Formula 1: la vera storia di Jody Scheckter - 1a Parte

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La prima parte della storia di Jody Scheckter, Campione del mondo con la Ferrari nel 1979
3 febbraio 2016

Il ricordo è venuto alla mente nei giorni scorsi, quando siam tornati a Kyalami dopo 23 anni dall’ultimo GP di F.1 che si è corso su questo tracciato. La domanda è stata unanime: ma che fine ha fatto Jody Scheckter? Vive qui o negli USA? Già, che fine ha fatto? L’ex campione del mondo di F.1 ormai è un esperto agricoltore, raccoglie prodotti della terra, produce mozzarella di bufala originale in Sud Africa e prodotti biologici negli USA, dove tra l’altro ha anche una attività nel settore delle armi. Per la caccia dice lui, vista l’origine sudafricana c’è da credergli, ma la sua storia in F.1 cominciò tanti anni fa e ve la raccontiamo ora.

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Lo chiamavano "l’orso" perché aveva lo stesso carattere. Irascibile, poco socievole, inaffidabile e scontroso. E rispondeva a monosillabi alle domande dei giornalisti digrignando i denti. In pista, poi, meglio lasciar perdere. Se qualcuno era convinto di avere più coraggio di Jody Scheckter in staccata, spesso quel qualcuno si ritrovava contro le barriere o all’ospedale a discuterne con il diretto interessato. Sette anni dopo, campione del mondo con la Ferrari, tutti concordano nel dire che Jody Scheckter era una persona gentile, educata, con un senso dello sport e della vita che ne facevano una persona amabile. Ma per tutti, appena arrivato a Maranello, era ancora l’orso. Con questa fama poco lusinghiera, un giorno del 1972 Jody Scheckter si presenta al via del GP USA al volante di una vecchia McLaren.

È l’otto ottobre, Jackie Stewart vince il GP, il dodicesimo della stagione che ha incoronato campione del mondo Emerson Fittipaldi. Il debutto del giovane sudafricano passa quasi inosservato. Senza infamia e senza gloria, per dirla tutta. Il programma è striminzito, i soldi pochi, ma abbastanza per coprire 5 gare della stagione 1973. Al debutto in Sudafrica, niente da segnalare, la gara scorre via senza problemi. I problemi, e grossi, arrivano in Francia. È la seconda corsa della stagione per il giovane Scheckter, quasi nessuno fa caso al sudafricano che, tanto per non smentire la fama di duro, finisce a ruotate con il campione del mondo in carica, Emerson Fittipaldi. Il brasiliano è furente, deve ritirarsi quando era lanciato verso il trionfo con la sua Lotus, solo perché un doppiato come Scheckter ha deciso di tenere giù il piede quando non era il caso. Quell’incidente impedisce a Emerson di reggere il confronto con Jackie Stewart con la Tyrrell, una monoposto che ha un altro passo rispetto all’anno prima. La questione sembra chiusa nel retrobox del Castellet quella domenica 1° luglio. Invece di Scheckter se ne sentirà parlare ancora. Due settimane dopo, per la precisione.

A Silverstone si corre al sabato, secondo la tradizione britannica, e se in Francia Jody l’aveva fatta grossa con un campione del mondo, quello che combina a Silverstone è da guinnes dei primati. Alla fine del primo giro, scattato molto bene da centro griglia, arriva lanciatissimo alla Woodcote, l’ultima curva che immette sul traguardo. La McLaren si scompone, Jody prova a riprenderla ma in testacoda, a 220 all’ora, taglia la strada a tutto il gruppo che lo segue, sbatte contro il muretto dei box e rimbalza in mezzo alla sede stradale. È una carambola pazzesca alla fine del primo giro che vede coinvolte 13 monoposto, di cui 8 gravemente danneggiate. Nel mucchio finisce anche la Surtees di Andrea De Adamich, che resta intrappolato, con le gambe spezzate, nel moncone della sua monoposto. Dopo oltre mezz’ora i pompieri riusciranno a liberare il pilota triestino; la gara poi riparte, ma senza Jody che non ha una macchina di scorta. Se a Silverstone le cronache sportive hanno fatto conoscere al mondo Scheckter, nell’ambiente si sa con chi si ha a che fare. E infatti, nel GP del Canada, quarta apparizione dell’anno, Jody non si smentisce e butta fuori pista Francois Cevert con la Tyrrell. Nonostante la botta il pilota francese, pur zoppicando, non emula Emerson Fittipaldi, che in Francia si era limitato alle invettive. Col casco in mano, Cevert lo picchia in testa a Scheckter cercando immediata vendetta al fattaccio. Purtroppo i due non faranno mai la pace perché durante le qualifiche del GP USA, due settimane dopo, Cevert morirà in un drammatico incidente.

È con sorpresa che all’avvio del mondiale, nel GP d’Argentina, la Wolf vince davanti alla Brabham di Carlos Pace. Non sarà l’unica vittoria dell’anno, perché Scheckter vincerà anche a Montecarlo e in Canada e fino alla fine della stagione renderà la vita difficile a Niki Lauda

Con queste premesse, Jody Scheckter si presenta al via della stagione 1974 al volante della Tyrrell che, perso Cevert e ritiratosi Stewart, ricomincia con il sudafricano e il francese Patrick Depailler. La Ferrari, in quell’anno, ricomincia con Lauda e Ragazzoni. A comandare le operazioni, il giovane Luca di Montezemolo. Tanto era irruento e precipitoso l’anno prima, tanto è giudizioso e regolare in questo 1974. Merito di Ken Tyrrell che ha plasmato il carattere di Scheckter. Fatto sta che a fine stagione Jody conclude al terzo posto nella classifica iridata, vince il primo GP in Svezia. A Silverstone, dove l’anno prima aveva combinato un disastro, Jody vince la seconda gara della stagione.

È una serie incredibile di piazzamenti a podio o in zona punti. Il mondiale lo vince Fittipaldi davanti alla Ferrari di Ragazzoni, ma Jody si conferma come uno dei migliori al via. Nel 1975 vince ancora, stavolta in Sudafrica, e la gioia è enorme perché vincere davanti al proprio pubblico contribuisce a sciogliere un po’ l’anima selvaggia di Jody Scheckter. Altra vittoria in Svezia nel 1976 e ancora un terzo posto nel mondiale dietro a James Hunt e Niki Lauda. Ma anche in questa stagione Jody si dimostra costante con quattro secondi posti e appena tre ritiri. La capacità di un campione si vede anche nel momento delle scelte. A fine 76 il miliardario canadese di origini austriache, Walter Wolf, commissiona una monoposto di F.1 e decide di partecipare al mondiale 1977. Scheckter accetta la proposta e si aggrega alla formazione.

È con sorpresa che all’avvio del mondiale, nel GP d’Argentina, la Wolf vince davanti alla Brabham di Carlos Pace. Non sarà l’unica vittoria dell’anno, perché Scheckter vincerà anche a Montecarlo e in Canada e fino alla fine della stagione renderà la vita difficile a Niki Lauda, che vince il secondo titolo mondiale con la Ferrari, ma lascia la squadra proprio alla vigilia del GP del Canada mollando tutti senza preavviso. Tanto era stata trionfale la stagione del debutto, tanto è deludente il 1978. La Wolf non è più la macchina tritarivali dell’anno precedente. Scheckter arranca e ai due esordienti, Bobby Rahal e Keke Rosberg, non va meglio nelle occasioni in cui affiancano il sudafricano. A fine anno, col mondiale vinto da Andretti e la Ferrari che perde Carlos Reutemann, arriva l’annuncio a sorpresa: al fianco di Gilles Villeneuve, nella stagione 1979 ci sarà il sudafricano Jody Scheckter.

È l’anno delle wing car, che sfruttano l’effetto Venturi nelle fiancate. La 312 T4 non è il massimo dell’efficienza aerodinamica, tanto che alcuni la chiamano “la pantofola” per l’aspetto poco aggraziato, anche perché monta un motore dodici cilindri boxer, molto più largo rispetto alla maggior parte dei Ford V8 che usano i rivali. A Enzo Ferrari non importa se la monoposto è brutta: «Le monoposto brutte sono quelle che non vincono» ribadisce in più di una occasione. Chi conosce Scheckter comincia con lo scommettere che la coppia con Villeneuve si romperà molto presto. E invece...

 

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