Formula 1, piloti moderni: nessuno fa il progettista

Formula 1, piloti moderni: nessuno fa il progettista
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Analizziamo i pareri contrastanti di una leggenda come Mauro Forghieri e di James Allison: quanto conta il pilota nello sviluppo di una monoposto? C’è chi dice poco, chi tanto… | <i>P.Ciccarone</i>
7 dicembre 2015

È nato prima l’uovo o la gallina? Domanda retorica per dire che su certi argomenti non c’è identità di vedute. E allora, travasando il pollaio in F.1 la domanda potrebbe essere: è il pilota che fa la macchina o è l’ingegnere che la sviluppa? Il quesito nasce dalle chiacchiere invernali al bar, dove di solito qualcuno ha la verità in mano. “La macchina non va perché il pilota non ha dato le indicazioni giuste, guarda invece quest’anno che avevamo il pilota nuovo come siamo andati bene”. Lo dicessero solo al bar, potrebbe anche starci. Di questi tempi un bianchino o uno spritz riscaldano il cuore e annebbiano la mente.

 

Lo disse però anche un celebre ingegnere a una serata di gala: «Mi dicono e ne sono certo che Fernando Alonso non sia un gran pilota, ha dato le indicazioni sbagliate per far crescere la macchina e la squadra gli è andata dietro col risultato che tutti gli anni a metà stagione si perdeva di vista il nodo dello sviluppo». Il parere autorevole era dell’ingegner Mauro Forghieri, una leggenda dei motori, mente e cuore di tante Ferrari vincenti (ma anche di ciofeche mostruose a dire il vero…).

F1 2015 AbuDhabi sab (14)
Ad inizio stagione sono state attribuite a Vettel abilità quasi taumaturgiche

 

E allora, se Alonso era una capra nello sviluppo, tesi avvalorata da moltissimi tifosi, perché i fenomeni Massa e Raikkonen non riuscivano a farla andare? «Perché la macchina se l’è fatta progettare sulle sue caratteristiche tecniche e gli altri si sono dovuti adattare a una monoposto che non era fatta per loro» concluse l’ingegner Forghieri. Espressi i miei dubbi e le riserve, in fondo davanti a un personaggio del genere, se mi dice che modificando la coda di un asino lo si può far volare davvero, io ci credo. Non lo discuto.

 

Passa il tempo, comincia una nuova stagione di F.1 e al fianco di Raikkonen c’è Vettel. Che vince la prima gara, poi la seconda, poi la terza e il nostro finnico dorme allegramente nei box, va in testacoda, sbatte contro il connazionale o bacia i muri. Insomma, sempre dietro, proprio come con Alonso. Un giornalista finlandese, Heikki Kulta, preso da tenerezza nei confronti del suo pilota e amico (celebre una serata a San Paolo dove si scolarono 13 caipirinha il giornalista e 17 il pilota che poi vinse la gara il giorno dopo…) chiede a James Allison, direttore tecnico della Ferrari, quanto conta il pilota nella progettazione di una monoposto e su cosa si basano le indicazioni per avere la macchina competitiva. Eravamo in conferenza stampa ufficiale della FIA, quindi tutto catalogato e certificato.

Con le F.1 attuali il pilota non conta nulla. Ci sono degli elementi sullo sviluppo della macchina che partono da numeri ben precisi che poi, con il progetto, cerchiamo di vedere in galleria del vento

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La risposta: «A dire il vero con le F.1 attuali il pilota non conta nulla. Ci sono degli elementi sullo sviluppo della macchina che partono da numeri ben precisi che poi, con il progetto, cerchiamo di vedere in galleria del vento. Si cercano valori di carico aerodinamico e di tenuta di strada che sono matematici, la simulazione serve a questo, per cui che ci sia Alonso o Raikkonen o Vettel al volante non cambia nulla quando dobbiamo progettare una monoposto, contano i numeri che abbiamo in mente e quelli che vediamo in galleria del vento, se poi questi numeri sono giusti o sbagliati lo scopriamo in pista nel confronto con i rivali».

F1 2015 Brasile ven 21
La stagione poco felice della McLaren-Honda sarà stata colpa di Alonso?

 

Colpito e affondato, la domanda successiva fu ancora più esplicita: «Ma allora che differenza di guida c’è fra Alonso Raikkonen e Vettel?». La risposta ancora più chiara: «Nessuna, guidano tutti e tre allo stesso modo, hanno caratteristiche simili nell’approccio alla curva, all’uso del gas e della frenata. Le uniche differenze che può fare il pilota oggi sono della messa a punto, cioè uno vuole una molla un po’ più dura sull’anteriore, uno più morbida, uno il pedale del freno più sensibile un altro meno, ma sono affinamenti particolari che non cambiano assolutamente il modo di sviluppare una monoposto e il risultato finale in pista in fatto di tempo sul giro, forse in passato il pilota poteva influire di più con le sue intuizioni, con l’adattarsi a un mezzo con difetti, oggi no, vanno tutti al massimo e sfruttano quello che noi progettisti gli diamo da guidare».

 

Quindi un tecnico moderno che ha lavorato con Alonso e Vettel ma anche con Raikkonen e Grosjean o Maldonado che sia, ha smentito il parere di un ingegnere leggenda come Forghieri. E di fatto, in un colpo solo, ha assolto Alonso dalle colpe che qualcuno voleva attribuirgli (anche se lo spagnolo aveva detto spesso alla Ferrari “non sono io che faccio le macchine, mi limito a guidarle”) e ha smentito che per lo sviluppo di una macchina un pilota oggi possa dare indicazioni precise per farla andare più forte. «Sappiamo cosa vogliono tutti, più carico, più velocità, più aderenza, sta a noi trovarli e metterli a disposizione dei piloti».

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