Formula 1, qualifiche ma non solo: è crisi d'identità

Formula 1, qualifiche ma non solo: è crisi d'identità
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La debacle del nuovo format delle qualifiche è sintomatica di una crisi d'identità ben più ampia
20 marzo 2016

Uomini sull’orlo di una crisi di nervi. Guardi la F.1 e ti chiedi come sia possibile che manager di successo, gente che ha saputo creare imperi miliardari (in euro…), capace di gestire risorse, uomini, mezzi, poi alla fine si cacci in situazioni ridicole e senza senso. Come il formato delle qualifiche a eliminazione. Una cosa assurda, partorita da una mente che non sa più che fare per dare vita a delle novità al passo coi tempi. La F.1 non attira più come una volta, ma non è colpa degli ultimi due anni col dominio Mercedes. E’ il frutto di una gestione in cui ognuno portava a casa il proprio tornaconto. Vi siete forse dimenticati le qualifiche da un giro singolo? Che fecero imbestialire Ecclestone in Malesia un sabato pomeriggio e gli fecero dire “questa è una merda”. Sono passati 13 anni e Bernie ha rispolverato il lessico della Malesia dopo le qualifiche australiane. La fretta di approvarle (han passato tutto l’inverno a cazzeggiare e in una settimana vogliono rivoluzionare?) ha partorito una decisione che è stata rimangiata dopo 24 ore.

La sessione di qualifica più veloce di sempre, si potrebbe dire. Il guaio è che la F.1 non ha ancora deciso cosa deve essere, a chi rivolgersi ma soprattutto perché. Le Case ci vedono lo spot per lo sviluppo dei motori del futuro? Bene, allora studiate una formula che li faccia contenti, ma poi chi sono queste Case? Renault, Mercedes, Ferrari e Honda, con la rossa che segue i regolamenti non per vendere auto (le venderebbe comunque) ma per spirito di competizione innato. Il resto deve vendere la Clio o la Classe A, la Jazz o la Civic, che potrebbero andare (e vanno) bene anche se tutta l’elettronica della F.1. Se la categoria è così appetibile, dove è la coda di Audi VW, Porsche, Lamborghini, Peugeot Citroen tanto per citarne alcuni impegnati nelle corse? Zero, a parte i nomi citati prima il tanto decantato sviluppo tecnologico gli altri lo fanno nei prototipi, nei rally, nel GT, quindi si può fare racing a costi inferiori e per giunta in categorie combattute più della F.1, dove alla vigilia non si sa chi vince.

Il guaio è che la F.1 non ha ancora deciso cosa deve essere, a chi rivolgersi ma soprattutto perché

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In Australia la vittoria Mercedes era scontata, è andata bene che sia arrivata in modo imprevisto invece che al solito e questo aiuta l’ambiente, ma se dopo la Ferrari c’è il vuoto, il quarto e il quinto sanno di non aver possibilità di vittoria, allora tanto vale rimettere mano a tutto, lasciare ai costruttori il loro giocattolo da pubblicizzare al mondo, ma consentire a chi vuole correre di farlo senza svenarsi ma soprattutto di lottare per la vittoria. Sennò le qualifiche, le regole sui motori coi gettoni di sviluppo, le comunicazioni radio vietate, le limitazioni varie e via di questo passo, sono solo la dimostrazione di una mancanza di idee generali, di un potere suddiviso in troppe mani e di un prodotto che va rivisto radicalmente. O lo si semplifica, tornando agli albori, oppure se si vuole “drogarlo” con regole varie, tanto vale farlo come si deve…

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