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Spy Story e Singapore. Ogni tanto un telecronista usa questi termini come intercalare per dare del falso e bugiardo a un pilota che, si vede, non gli sta troppo simpatico. Ma cosa è stata la spy story della F.1 visto che si tratta di un episodio di quasi nove anni fa?
Tutto cominciò nell’inverno del 2006, quando alla Ferrari la presenza di Jean Todt a capo della GES sportiva era ormai alla fine. Come suo successore fu indicato Stefano Domenicali, che all’epoca ricopriva il ruolo di direttore sportivo. All’interno del team c’era un’altra figura di riferimento, Nigel Stepney, che come coordinatore della squadra meccanici e punto di incontro con gli ingegneri, si occupava di diverse mansioni, dal funzionamento della fabbrica alla produzione dei pezzi. In cuor suo Nigel sperava e contava in un avanzamento di carriera, di una carica che gli desse quel prestigio (e anche lo stipendio) cui ambiva da tempo.
La storia di Nigel alla Ferrari è fatta di avanti e indietro, arrivò con Barnard alla fine degli anni ‘80, poi se ne andò con Barnard a metà degli anni ‘90 quando la stella del progettista inglese, che a Guildfor aveva preteso e ottenuto una antenna tecnologica in Inghilterra, fu smantellata da Jean Todt quando il manager francese decise, era il 1994, di portare tutto a Maranello, sia per semplificare le cose sia per tenere tutto sotto controllo. Stepney fece il suo ritorno alla Ferrari alla fine degli anni ‘90, le sue competenze ed esperienze non erano in discussione. Ma in quella fine del 2006 era scattato qualcosa nella mente di Nigel che non si accontentava più di un ruolo che riteneva inadatto. E qui nasce tutto il caso che fece scandalo in F.1.
Appena Domenicali si insediò, con Todt che faceva da padre tutore in questa fase, Stepney chiese ma non ottenne. E, deluso, cominciò a confidarsi con un suo amico ed ex collega della Tyrrell, Mike Coughlan, che tra l’altro era stato insieme a Nigel ai tempi della gestione Barnard. Ora Mike lavorava alla McLaren come progettista. Nigel e Mike si sentirono spesso in quell’inverno del 2006 e quando cominciò la stagione, GP d’Australia a Melbourne, si capì che qualcosa non andava per il verso giusto. Al volante della Rossa c’è Kimi Raikkonen che affianca Felipe Massa, Schumacher si è ritirato (forse prematuramente a dire il vero). Il debutto fu perfetto: pole position. Ma attorno alla Ferrari in pole accadde qualcosa di strano, per l’epoca e per la F.1 in genere.
I tecnici trovano qualcosa che non quadra ma la macchina non viene squalificata, c’è qualcosa nella Ferrari che va oltre le regole ma non le infrange in quanto non esiste una regola su quel progetto
Charlie Withing, il direttore di gara, era insieme a Jo Bauer, il delegato tecnico della FIA, a monitorare tutte le attività dei meccanici della Ferrari. A quel tempo chi scrive, insieme ad altri giornalisti, potevano stare in griglia fino a 5 minuti dalla partenza, oggi si viene cacciati via 15 minuti prima pena il sequestro del pass. Il movimento e i controlli dei due erano troppo strani e palesi per non destare sospetti. Pronti via, Raikkonen vince la gara e a fine corsa partono le verifiche.
I tecnici trovano qualcosa che non quadra ma la macchina non viene squalificata, c’è qualcosa nella Ferrari che va oltre le regole ma non le infrange in quanto non esiste una regola su quel progetto. Martin Withmarsh convoca la stampa e comincia a parlare di Ferrari, chiedendo che la FIA faccia chiarezza che non è legittimo quanto fatto dalla Rossa. Di che si tratta? Mistero, non ne parla nessuno. Si sa che qualcosa non va ma cosa sia non si sa. Solo che la McLaren chiede chiarimenti. E i chiarimenti arriveranno dopo un po’.
La FIA, infatti, ritiene di regolamentare le zavorre a bordo delle vetture, che devono essere fissate in posti ben precisi e verificabili dai commissari tecnici. Oibò, cosa vuol dire? Vuol dire che la Ferrari ha corso (almeno in quel GP d’Australia, prima non si sa) con un sistema di zavorra mobile posta sotto al fondo piatto che quando l’auto accelera si spostava in avanti compensando il beccheggio e in frenata si spostava indietro mantenendo l’assetto costante da terra con notevoli vantaggi.
Come ha fatto la McLaren a sapere dell’esistenza di un particolare simile che era invisibile a tutti? Lo scopriremo molto presto.