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In occasione della pubblicazione in italiano del libro di Günther Steiner, Survive to Drive. La F1 raccontata dal personaggio più amato della serie Netflix «Drive to survive», edito nel nostro paese da Vallardi, vi riproponiamo il nostro pezzo pubblicato ai tempi dell’uscita del libro negli Stati Uniti. Era il maggio del 2023, e Steiner era ancora team principal della Haas, scuderia di cui era stato team principal sin dalla fondazione, nel 2016. Di lì a pochi mesi, la F1 sarebbe stata risvegliata dal torpore della pausa estiva dall’annuncio a sorpresa dell’addio di Steiner alla scuderia di Kannapolis. Si sarebbe poi scoperto che Steiner era stato avvisato della decisione di non rinnovargli il contratto da parte di Gene Haas durante le vacanze natalizie. Survive to Drive, il libro di Steiner, è incentrato sulla stagione 2022 di Formula 1, che la Haas aveva iniziato all’insegna della turbolenza. Lo scoppio della guerra in Ucraina, infatti, aveva portato al doppio divorzio da Nikita Mazepin e dallo sponsor Uralkali, società di proprietà del padre di Nikita, l’oligarca Dmitry. Era solo l’inizio di un campionato travagliato, segnato dal rapporto tutt’altro che semplice di Steiner con Mick Schumacher, di cui, si scopre leggendo il libro, Steiner non apprezzava soprattutto un parente in particolare…
Questo è il mondo di Günther Steiner, e noi ci stiamo solo vivendo. È questa la sensazione che lascia Surviving to Drive, il libro del team principal della Haas recentemente pubblicato negli Stati Uniti. Un diario della pazza stagione 2022 della scuderia americana che noi abbiamo avuto modo di leggere, e di cui vogliamo svelarvi le rivelazioni più succose, raccontate dallo scurrile e irresistibile punto di vista dell’uomo che – lo abbiamo visto con i nostri occhi in diverse occasioni – è ricercato dai fan tanto quanto alcuni piloti. Questo tenendo conto che molte sue perle non sono riportabili verbatim. Ve ne lasciamo giusto una per far intuire l’andazzo. Parlando della Haas VF-20 e della decisione di non svilupparla, Steiner dice che farlo sarebbe stato come “cercare di lucidare uno stronzo”. Noblesse oblige.
In Surviving to Drive si parla sì dei piloti del 2022, ma non solo. Steiner si dice sorpreso di quanto abbia fatto bene Romain Grosjean in IndyCar. Del pilota francese spiega “avrebbe potuto vincere il mondiale, nel giorno giusto. Ma gli è sempre mancata la costanza. Quando le cose andavano male, però, andavano male”. Grosjean – aggiunge Steiner – cercava di fare cose con la monoposto che questa non riusciva a fare. Quanto a Kevin Magnussen, spiega che era “molto giovane e immaturo” quando arrivò in F1, e che avere un anno di esperienza in più prima del debutto gli avrebbe fatto bene. Dopo l’anno sabbatico e con la reputazione che si era fatto nel frattempo – aggiunge – Kevin aveva perso fiducia in sé stesso.
Dopo un’irripetibile analogia tra le due cose in comune a tutti gli uomini – c'entrano funzioni corporali, giusto per specificarlo - Steiner racconta lo scoppio della guerra in Ucraina e i conseguenti momenti difficili, tra la posizione del padre di Mazepin, l’oligarca Dmitry, la volontà apparente del figlio Nikita di non mischiarsi alla politica e il giudizio dell’opinione pubblica. Come sono andate le cose, lo sappiamo. Ma non conoscevamo i dettagli della decisione riguardo al sostituto di Mazepin.
Il ritorno di Magnussen, rivela Steiner, fu suggerito direttamente dal gran capo Gene Haas. Lo stesso Steiner, però, la trovò un’opzione interessante, e fu lui a chiamare Kevin. Definito da Steiner “un tipo tranquillo e riservato”, non ebbe una reazione eclatante alla proposta, limitandosi a dire “sì, allora ok”. Ma quella risposta senza troppo pathos fece tirare alla Haas un sospiro di sollievo, visto il bailamme di quelle caotiche settimane.
Tra Andreas Seidl e Steiner non corre buon sangue, e il team principal della Haas spiega il perché nel libro. Non solo Seidl è stato tra gli oppositori più accesi della collaborazione tra Ferrari e Haas, ma è stato lui a opporsi al fatto che alla Haas venisse concesso del tempo extra per compensare i problemi logistici avuti nei test in Bahrain. “L’ho ringraziato per essere stato molto sportivo e gli ho chiesto perché si fosse comportato in questo modo – racconta Steiner -. Mi ha semplicemente riso in faccia. Gli ho detto esattamente cosa sarebbe successo se l’avesse fatto di nuovo e ha smesso”.
Altro grande antagonista di Steiner è Ralf Schumacher. Chiamato per nome solo la prima volta in cui viene citato, Ralf viene da lì in poi identificato solo come “lo zio di Mick”. Ralf viene menzionato più volte nel libro, soprattutto per gli attacchi lanciati alla TV tedesca, per cui lavora. Il primo riguarda il rapporto di Steiner con Mick, giudicato peggiore rispetto a quello con Magnussen. Steiner non nega, ma dice che “ho cercato di conoscerlo meglio, ma le cose si fanno in due”. È solo l’inizio, perché a Baku, dopo che un giornalista della TV tedesca gli riporta le parole di Ralf, secondo cui lui con Mick non parla e non lo aiuta, Steiner reagisce di petto.
E con il passare del tempo, nella mente di Steiner si insinua il sospetto che il parere della stampa tedesca influenzi anche lo stesso Mick. “Il mio dubbio – spiega Steiner nel periodo di Monza – è che Mick non faccia gioco di squadra”. “A volte – aggiunge – sembra che voglia fare dei giochini mentali con me”. Alla fine, arriva la scelta di non confermarlo e sostituirlo con Nico Hulkenberg. Una decisione, questa, che Steiner si aspettava fosse accolta con scetticismo. “Se Mick non si chiamasse Schumacher non interesserebbe a nessuno”, conclude lapidario Steiner.
Anche se il libro è dedicato alla stagione 2022, non mancano dei “flashback” della carriera di Steiner, compreso il periodo in Jaguar con Niki Lauda. L’aneddoto irresistibile sul tre volte campione del mondo, però, è successivo a quell’esperienza. Alle lodi di Steiner per l’interpretazione di Daniel Brühl nei panni di Lauda in Rush, Niki rispose che lo aveva preparato lui al ruolo, con un training di tre giorni. “Quindi non c’entra il fatto che sia un buon attore?”. “No, è tutto merito mio”. Indimenticabile Niki.
Dopo l’incidente di Schumacher in Arabia Saudita, il primo pensiero di Steiner è stato decidere se tentare di far lavorare i meccanici sulla vettura o decidere di ritirarla. “Non ho avuto notizie di come stesse Mick per mezz’ora dopo l’incidente, e questo ha avuto un influsso sulle cose”. E poi c’era il rischio di far lavorare i meccanici, già provati dai test e dal GP del Bahrain in successione serata e compromettere addirittura il weekend di gara in Australia.
Si arriva all’incidente di Monaco. “La prima volta che un pilota distrugge la macchina nel corso di una stagione bisogna dimenticarsene. Sono cose che capitano. La seconda volta che succede, cominci a pensare che ci sia qualcosa che non va. Un conto sono il costo e l’effetto che ha sulle nostre possibilità di andare a punti, un altro i pericoli per il pilota e le altre persone”. “Mick sembra anche non riconoscere la gravità della situazione, quantomeno pubblicamente, il che mi preoccupa”. Come sia andata a finire, ora lo sappiamo. Ma sentirlo raccontato attraverso lo sguardo di un uomo senza filtri diventato suo malgrado una celebrità è un’altra storia.