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Brasile, 2 novembre 2008. Felipe Massa taglia il traguardo da vincitore del GP del Brasile, il padre e i fratelli saltano dalla gioia nel box della Ferrari. Felipe è campione del mondo. Passano 38 secondi e Lewis Hamilton transita in quinta posizione e raccoglie i punti che lo rendono campione del mondo per la prima volta. E’ un attimo, sensazioni di esultanza diventano in un lampo una tragedia collettiva: il pubblico in tribuna non ha capito, lo speaker annuncia il mondiale di Hamilton, mentre le macchine tagliano il traguardo cala il silenzio e lentamente si capisce la portata di quegli ultimi 38 secondi di gara, una gara partita col bagnato e con la “chuva” che a pochi giri dalla fine ha condizionato il risultato finale, quando la Toyota di Timo Glock, in difficoltà con le gomme da asciutto, finisce largo e si fa superare da Hamilton proprio all’ultima curva.
In sala stampa i giornalisti brasiliani passano dalla gioia alla disperazione, quando diciamo “Hamilton ha vinto il mondiale, è Hamilton il campione” ci guardano straniti, poi la realtà li sommerge e cominciano le discussioni. Scendiamo la scalinata di metallo che diventa scivolosa e pericolosa per l’acqua che comincia ad essere ancora più fitta. Le macchine arrivano ai box, Massa piange mentre sale sul podio. Lui doveva vincere e ha vinto. Non poteva fare di più. Cerchiamo di parlare con Domenicali, a quel tempo Team Principal, la Stefano raccoglie le idee e cerca di dare indicazioni al team in vista della partenza verso l’aeroporto. Finisce la cerimonia del podio, il pubblico è affranto e nel piccolo paddock di San Paolo (non allargato come quello attuale) andiamo a caccia dei protagonisti.
Cerchiamo ovviamente il box Toyota. Troviamo Trulli inferocito: “Avevo chiamato il cambio gomme, ma John ha detto no (Howett, team principal Toyota) e lo stesso con Timo. Abbiamo buttato una gara che potevamo vincere e se vincevamo facevamo un regalo alla Ferrari, non si può sprecare così una occasione” intanto arriva il suo manager, Lucio Cavuto e dice a Jarno: “O ragà, mi dicono dalla security che è meglio togliersi il pass e non indossare niente del team, mettersi tutti in borghese, togliere le scritte e lasciare le borse coi marchi qua dentro”. I meccanici cominciano a spogliarsi sotto la pioggia mettendo camicie normali e lanciando nei bidoni della spazzatura quelle ufficiali Toyota.
Timo Glock è già scortato dalla security mentre ci avviamo verso il box McLaren troviamo in un angolo John Howett, team principal Toyota, che parla con Martin Whitmarsh, proviamo ad avvicinarci mentre la pioggia cade sempre più forte ma in quei momenti è importante capire che succede. Sentiamo Howett che si congratula con il suo omologo McLaren e dirgli: “Complimenti, noi abbiamo mantenuto fede a quanto promesso…” non riusciamo a cogliere niente di più perché Whitmarsh ci allontana bruscamente. Incrociamo Stefano Domenicali col volto bagnato dalla pioggia. Non si capisce se è l’acqua sul viso o sono le lacrime di rabbia per un mondiale sfumato così. Gli diciamo della frase intercettata da Howett e lui allontana con un gesto ogni sospetto: “Non posso credere che sia stato voluto, conosco Martin non arriverebbe a tanto” e va verso il box McLaren, vede Whitmarsh e gli allunga la mano facendo le congratulazioni per il titolo piloti appena vinto, perché la Ferrari è mondiale costruttori ma per tutti è una sconfitta pesante.
Torniamo in sala stampa a scrivere i pezzi sul GP, parlare con la famiglia Massa è impossibile: il padre è stato male, ci sono medici che lo assistono e dal box Ferrari chiedono discrezione. Lentamente le tribune si svuotano, cori di tifosi per Massa, contro Glock e la Toyota, parte la caccia al team giapponese, la security accorre in massa, escono alla chetichella da altre uscite laterali invece da quelle principale che porta subito alla strada direzione aeroporto (che è a 60 km dall’altro lato). Questo la cronaca del momento.
Poi qualche anno dopo, a Tenerife, incontriamo John Howett con la moglie in un lussuoso resort con campi da golf annessi. Ci riconosce, gli chiediamo di quella chiacchierata con Whitmarsh e lui, ormai fuori dalla F.1 dopo il ritiro di Toyota nel 2009, racconta così: “Abbiamo sbagliato la strategia, avrei dovuto ascoltare Trulli che chiedeva il cambio gomme mentre noi eravamo certi che la pioggia cessasse e non servisse cambiare le slick. I complimenti a Whitmarsh? Prima della gara avevo promesso che i miei piloti non avrebbero ostacolato nessuno in lotta per il mondiale, ma avrebbero fatto la loro gara e se potevano vincere, lo avrebbero fatto. Ribadivo questo, la nostra correttezza”. Volevamo chiedere altro, ma lui saluta, prende la sacca da golf e si avvia verso l’ennesima partita della giornata. Brasile, 2 novembre 2008, 15 anni fa e ancora qualche mistero da risolvere…