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Ci sono eventi sportivi che per un motivo o per un altro restano impressi negli almanacchi e nella memoria degli appassionati. Il Gran Premio del Belgio del 1998 è sicuramente uno di questi, e lo è stato, inaspettatamente, anche per un certo Eddie Jordan.
Ma cominciamo dall’inizio. La stagione 1998 è per i ferraristi quella della speranza, dopo un 1997 vissuto sul filo del rasoio e culminato con il fattaccio di Jerez, il 1998 può essere l’anno per l'agognata consacrazione della Ferrari che manca ormai da 19 anni. La scuderia di Maranello deve però fare i conti con una McLaren ritrovata, la MP4/13 di Newey è un autentico gioiello ed è di gran lunga la macchina da battere, solo il talento di Schumacher e l’impegno profuso dalla Ferrari su un’acerba F300 permettono di lottare contro Mika Hakkinen per il mondiale.
Si arriva dunque a Spa. Dopo una galvanizzante vittoria in Ungheria, Schumacher ha accorciato la classifica portandosi a -7 dal finlandese, e il circuito delle Ardenne è certamente uno dei suoi terreni di caccia favoriti. La qualifica però, è ancora una volta un monologo McLaren, con distacchi superiori al secondo rifilati alla Jordan di Hill, relegata al ruolo di spettatrice per tutta la stagione.
Ma domenica 30 agosto il destino, o meglio il meteo belga, ha ben altri piani. Il più tipico dei diluvi di Spa spariglia le carte. Si decide per una partenza senza safety car e dopo la prima curva, un incredibile incidente senza precedenti mette fuori gioco più di metà della griglia. Miracolosamente nessuno ne esce ferito seriamente, molti sono costretti a ricorrere al muletto di riserva, ma 4 vetture devono abbandonare la gara definitivamente. Si riparte, e subito un altro colpo di scena. Hakkinen si fa infilare sia da Hill che da Schumacher, che all’esterno della Source lo sfiora, mandandolo in testacoda. La McLaren viene a sua volta colpita dalla Sauber di Herbert: ruota e sospensione sono distrutte e il leader del mondiale deve alzare bandiera bianca.
Per Schumacher l’occasione di portarsi in testa alla classifica è fin troppo ghiotta. Sa di essere il pilota più forte a Spa, e più di una volta in condizioni meteo avverse si è dimostrato il pilota più abile. Difatti il tedesco, dopo aver preso le misure di Hill, lo infila all’ottavo giro e comincia ad imprimere un ritmo inavvicinabile, involandosi verso quella che sembra una vittoria facile. Nel frattempo nelle retrovie, i piloti cominciano a cadere come birilli, chi per noie meccaniche, chi per incidenti dovuti alla pioggia incessante. La McLaren superstite di David Coulthard naviga in solitaria in fondo al gruppo dopo un incidente nei primi scampoli di gara, quando al 25° giro viene raggiunta da Schumacher. Pare un banale doppiaggio, ma nella discesa che porta a Pouhon ecco che accade l’impensabile.
Basta un attimo, un botto nella nebbia e la Ferrari numero 3 si ritrova su 3 ruote in un’immagine passata alla storia. Quello che accade ai box è poi ben noto. Todt e Domenicali che tentano di fermare il tedesco, la rissa sfiorata e i meccanici che si mettono in mezzo tra Schumacher e Coulthard in mondovisione, anni di accuse e teorie del complotto, fino alla quasi ammissione di colpa dello scozzese di qualche anno dopo. Sta di fatto che Hakkinen ringrazia e Schumacher si ritroverà a rimpiangere pesantemente l’incidente di Spa. In pista nel frattempo, due lampi gialli si ritrovano incredibilmente a guidare in tandem la gara. Sono le Jordan 198. Da lì in poi per loro è quasi una passerella. Hill vince la sua ultima gara della carriera, mentre la festa in casa Jordan viene completata dal secondo posto di Ralf Schumacher. Prima vittoria e prima e ultima doppietta per il team irlandese. Per Eddie è forse la gioia sportiva più grande della carriera, anche se il 1999 era destinato a essere un anno memorabile.
Siamo nel 1999, e la Formula 1 ha ancora una volta un nuovo Re. Si tratta di Mika Hakkinen che dopo un lungo duello con la Ferrari di Michael Schumacher è riuscito nel 1998 ad aggiudicarsi il suo primo titolo mondiale. La McLaren a inizio ‘99 è inevitabilmente la macchina da battere, ma la Ferrari, forte di un 1997 e di un 1998 in costante crescita è pronta ad agguantare quel titolo che manca dal 1979. Mentre dalle retrovie, dopo un promettente 1998 culminato con l’incredibile doppietta di Spa, si affaccia il team di Eddie Jordan, che sembra pronto, a detta di piloti e addetti e ai lavori, a lottare per qualcosa di più. La 199 in effetti sembra un deciso passo in avanti rispetto alla 198, e già dopo i test si candida a poter dare grande fastidio a McLaren e Ferrari.
L’anno, tuttavia, comincia ancora una volta sotto il segno del duello Hakkinen-Schumacher, ma si mettono in luce anche Irvine con la seconda Ferrari, e proprio Frentzen che riesce a portarsi a casa due podi e un quarto posto nelle prime 4 gare. La Jordan torna addirittura alla vittoria nel GP di Francia rilanciando il tedesco nella corsa al titolo. Il successivo GP di Gran Bretagna è poi il crocevia fondamentale della stagione. Il grave incidente di Schumacher, costretto ad abbandonare anzitempo i suoi sogni di gloria, apre infatti a scenari impensabili fino a quel momento. Mentre Hakkinen incappa in sfortune e incidenti, tra cui il banale errore di Monza culminato col famoso pianto tra gli alberi del parco, Irvine e Frentzen cominciano a sperare nel bottino grosso.
L’irlandese, aiutato anche dal compagno Salo, coglie due vittorie fondamentali in Austria e Germania, mentre Frentzen, dopo tanti piazzamenti arriva al successo proprio in Italia, portandosi a ridosso di Hakkinen e Irvine, appaiati in classifica. Sarà poi il famoso Gran Premio d’Europa a ridimensionare le speranze di Irvine, protagonista suo malgrado del controverso episodio della gomma mancante, e a spezzare definitivamente quelle di Frentzen, tradito dalla sua Jordan proprio mentre si trovava in testa al Gran Premio in un momento divenuto iconico tra i telespettatori italiani. Il mondiale andrà poi nuovamente a Mika Hakkinen nell’epilogo di Suzuka, tra i mille rimpianti e le polemiche della Ferrari e la delusione di Frentzen. Venne poi fuori che quel famoso ritiro al Nurburgring non fu dovuto ad un guaio elettrico, come dichiarato inizialmente, ma fu una banale dimenticanza del pilota, che nella concitazione del momento, fondamentale per le sorti del campionato, dimenticò di disinserire il sistema antistallo della sua Jordan.
Chissà cosa sarebbe potuto essere per Frentzen, ma soprattutto per Eddie e la sua scuderia, arrivati ad un passo da un’impresa che sarebbe passata alla storia. Dopo quel “quasi” 1999, il Circus fu sostanzialmente avaro di soddisfazioni. Jordan decise di dire basta alla fine del 2005, non prima di conquistare però un ultima, rocambolesca ed in pieno stile Jordan, vittoria nel GP del Brasile del 2003. Eddie ha poi continuato a vivere la sua vita al massimo anche fuori dalla F1, reinventandosi continuamente come opinionista, imprenditore, viaggiatore, musicista e sportivo, mantenendo quello spirito e quel carisma che l’hanno contraddistinto nei suoi 76 anni di vita, e che l’hanno reso uno dei personaggi più iconici e apprezzati della storia del Circus.