Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Ha lasciato tutti di stucco e profondamente addolorati tutti coloro che nel paddock avevano avuto la fortuna di conoscerlo. La scomparsa di John Button va al di là del semplice lutto di un pilota come Jenson, il figlio che corre attualmente con la McLaren, semplicemente perché John rappresentava quel misto di passione e competenza di chi sa le cose ma non se la tira per niente. Un personaggio vero, simpatico, sempre pronto alla battuta e che non si nascondeva mai dietro le scuse. Parlava chiaro, diceva quello che sapeva e sapeva di chi poteva fidarsi.
Come ho conosciuto John
Con lui il rapporto è nato nel lontano 1998 quando il figlio Jenson, supportato dall’agenzia fotografica di Keith Sutton, correva in F.Ford. Il fotografo inglese, grande amico di Ayrton Senna, forniva le immagini al settimanale Rombo per il quale facevo l’inviato in F.1. Ci disse di questo ragazzetto che andava fortissimo e che in F.Ford gli ricordava appunto Senna. Per farlo conoscere in patria doveva farlo apprezzare all’estero e così Sutton ebbe l’idea di “comprargli” dei servizi sui giornali stranieri. Gli fornimmo gli adesivi di Rombo che Jenson metteva sulla fiancata della sua F.Ford e Sutton ci mandava le foto con intervista del pilota.
Con la pubblicazione del giornale in Italia, ma anche in Francia e in Germania con altre testate, Jenson fu apprezzato anche in casa. Se i giornali stranieri parlano di lui, Autosport lo trascura? Giammai e così nacque la conoscenza con Button e famiglia, conoscenza che divenne sempre più stretta quando arrivò in F.1, specie alla Renault al fianco di Trulli. Qui John giocava in casa. Il padre di Jarno era stato il meccanico nei kart di Jenson e Button senior era stato il compagno di squadra del padre di Alex Wurz quando correva nel rally cross. Insomma, ci si ritrovava tutti insieme a far casino e a ricordare i vecchi tempi coi figli di questi tre grandi personaggi, Wurz senior, Enzo Trulli e papà Button, fra bicchieri di vino che giravano nel motor home.
Nel paddock era un personaggio
John era amatissimo dai meccanici inglesi, anche perché la sera una bella birra la bevevano tutti insieme, si rideva, si faceva casino come poche volte e anche l’essere italiani, per uno come John, non era un problema, anzi meglio ancora, si faceva bisboccia per due. La cosa diede fastidio a Briatore che gli chiese di allontanarsi dal motor home degli sponsor e di spostarsi in quello della squadra perché alcuni finanziatori della Renault, con la mosca al naso, non gradivano questa presenza. Per tutta risposta John si alzò, prese una birra e andò a fare cagnara coi meccanici che lo applaudirono a scena aperta. In pista, però, Jenson faceva da solo, il padre non interveniva, non rompeva le scatole, stava sempre a margine e non metteva il naso nelle faccende del figlio. Abitudine presa anni prima.
“John era amatissimo dai meccanici inglesi, anche perché la sera una bella birra la bevevano tutti insieme, si rideva, si faceva casino come poche volte”
Quando Jenson correva coi kart, ad esempio, dovette subire le “angherie” del padre di Trulli. Lo ricordava lo stesso Jarno. Un giorno vicino a Sarno faceva un caldo incredibile e Jarno lavorava sul kart di Jenson dando una mano al padre. Là vicino c’era anche John Button che osservava e aiutava se lo chiedevano. A un certo punto Jarno chiese a Jenson perché non togliesse la tuta, visto il caldo atroce. “tuo padre ha detto di no” rispose Jenson. Jarno andò dal padre Enzo e gli chiese il motivo: “E che ne so, lo sai che non parlo inglese, quando mi chiede una cosa due volte gli dico yes e una gli dico no, è stato sfortunato che si è preso il no a una domanda così”. John Button, là vicino, si prese le scuse di Jarno ma replicò che non c’era problema: “Jenson deve fare quello che gli dice la squadra e obbedire” e finì con una birra in mano. Questo stile lo ha sempre portato con sé finendo per essere apprezzato e amato nel paddock, dove tutti lo stimavano per la simpatia e intelligenza.
Parlava spesso con Domenicali, anzi è stato proprio lui a darmi la dritta delle trattative mancate fra Jenson e la Ferrari: «Stefano è una brava persona, sta lavorando bene, voleva dare a Jenson un anno di contratto, se ne offriva due accettavamo al volo, altrimenti si resta qua in McLaren, anche se alla Ferrari si mangia e si beve meglio di qua!». Naturalmente la fonte dell’indiscrezione rimase segreta, così come Button senior chiedeva. Ma John si preoccupava anche per un altro pilota, Lewis Hamilton, che era il rivale del figlio: «Mi spiace che soffra, non sta bene, si lascia con la fidanzata, non va d’accordo col padre, si è fatto prendere dallo star system, provo a stargli vicino è un bravo ragazzo».
Quella bevuta con padre di Perez...
E che dire l’anno scorso col padre di Perez? In pista il figlio e Sergio erano ai ferri corti, i due si erano pure toccati e nel motor home in Canada che succede? Che John Button prende un paio di birre, abbraccia il padre di Perez e gli dice di bere insieme, che in pista sono cavoli loro e nel paddock devono divertirsi. Alla fine Perez senior venne steso dal padre di Button che con orgoglio, la mattina dopo in hotel, si divertiva un mondo: «Ho mostrato come battere un rivale pericoloso, mio figlio dovrebbe impararlo ma non credo che in pista facciano bere Sergio…» e giù a ridere.
“Uno come John Button, che la sera incontravi nei migliori ristoranti o nei bar più malfamati della città, era uno vero, che amava i motori e aveva uno stile fatto di passione ed educazione”
Non deve stupire se dopo il divorzio dalla moglie John ha cresciuto il figlio Jenson insegnandogli tante cose e non deve stupire se col primo stipendio da pilota Jenson ha comprato una casa decorosa per il padre che negli ultimi anni si era trasferito vicino a Montecarlo. E non deve stupire se la notizia della scomparsa di questo personaggio ha colpito tantissimi tifosi, tanto che alla McLaren sono rimasti sorpresi dai messaggi ricevuti da tutto il mondo.
Un uomo vero, con la passione per i motori
Uno come John Button, che la sera incontravi nei migliori ristoranti o nei bar più malfamati della città, era uno vero, che amava i motori e aveva uno stile fatto di passione ed educazione. Ecco perché fra tanti padri di piloti, lui era uno speciale e anche chi non lo ho conosciuto, ne ha sentito la perdita.