atti ufficiali. Quindi Monza è in ordine, ma stavolta manca chi deve firmare dall’altro lato del tavolo.
Roba di poco, a giorni si risolverà, ma in un mondo in cui la F.1 si detta le regole, sceglie i posti dove fare i GP, stringe accordi fra team e federazione, i team firmano con sponsor e piloti contratti complicati e fatti di tantissime clausole, il fondo Liberty riuscirà ad avere mano libera? Ad esempio, volendo quotare la F.1 in borsa a New York, diventa fondamentale il principio di trasparenza della company e con quello che c’è in F.1, essere trasparenti in alcuni casi potrebbe essere il suicidio.
Facciamo un esempio, Vijay Mallya, patron della Force India, è bloccato in Inghilterra col passaporto sequestrato dalle autorità locali per via di alcune inchieste su presunte frodi col governo indiano e di altro ancora. Ebbene, come si può investire in F.1 portandola in borsa se una delle squadre firmatarie ha una situazione particolare da parte del proprio presidente? Influirà o meno sulla quotazione? E poi i debiti di altri (pensate a Sauber e ai suoi 120 milioni accumulati nel corso degli anni) saranno una zavorra per chi dovrà valutare il titolo in borsa?
Per non parlare degli accordi con alcuni governi che finanziano i GP. Siamo sicuri che alcune nazioni, con a capo principi o presidenti semidittatoriali vogliano far mettere il naso nelle proprie faccende? Eh sì, perché in F.1 ogni tanto ci sono ancora operazioni parallele che in borsa non sarebbero ben viste, come non saranno certamente ben viste le intromissioni del fondo Liberty in materia di regolamenti. In F.1 se li fanno da soli, scelgono i tempi, i motori gli standard di sicurezza etc. Se gli americani vogliono avvicinare la F.1 al pubblico con regole più semplici, siamo sicuri che gente come Mercedes o Renault, che spendono soldi a palate, siano disposti a semplificare qualcosa che serve come ritorno commerciale per fare più spettacolo? Per quello va bene la GP2, non certo la F.1.
L’impressione che si siano fermati ai numeri, ai soldi da intascare e a quelli da spendere, trascurando altro. E questo è il pericolo maggiore. Per cui calma e attenzione alle prossime mosse. Potrebbe essere l’inizio della fine
In base a tutti questi dubbi, alle possibili e prossime intromissioni in faccende delicate, il mondo della F.1 si chiude a riccio, c’è allo studio un progetto parallelo che potrebbe portare a una clamorosa spaccatura (negli USA con la Cart e la IRL ne hanno una certa esperienza e si è visto come è andata a finire). Quindi non è tutto oro quello che luccica e la presenza di Ecclestone diventa ancor più fondamentale, specie ora che a 85 anni dovrebbe tirare i remi in barca ma senza lui al timone, la barca rischia di arenarsi o di finire sugli scogli. Quindi attenzione agli entusiasmi, ai biglietti meno cari per il pubblico (ma come fa a intervenire Liberty visto che i biglietti sono degli organizzatori mica della F.1?) e altro ancora. L’impressione che si siano fermati ai numeri, ai soldi da intascare e a quelli da spendere, trascurando altro. E questo è il pericolo maggiore. Per cui calma e attenzione alle prossime mosse. Potrebbe essere l’inizio della fine.