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Giovani, sfrontati, irrispettosi. Ma anche tanto veloci. E' una F.1 da baby boom quella andta in scena a Monza in occasione del GP d'Italia. A partire da Charles Leclerc con la Ferrari, il più giovane vincitore di un GP (domenica scorsa in Belgio bissata a Monza) al volante di una rossa. A 21 anni e 10 mesi il monegasco ha segnato il primo record della sua giovane carriera, giunto alla 4 pole position della stagione. E poi il gruppetto di ragazzini terribili, che stanno dando la spallata ai senatori. Se Leclerc, in Ferrari, ha messo in crisi Sebastian Vettel, quattro titoli mondiali, alla Mercedes Hamilton si salva dall'assalto di Bottas, che non è proprio un ragazzino con i suoi 30 anni contro i 34 di Lewis, mentre dietro è un fiorire di nomi nuovi, pressocchè sconosciuti al grande pubblico, ma non agli specialisti, che senza remore e rispetto, stanno demolendo gli idoli della loro giovinezza.
E' il caso di Lando Norris, pilota della McLaren, appena 19 anni e 10 mesi, che è arrivato nel circus iridato con una fama di duro, spietato e pieno di sè: "So i miei limiti, conosco le mie qualità, non vedo dove sia il problema sono qui per battere gli altri" disse appena arrivato. Dopo le prime gare, col più esperto compagno di squadra Carlos Sainz, in crisi per le prestazioni e il modo di fare di Lando, ora in McLaren lo seguono e lo coccolano come una pepita d'oro. "Il mio casco per Monza? Un omaggio a Valentino Rossi, il mio idolo a due ruote" ha detto Norris.
Un altro sfrontato e pronto alla battaglia è Alexander Albon. Thailandese, 23 anni, pilota della Toro Rosso per 12 GP promosso poi alla Red Bull al fianco di Max Verstappen dopo la retrocessione di Pierre Gasly, 23 anni e 6 mesi. Corre al fianco del più esperto e quotato olandese, che all'anagrafe compirà 22 anni il prossimo 30 settembre ma che ha già 5 stagioni di F.1 alle spalle con 7 vittorie, una pole e 27 podi. Insomma, uno che le tappe le ha bruciate fin dal seggiolone, spinto dal padre Jos pilota di F.1 anche lui con la Benetton al fianco di Michael Schumacher.
E' un baby boom che parte da lontano, dalle gare di kart: "Oggi le monoposto sono fatte in modo tale che i ragazzi che cominciano col kart sono avvantaggiati - dice Jarno Trulli, impegnato in Finlandia a seguire il figlio Enzo nei mondiali di categoria - è una trafila che li vede correre per pochi anni, perché a 14 anni nei kart sei già vecchio, e passare subito alle monoposto. E' una questione di costi, correre col kart a certi livelli può arrivare anche a 250-350 mila euro all'anno ed è chiaro che un ragazzino non li ha questi soldi per cui o trova qualcuno che vede il talento e lo aiuta, oppure ha una famiglia alle spalle. Io riesco a far correre mio figlio senza spendere molto perché viaggiamo col furgone, mangiamo una pizza, spendiamo il minimo indispensabile, ma è chiaro che oltre certi livelli non ci arriveremo mai. Visti i costi - prosegue Trulli - per un ragazzino meglio passare alle monoposto, costano più o meno quanto il kart ma si possono trovare degli sponsor. E quindi, a 16 o 17 anni, sono già pronti per la F.3 e poi più su. Ai miei tempi si correva col kart, poi si faceva la trafila, ma se non avessi trovato chi mi aiutava in F.3 e oltre, sarei finito a casa mia a Pescara a coltivare la terra o a fare altro invece del pilota".
La stessa trafila che ha seguito George Russell, inglese, 21 anni, pilota della Williams che è riuscito a mettere in crisi un piedone come il polacco Kubica. Il paradosso di questa situazione? Che al baby boom in pista non corrisponde lo stesso seguito in tribuna: la F.1, infatti, ha un ascolto medio fatto di gente che ha oltre 40 anni perché i giovani, a quanto pare, preferiscono altri sport. Ma niente paura: per loro è partito il campionato mondiale di playstation, sugli stessi circuiti iridati. I team di F.1 hanno creato, infatti, le squadre virtuali. La McLaren, addirittura, ha assunto a tempo pieno, al simulatore, il vincitore dell'edizione dell'anno scorso. Dal gioco virtuale al lavoro reale. Anche questo è un effetto della F.1 baby.