Formula 1: Michele Alboreto, vent'anni dopo

Formula 1: Michele Alboreto, vent'anni dopo
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A vent'anni dalla sua scomparsa in un test con Audi in vista della 24 Ore di Le Mans al Lausitzring, il nostro Paolo Ciccarone ricorda Michele Alboreto
23 aprile 2021

Caro Michele, sono trascorsi ormai venti anni da quel giorno, ma forse non ci crederai, abbiamo sempre l'impressione che tu sia qui con noi. Non ti chiedo come stai, ormai fai parte di un olimpo di eroi senza tempo in cui la tua dimensione umana è poca cosa rispetto al tuo stato attuale. Però mi fa malinconia pensare che dopo quella nostra ultima chiacchierata a Monza, non siamo più riusciti a fare niente. Eh sì, perché 20 anni dopo quel tuo sogno nel cassetto è ancora attuale e merita di essere completato. Ci avevi visto giusto quando dicesti che dopo Fisichella e Trulli non avremmo avuto più piloti italiani in F.1 per parecchio tempo e ci avevi visto giusto con Piero Ferrari sul progetto per sviluppare i nostri ragazzi fra categorie varie e supporti che mancano ancora. Purtroppo la tua mancanza si fa sentire e anche se speravamo in un successore della tua opera, si è fermato tutto per strada ed è lì pieno di polvere.

Lo so, ti faccio incazzare a ricordarlo, pensiamo alle cose belle. Le tue bambine non sono più bambine, ma donne affermate e Nadia è sempre la dolcissima Nadia che abbiamo conosciuto da ragazzi e oggi osserva con orgoglio le due ragazze, anzi donne, Noemi e Alice. Tuo fratello Ermanno lo vediamo ogni tanto su facebook, una diavoleria americana che ha il pregio (ma anche tanti difetti) che ci consente di stare in contatto e di divulgare ricordi, aneddoti e storie. Le tue sono quelle più amate, perché vedi, caro Michele, tu non te ne sei accorto ma avevi qualcosa di speciale. Eri persona per bene, un ragazzo coi sogni più grandi di lui eppure li hai realizzati. Sei partito dal basso, ci hai messo passione e impegno e col tuo talento ci sei arrivato. Pensa a quanti sognano la F.1 e tu ci hai corso. Pensa a quanti sognano di vincere e tu hai vinto. Pensa a quanti sognano la Ferrari e tu ci hai corso, voluto dal grande Vecchio in persona, mica da un funzionario messo lì a caso.

E chissà cosa avresti detto della Ferrari di oggi. Ti ci avrei visto bene sul muretto dei box, negli uffici a parlare coi tecnici. A te non l'avrebbero raccontata. E guardando negli occhi i piloti avresti capito tante cose che oggi sfuggono a chi della meccanica ne ha fatto un lavoro ma ha dimenticato che dietro a una macchina, c'è sempre un uomo, con le sue sensazioni, i suoi desideri e i suoi problemi. Non è una equazione per cui logaritmo Alfa tendente a Beta deve darti per forza Zeta meno K. Quella roba lì va bene per chi non ha cuore e si affida ai numeri. L'uomo, come tu eri e ben sai, ha altre equazioni e ci vuole ci sa toccare certi tasti. Di sicuro ne starai discutendo con Romolo Tavoni, lo zio di recente ha lasciato questo mondo ed è assurto in quello degli altri eroi, quelli che per passione si sono sacrificati la vita e quella dei loro cari. Vi ci vedo a discutere e a scuotere la testa.

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Come quel giorno a Monza, il 22 aprile 2001, in cui con la tua bella tuta Lamborghini con quella Diablo nera, avevi fatto la tua ultima corsa a Monza, la tua pista. Quella delle pettarelle del giovedì sera. La tua, poi, era davvero scalcagnata, brutta e sgraziata. Eppure sembrava la macchina da corsa più bella del mondo. Con quel casco giallo e blu ricordo di Peterson, un gran manico (ma anche tu non scherzavi) portato con orgoglio mentre il due cilindri boxer borbottava fra lamiere che stridevano, lamierini che sfregavano e marmitta che sembrava saltare giù da un momento all'altro. Ma che gare, che ridere e che sogni in quelle serate.

E poi gli incontri in viale Umbria, Scuderia Salvati. Con Adriano che pacioso commentava, Pippo Cascone che elencava storie e aneddoti, Pippo Bianchi che dava i consigli per la gara successiva. E poi vogliamo parlare dei concertini improvvisati? Con Adriano e la sua mania per la musica e le canzoni? Altri tempi, tutto volato via quel giorno in Germania, però come vedi siamo qui ancora a ricordarlo. Caro Michele, ci manchi davvero. Avrei voluto dirti ancora tante cose, partire coi programmi che avevamo ipotizzato, cambiare un po' il mondo dei motori nostrano. E non ti voglio affliggere con Monza, la sua storia, il suo degrado e la china che ha preso l'autodromo. Non è il momento. Oh, mi raccomando. Con lo zio Romolo non mettetevi a discutere troppo che tanto qua di soluzioni non se ne vedono. A meno che non riusciate a metterci una mano voi ma la vedo dura. Ciao Michele. Ci manchi davvero.

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