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Sembra una Formula 1 al contrario, quella vista nel weekend di gara del Gran Premio di Singapore 2023. Dopo aver dominato nel corso della stagione, la Red Bull si è ritrovata a rivestire il ruolo della comprimaria, facendo da tappezzeria alle lotte tra le scuderie che normalmente si devono accontentare delle posizioni di rincalzo alle sue spalle. Il quinto posto di Max Verstappen e l’ottavo di Sergio Perez inducono alla riflessione. Si tratta solo di un caso isolato, oppure il vento sta cambiando?
A pensar male si fa peccato, ma nonostante questo vecchio adagio in molti non hanno potuto fare a meno di notare che le difficoltà della Red Bull siano arrivate proprio nel weekend di gara in cui è stata introdotta la TD018, volta a porre un freno alla flessibilità delle ali ponendo l’accento sui movimenti dei singoli componenti. Se qualcosa è cambiato in questo senso per la Red Bull non possiamo saperlo con certezza, perché i team non sono tenuti a dichiarare pubblicamente gli accorgimenti perfezionati per adeguarsi alla direttiva tecnica.
Quello che sappiamo per certo è che ci sono stati altri fattori a condizionare il fine settimana della Red Bull, a cominciare dall’altezza da terra della RB19 a Singapore. La monoposto del team di Milton Keynes performa al meglio a un’altezza da terra che a Marina Bay, per via delle asperità del terreno, andrebbe a consumare il plank del fondo, finendo per portare la vettura a un’altezza da terra non consentita dal regolamento. Visto che l’aerodinamica della RB19 non è ottimizzata per l’altezza da terra a cui viaggiava a Singapore, la vettura non era nella finestra di utilizzo ideale.
Le difficoltà che ne conseguivano sono risultate subito evidenti. I piloti si sono lamentati dal principio dell’instabilità della RB19, capricciosa e con un retrotreno nervoso. Non ha aiutato nemmeno il fatto che la Red Bull, aspettandosi un livello inferiore di grip a quello effettivamente registrato venerdì, si sia presentata con una regolazione troppo morbida delle sospensioni, poi rivista sabato. Gli ultimi ritocchi apportati prima delle qualifiche, però, hanno finito per peggiorare il feeling dei piloti su una pista sulla quale è fondamentale sentire di poter contare sulla propria monoposto.
Le scelte sbagliate commesse dalla Red Bull a Singapore hanno fatto ritornare in auge un problema che la RB19 aveva già evidenziato in precedenza, la difficoltà nel portare le gomme nella corretta finestra di utilizzo soprattutto sul giro secco. L’undicesimo posto di Verstappen e il tredicesimo di Perez nelle qualifiche ne sono una prova lampante. Ma pure in gara la Red Bull ha accusato delle difficoltà inusuali.
Alle prese con le sue hard a fine vita al termine del suo primo stint, Verstappen si è lamentato via radio, spiegando che gli sembrava di guidare sul ghiaccio. Ma ha pure piovuto sul bagnato, visto che la Safety Car causata da Logan Sargeant al ventesimo giro ha vanificato la strategia per cui aveva optato la Red Bull. A fine gara, Verstappen ha alzato la testa, recuperando molto terreno nei confronti di un Leclerc ormai in ritirata. Ma questa immagine, a ben vedere, è falsata. Se Sainz non avesse tenuto un ritmo blando di proposito all’inizio della gara, mantenendo il gruppo compatto, Verstappen non sarebbe stato così vicino al termine della corsa.
La buona notizia per la Red Bull è che la prossima gara, a Suzuka, è già dietro l’angolo. E per il Giappone, hanno assicurato Verstappen e Perez, le sensazioni al simulatore erano le solite, mentre anche in versione virtuale Singapore restituiva percezioni diverse dal solito. Certo è che un conto è la simulazione, un altro la realtà. Tra pochi giorni scopriremo se Marina Bay ha rappresentato un caso isolato. E se non dovesse essere così, allora sì che sarebbe necessario fare le valutazioni necessarie sull’effetto della TD018.