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Rivali, avversari, ma anche complici e soprattutto amici. Per sempre. Fra l’ingegner Mauro Forghieri e l’ingegner Gian Paolo Dallara, era tutto questo e anche di più che univa il grande Furia e il tecnico di Varano de Melegari. Ragion per cui la seconda edizione del premio Mauro Forghieri, fortemente voluto dal gruppo con Giulio Ciceri, ma anche Mario e Matteo Vecchi nonché la moglie Elisabetta, è andata giustamente a colui che ne ha ricalcato le orme sempre nel solco dell’amicizia e del rispetto.
Enorme la commozione dell’ingegner Dallara al video in cui Forghieri descriveva il loro rapporto. In una serata in cui sono confluiti alla Dallara Academy amici e personalità di un tempo, vero parterre de roi, come si direbbe, la serata è trascorsa fra aneddoti del passato, ma anche uno sguardo al futuro in cui Gian Paolo Dallara mostra di avere perfettamente il polso della situazione attuale, fatta da una rivoluzione che a tratti sembra una involuzione. E poi i ricordi con Ferrari, Lamborghini, la Miura, il perché l’Emilia sia fucina di talenti e grandi Case auto e moto, capace di fare gruppo, tendenza e risolvere problemi che altrove erano insolubili: “Mi ricordo la prima Miura – ha raccontato l’ingegner Dallara – avevamo un cambio ZF che si rompeva sempre perché non reggeva la coppia e allora, con Ferruccio Lamborghini, andiamo in una fabbrica dove facevano i cambi per i suoi trattori, parliamo, chiediamo e finalmente abbiamo quello che volevamo. Lo stesso dicasi per le carrozzerie, con lamiere e battilastra specializzati. Ferrari aveva anche le fonderie, aveva tutto per la sua azienda, Lamborghini invece era più tagliato a livello industriale. Tante storie, tanti uomini, tante opportunità, qui bastava guardarsi attorno e si trovava chi faceva una cosa, chi l’altra, ma poi sapeva anche modificare, inventare. E’ qui che sono nate grandi storie, Ferrari, Lamborghini, ma penso anche a Pagani, Maserati anche se il loro presente al momento non è molto bello, e poi le moto, altra grande passione. Non saprei dire perché in Emilia Romagna si sia riusciti a fare tutto ciò, la realtà è che ci siamo riusciti”.
E’ stata Elisabetta Forghieri, la moglie, a consegnare il trofeo (bellissimo, finemente curato nei dettagli e per niente banale, costruito e ideato con amore e passione) al costruttore parmense, tra gli applausi di tanti tecnici e personaggi amici di entrambi: da Aldo Costa a Dialma Zinelli, da Franco Antoniazzi a Luciano Guerri, da Luca Pignacca a Marco Giachi, da Umberto Belotti a Umberto Boni, da Paolo Barilla a Bruno Giacomelli e amici giornalisti come Sabbatini, Canetoli, il fotografo Ercole Colombo, Leo Turrini, Pino Allievi. Un tuffo nel passato che ha ricordato a tutti come nascono certe storie e perché certi nomi resteranno per sempre impressi nella memoria collettiva. Un plauso a chi ha voluto questo premio Forghieri in ricordo di un tecnico a 360 gradi: “Nessuno come lui sapeva progettare motore, telaio, aerodinamica, sospensioni. Un genio come Champan, al quale mi sono spesso ispirato nel principio che le cose semplici sono quelle che funzionano di più – ha detto Dallara – non era in grado di progettare tutto, si limitava al telaio e all’aerodinamica, Mauro invece era un genio completo e nella F.1 di oggi non ci sono più e non ci saranno mai altri come lui”. E nel frattempo lo sguardo cadeva al vicino museo dove sono esposti dei veri capolavori firmati Dallara, dalla F.3 ai prototipi, alla F.1 e alla Indy. Una storia che continua e che non ha fine. Il tutto nel nome di Forghieri.