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Sgombriamo il campo dai dubbi: la F.1 moderna come spettacolo è meglio di quella del passato. Se vi riguardate in TV i GP degli anni 70 e 80 e 90, quindi tre decadi, si vede sempre uno che se ne va in testa e gli altri in colonna a inseguire. Mitico un GP d’Italia a Monza con Lauda nel '77 che, mondiale nel mirino, era terzo o quarto staccato di una trentina di secondi dal leader. Eppure sembrava la gara più bella del mondo. E così in tutte le altre corse: fra il primo e il secondo c’era anche più di un secondo di differenza sul giro, per non parlare del terzo. Alla fine arrivavano al traguardo meno della metà dei partenti e per giunta due o tre a pieni giri, il resto in ordine sparso durante la settimana seguente. Si ricorda il duello Villeneuve contro Arnoux a Digione nel 1979, dimenticandosi che fu una cosa rara, unica e irripetibile, non che tutte le corse dell’epoca fossero così. Oggi, guardando le griglie, si vede che fra i primi i distacchi sono minimi, le differenze in decimi o millesimi. Eppure questa F.1 non piace, si discute e alla fine tutti concordi nel dire che non entusiasma più.
Cosa c’è di sbagliato? Intanto lo stesso Bernie Ecclestone vuole semplificare le cose e in questo dà ragione a Flavio Briatore, che da sempre accusano la formula ingegneri che ha stravolto le corse. «La gente non vuole sapere se hai un missile di tre litri o un turbo da 500 cc, vuole lo spettacolo, i duelli, le corse vere» dicono entrambi, e infatti la rivoluzione turbo dell’ultimo anno a Bernie non è piaciuta. I motori costano troppo, 27 milioni di euro per noleggiarne 4 utilizzabili in un anno. Sono troppo complicati e le regole difficili da capire. Fra penalizzazioni per turbo, centraline, cambi, sostituzione e vattelappesca siamo arrivati all’assurdo di assegnarne 105 in una gara sola. Cioè se il pilota avesse dovuto scontarle, per oltre 5 gare sarebbe dovuto partire ultimo. Così non è stato e allora a che serve penalizzare così se poi non puoi applicarlo? Ecclestone vuole una rivoluzione semplice, motori aspirati 8 cilindri. Ma solo perché sono ancora freschi e disponibili, ci fossero i vecchi V10 e V12 proporrebbe anche quelli.
Il perché è semplice: se devi spendere 27 milioni per avere un motore cliente e partire in fondo al gruppo, tanto vale che ne spendi 5, parti sempre in fondo ma risparmi 22 milioni di euro. Quindi la F1 moderna si trascina dietro un problema tecnico enorme: se deve essere palestra di ricerca avanzata, allora questi motori hanno ragione di esistere, la tendenza degli ibridi è quella del futuro sulle strade di tutti i giorni, assurdo non usarli in gara. Sono motori costosi, la ricerca impone investimenti elevati. E solo poche case possono farlo. La Honda sta facendo una figuraccia planetaria, Audi e qualcun altro se ne stanno buoni perché non è il caso di imitarli buttando soldi dalla finestra. Quindi se la F.1 deve essere ricerca, ben venga la formula motori, ma se la F1 deve essere solo spettacolo, allora guardare nella serie americana non sarebbe stato male. Anche lì hanno i turbo, sono più semplici della F.1, costano molto meno e vanno lo stesso. Quindi è il compromesso ideale per chi ama la ricerca e chi vuole lo spettacolo. Il problema è che negli USA uno decide, la federazione, e gli altri ubbidiscono. In F.1 c’è l’assurdo che la federazione decide, la FOM vaglia e poi i partecipanti decidono, tutti insieme, quali regole applicare.
È sbagliato il principio: se ci sono delle regole, stabilite dalla federazione, o le accetti o te ne vai. In F1 no e questo ha portato al paradosso che per troppa democrazia non si decide più nulla se non le cag.. o sciocchezze più estreme, vedi penalizzazione, regole sportive tecniche e quant’altro ancora.
Io non so come spendono i soldi che ho portato – dice Ecclestone – questa banda di idioti che sono i team manager volevano i soldi subito e i diritti TV erano la via più rapida, ma poi con tutti i quattrini intascati, ci sono squadre che falliscono
E poi il tasto dolente: i soldi. «Io non so come spendono i soldi che ho portato – dice Ecclestone – questa banda di idioti che sono i team manager volevano i soldi subito e i diritti TV erano la via più rapida, ma poi con tutti i quattrini intascati, ci sono squadre che falliscono, altri che non ce la fanno. Come li spendono non lo so, so solo che ne ho portati tanti». E qui si innesta il secondo aspetto: se la categoria non attira, non sa usare i social, non rende disponibili i suoi protagonisti, perché io, che faccio TV, devo pagare caro un prodotto che poi seguono milioni di persone in meno? Se vuoi che lo trasmetta devi abbassare i prezzi. Solo che il livello di spese (ma diciamolo francamente: di guadagni di chi lavora in F1 a certi livelli) è tale che nessuno vuole sentire parlare di tagli. Vi pare normale che un Newey intaschi oltre 3,5 milioni all’anno oltre alle quote del team? Vi pare normale che il più sfigato della Manor Marussia o come si chiama, ne prenda 1,5 e poi non hanno pagato gli stipendi a certi collaboratori? E tutti con Ferrari e Porsche in garage, poi, mica al lavoro con la Panda… Come diceva Enzo Ferrari «si muore di fame ma anche di indigestione» e qua qualcuno sta scoppiando di salute.
E poi, ultimo capitolo di una storia che meriterebbe altri sotto capitoli e più spazi (e lo faremo a tempo debito caso per caso) i piloti. Senza nerbo, con personalità ridicole, la fiera del banale e della privacy. Campioni che hanno vinto mondiali e rifiutano di firmare autografi, gente che per uscire dal motor home al box va di corsa là dove nel paddock son solo addetti ai lavori, quasi si temesse di dire buon giorno in maniera civile. Gente che ha le palle per guidare in pista a 300 all’ora ma non ha le palle per alzare il dito e dire che non va bene quanto accade. Succubi del marketing e chi prova a uscirne, rischia grosso. Si contano rare eccezioni (Ricciardo, Maldonado, Grosjean, per citarne alcuni di quelli che sanno ridere) il resto no. Piatti, difficili da raccontare, incapaci di trasmettere a un giovane la minima emozione, di interessi comuni, qualcosa per cui valga la pena arrampicarsi dietro a una rete e a vederli passare guidando una macchina da corsa. Lo sanno tutti, fanno finta di non accorgersene e intanto, vedendo i comunicati stampa pre gara, viene da piangere. «Gomme dure e morbide per questa pista» e chi se ne frega. «Un altro passo verso il mondiale, il podio, la piadina» e chi se ne frega ancora. «La pista mi piace è impegnativa» e chi se ne frega- «tiamo imparando molto da questa gara» e chi se ne frega. Come si chiama tua figlia? «Mi spiace non posso dirlo è questione di privacy». Che musica ascolti? «Non posso è questione di privacy». Come ti sembra la macchina che ti hanno dato per il tuo compleanno? «Non ho idea, non posso parlare». Ecco, questo è il mondiale dei piloti attuali.
E poi vi stupite se alla fine è sempre un Niki Lauda a tenere botta o gli ex che non hanno peli sulla lingua come Villeneuve?