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La stagione 2021 di Formula 1 sta per cominciare: il 28 marzo andrà in scena la prima gara del campionato, il Gran Premio del Bahrain. La carne sul fuoco è molta, e l'esito sembra meno scontato del solito. Nella seconda parte della nostra super guida, continuiamo a rispondere a una domanda semplice, ma certamente non banale. Quali sono le dieci cose da tenere d'occhio nel 2021?
A guardare la carta d'identità di Fernando Alonso, che il prossimo 29 luglio compirà 40 anni, verrebbe da pensare che sia pronto a un dorato pensionamento. Ma sarebbe un grave errore. Bastava osservarlo attentamente alla fine del 2020, costretto come un leone in gabbia ai box della Renault, con quella faccia corrucciata da bambino capriccioso. Voleva essere in pista, e ci è tornato con l'attuale Alpine, mostrando subito tutta la sua cattiveria. Ha sverniciato gratuitamente l'antico rivale Lewis Hamilton durante i test, giusto per dimostrare, nel caso in cui ce ne fosse bisogno, che non è tornato per fare da comprimario. La domanda sorge spontanea, allora: avrà a disposizione una monoposto all'altezza?
La giunonica Alpine A521, con quel cofano motore alla Kim Kardashian, frutto di uno studio volto a dare comunque sfogo alla power unit pur snellendo le pance, è stata oggetto di bonario body shaming all'interno del paddock. Quanto possa far parlare di sé per le prestazioni, però, è tutto da vedere. Alonso, al giornalista spagnolo Antonio Lobato, avrebbe spifferato che la A521 gira bene, ma non è velocissima. Di cosa parliamo, in soldoni? Del fatto di rischiare di essere fuori dalla Q3. Il che, vedendo la concorrenza a centro classifica, vuol dire tutto e niente. Una considerazione si può fare, a prescindere dal caso specifico: se fossero tutti vicini come pensiamo, un errore potrebbe fare la differenza tra il quinto posto e il dodicesimo.
In quest'ottica, avere in squadra uno come Alonso è un vantaggio di tutto rispetto. Perché Fernando è uno dei pochi piloti sulla griglia ad aver dimostrato di fare la differenza al volante di una monoposto mediocre. Alonso sogna in grande per il 2022, con ambizioni mondiali alimentate, verrebbe da pensare, dal management rafforzato del team e da garanzie date internamente. E così, comunque vada, il 2021 sarà un anno di transizione, in cui il vero osservato speciale, lato Alpine, sarà Esteban Ocon. Perché il confronto diretto con un cliente scomodo come Fernando è potenzialmente assai deleterio. Chiedere a Stoffel Vandoorne per credere.
Più in basso di così, c'è solo da scavare: viene da usare le parole di Daniele Silvestri per descrivere la situazione della Ferrari lo scorso anno. Scoraggiante, ma fino ad un certo punto. Dopotutto, è un punto di partenza che consente ampi margini di miglioramento. E la SF21, la monoposto della Rossa per il 2021, rappresenta un passo in avanti rispetto alla deficitaria SF1000. Il motore è più prestazionale, dati dei test alla mano. E l'affidabilità, ammesso che lo abbiano sfruttato fino in fondo, ha tenuto. C'è stato un singhiozzo della trasmissione con Sainz, ma non è preoccupante. Meglio nei test che durante la stagione, comunque. E, se proprio dovessimo andare a toccare un tasto dolente, meglio una macchina veloce e fragile che una affidabile, ma costante nella sua mediocrità.
In ogni caso, motore, trasmissione e sospensioni posteriori sono solo la punta dell'iceberg, perché la Ferrari ha lavorato con attenzione per risolvere un alfro tallone d'Achille della SF1000, la resistenza all'avanzamento, intervenendo sulle pance. La SF21 è stata sottoposta a una cura dimagrante, operando sull'impianto radiante. E che ci siano cambiamenti in questo senso lo si capisce anche dalla presenza di un airscope più grande. Il risultato? Nei test, la SF21 è sembrata più stabile al posteriore e meno piantata a terra. Ma è emerso un dato potenzialmente preoccupante, riguardo al degrado delle gomme. La sensazione è che la nuova nata della scuderia di Maranello se le mangi.
La preoccupazione, insomma, più che sul giro secco, riguarda il passo gara. I primi raffronti sensati li avremo nelle prove libere di Sakhir, ma il dubbio c'è. Non ve ne sono, invece, sulla bontà della coppia di piloti costituita da Charles Leclerc e Carlos Sainz. I due "Carli" per ora vanno d'amore e d'accordo, in attesa di sfidarsi in pista. E Sainz, veloce e costante, è da tenere d'occhio. Perché, a differenza di Charles, non ha nulla da perdere. Leclerc, l'uomo fulcro del futuro - e di conseguenza, del presente - della Rossa, avrà la pressione del mondo addosso, senza più il capro espiatorio Vettel. E ci vuole poco a passare da idolo a delusione. Dovrà usare il suo indiscutibile talento come ancora in acque turbolente, senza sprofondare nel baratro dell'autocritica distruttiva.
Cosa succede quando ci si trova a gestire le sofisticatissime soluzioni tecniche della Mercedes senza averne i mezzi, non solo a livello economico, ma anche e soprattutto di risorse umane? La risposta arriverà dalla Aston Martin. Scuderia di belle speranze, l'ex Racing Point nel 2021 diventa team ufficiale della casa di Gaydon, grazie al lungimirante zampino di Lawrence Stroll, che ha preso i proverbiali due piccioni con una fava. Le ambizioni sono sfidanti, soprattutto a medio termine. Ma per ora cozzano contro la mancata affidabilità, con la trasmissione ko che ha strozzato gli spunti di Sebastian Vettel e Lance Stroll nei test. E se per la Mercedes trovare il bandolo della matassa è cosa semplice, non necessariamente lo sarà per l'Aston Martin.
Potrebbero stupirci, beninteso. Prima di tutto perché le sinergie con Mercedes restano. E in secondo luogo perché i tecnici di Silverstone sono tutt'altro che degli sprovveduti. Ma sarà in ogni caso interessante vedere se e come un progetto sfidante come quello della AMR21 possa dare i suoi frutti in pista. Non la definiamo Mercedes verde, perché vorrebbe dire banalizzare una situazione molto più complessa di così. Aston Martin ci ha messo del suo, oltre a mutuare il mutuabile dalla Mercedes. Ma è più immediato chiamarla così che andare a vedere nel dettaglio come l'ex Racing Point, con grande lungimiranza, abbia introdotto nel 2020 soluzioni "mercedeseggianti" che poi sarebbero state congelate.
Etico? Forse no. Consentito? Vista la sentenza della FIA, sì. E che la Formula 1 non sia un posto per educande è assunto risaputo e sempre corretto. La parola va lasciata alla pista, e a quel Sebastian Vettel che è tornato a sorridere. In un ambiente che sembra fatto su misura per lui, testimonial ideale per Aston Martin e pilota di grandissima esperienza, che di fronte alle difficoltà nei test non ha fatto un plissé. In F1 ne ha viste di tutti i colori, e ha affrontato situazioni peggiori di questa. Dall'avventura in Aston Martin ha solo che da guadagnare, e la sua redenzione sarebbe una bellissima storia da raccontare. Ma anche solo vederlo così sereno fa bene al cuore.
Con i tifoni giapponesi, la Formula 1 ha già avuto a che fare in passato. Parliamo di quelli metereologici, che hanno causato non pochi problemi al Circus negli anni. Ma quello che sta arrivando ora non ha nulla di atmosferico. Yuki Tsunoda, classe 2000, arriva in Alpha Tauri con l'onore - e l'onere - di essere il primo nato del nuovo millennio ad approdare in F1. Non fatevi ingannare dal suo aspetto da bambino spaesato, con il suo casco di capelli nerissimi e l'espressione timida. Quando abbassa la visiera, Yuki diventa una belva. Ne è la dimostrazione il furbesco giro inanellato nei test pre-stagionali grazie ad un uso giocoso del DRS.
Un segnale di una sicurezza in sé che potrebbe farlo arrivare lontano. Protagonista di una vertiginosa ascesa dalla Formula 4 nel 2018 alla Formula 1 nel 2021, Tsunoda è arrivato in Formula 1 per restare. Veloce e spregiudicato, vuole diventare il primo giapponese a vincere una gara nella massima serie. Comincerà la sua avventura con quell'Alpha Tauri incubatrice di talenti sin dalla sua prima identità, la Minardi figlia dell'intuito di Gian Carlo. Di acqua sotto i ponti dalla metà degli anni Ottanta ne è passata, ma una cosa non cambia. Nella scuderia di Faenza c'è un ambiente fertile, in cui i giovani vengono valorizzati al meglio.
Lo dimostra il percorso di Pierre Gasly, che affiancherà Tsunoda per il 2021. Pierre è rinato dalle sue ceneri dopo la retrocessione all'allora Toro Rosso e la morte dell'amico fraterno Anthoine Hubert. Più forte del dolore e della delusione, si è ritrovato, arrivando a vincere a sorpresa a Monza lo scorso anno, Un trionfo arrivato in quell'Italia che ormai per lui è una seconda casa. Gasly e Tsunoda avranno a disposizione una vettura, la AT02, solida e fedele alla propria filosofia, pur abbracciando alcune novità in arrivo da casa Red Bull. Non saranno a livello dei team di centro classifica, ma si stanno avvicinando, grazie al lavoro dei tecnici di Faenza.
Nella Guerra Fredda con la maiuscola tra USA e Unione Sovietica, a farne le spese fu la Germania, divisa tra Ovest ed Est. Nella guerra fredda con la minuscola, o meglio, nell'inusuale alleanza tra l'americana Haas e la russa famiglia Mazepin, a farne le spese potrebbe essere il tedesco Mick Schumacher. Paragoni azzardati a parte, la dinamica interna alla Haas stuzzica parecchio. Da un lato abbiamo Nikita Mazepin, candidato al ruolo di antagonista, per il suo aspetto arcigno alla Ivan Drago, ma soprattutto per le sue malefatte ancor prima di presentarsi in pista. Dall'altro, c'è Mick Schumacher, figlio di cotanto padre, circondato dall'affetto di chi patisce l'assenza assordante di Michael. Riservato, pacato, tutto il contrario del suo nuovo compagno di squadra.
Ma la cosa più importante sono gli interessi dietro ai personaggi principali dell'intrigo. Nikita è spinto dai soldi di papà Dmitry, proprietario di quell'Uralkali il cui logo fa bella mostra di sé sulla VF-21. Denaro fondamentale per la modesta Haas, che lo scorso anno, prostrata dalla crisi causata dal COVID-19, ha seriamente rischiato di salutare la F1. Lo dimostra la livrea della monoposto 2021, vestita dei colori della Russia. Si dirà che sono più o meno gli stessi della bandiera americana, ma il posizionamento non lascia spazio a dubbi. È un escamotage intelligente per permettere a Nikita di sfoggiare il vessillo russo nonostante la sentenza per il doping di Stato. Ma, soprattutto, è una prova dell'ingerenza della dinastia Mazepin negli affari del team.
Mick, però, ha le spalle coperte dalla Ferrari. Quella Rossa che non solo fornisce i motori alla Haas, ma, per evitare esuberi legati al budget cap, ha pure creato una divisione ad hoc per gestirla come cliente. Un rapporto molto importante, impreziosito proprio dall'arrivo di Mick. Che, non è follia ipotizzarlo, in Haas dovrà dimostrare di avere la stoffa per perfezionare quel passaggio alla Ferrari che sarebbe un colpaccio sia per lui che per la Rossa stessa. Effetto nostalgia, colpo al cuore per fan e colpo di marketing per Maranello. Visto che Mazepin non è nuovo a scorrettezze in pista e che Mick, per quanto pacato sia, non è il Mahatma Gandhi, resta da vedere come in Haas possano gestire eventuali conflitti interni. Günther Steiner, esperto nella gestione di piloti difficili, ha davanti a sé una nuova sfida.