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Fernando Alonso sembrava cullato dai saliscendi della pista nella splendida inquadratura di cui è stato ripetutamente protagonista nel corso del weekend di gara del Gran Premio del Brasile 2023 di Formula 1. Una danza elegante, fluida, su un tracciato incredibile. Li vedi passare alle S di Senna, scendere verso curva 4 e affrontare una tortuosa sezione muovendosi come serpenti tra i cambi di pendenza, per poi salire verso l’ultima curva, e ti rendi conto del perché Interlagos è speciale.
Su una pista del genere si possono mettere in atto prestazioni straordinarie. Come la tenace lotta di Fernando Alonso con Sergio Perez. Hanno tagliato il traguardo a 53 millesimi di distanza, come se la loro fosse una coreografia studiata e non avessero battagliato fino all’ultimo secondo per aggrapparsi al terzo gradino del podio. Ma ci sono state tante altre manovre nel corso della gara, piccoli gioielli incastonati in un intreccio che non risulta mai banale.
È su tracciati come Interlagos - ricchi di storia e con un futuro fatto di possibilità davanti - che si nasconde la vera la F1. Si cela alla struggente Eau Rouge, che si inerpica tra i boschi delle Ardenne pericolosa e irresistibile, potente come uno schiaffo in piena faccia. Si mostra tra le curve tecniche di Suzuka, che non a caso è uno dei circuiti preferiti da chi scende in pista. Si manifesta nella sequenza senza respiro di Silverstone, con quelle curve - Maggotts, Becketts, Chapel - scolpite nella mente degli appassionati.
La proprietà della Formula 1 si ostina a voler cambiare, cercando di plasmare il format della Sprint in modo tale che risulti più spettacolare. Dopo aver deciso di rendere il sabato una giornata a sé stante, con la Shootout a determinare la griglia della Sprint, ora si starebbe valutando una nuova combinazione. Si partirebbe il venerdì, con prove libere e la Shootout, per poi passare alla Sprint sabato mattina e alle qualifiche per il GP della domenica nella consueta collocazione pomeridiana.
Non vale nemmeno la pena di chiedersi se così sia peggio o meglio, perché il vero problema del format della Sprint è la Sprint stessa. Un insipido antipasto del GP sotto forma di uno stint di gara che non aggiunge nulla al racconto, ma anzi toglie suspence costituendo un’anticipazione del piatto principale della domenica. Si può rimaneggiare il format come si vuole, ma questo assunto non può cambiare.
Si dirà che la Sprint a Interlagos ha funzionato, ma la verità è che su una pista come l’Autodromo José Carlos Pace funzionerebbe di tutto. E così il successo del Brasile non è altro che la dimostrazione di come lo spettacolo venga da sé, nel caso in cui si corra su un tracciato che esalta le qualità dei piloti, consentendo loro di esprimersi al massimo delle loro possibilità. Di avere reali chance di sorpasso per cogliere manovre studiate, sudate, ben eseguite.
Ci si continua a incaponire sullo svolgimento del weekend gara, cercando soluzioni alternative, solo perché non si vuole affrontare una dura verità. Anziché guardare solo al Dio Denaro, bisognerebbe valutare attentamente dove si corre, non come si corre. Ciò non vuol dire che non si possano aprire gli orizzonti anche a nuovi GP, piste inedite. Basta che siano di una qualità degna di quella dei piloti.
Ieri, qualora ce ne fosse ancora bisogno, abbiamo avuto la dimostrazione che è meglio un’Interlagos di cento Sprint. Per quanto i vertici della F1 continuino a definire il nuovo format un successo di pubblico, sposta molto di più una vera pista di quanto non lo faccia la ricerca di uno spettacolo artificiale, che annoia persino il grande protagonista della F1 di oggi. Max Verstappen lo ha detto chiaro e tondo. A domanda sui potenziali cambiamenti del format della Sprint ha risposto: “Non sono interessato a nessuna modifica, voglio solo un weekend normale”. E se a sostenerlo è il re della F1, forse bisognerebbe cominciare a ragionarci sopra.