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“Stare un anno fuori dalla F1, in realtà, mi ha fatto bene. Mi sono preso una pausa e ho visto le cose da una nuova prospettiva. La mia esistenza è cambiata molto - e in meglio - in quel periodo. Ho avuto una figlia e sono tornato a vivere in Danimarca”. Kevin Magnussen sa molto bene che c’è vita al di fuori della F1, e se l’è costruita passo per passo, tornando là dove affondano le radici della sua famiglia per far fiorire il nuovo ramo creato con la moglie Louise.
Laura, due anni e mezzo, e Agnes, nata a luglio 2023, rappresentano la nuova generazione di una famiglia in cui la passione per le corse scorre nelle vene. Nonno Jan, diventato papà di Kevin quando aveva solamente 19 anni, compete ancora. E Kevin è pronto a supportare le figlie se dovessero decidere di continuare la tradizione di famiglia: “Una parte di me spera che trovino altre passioni da seguire, perché sono da 25 anni in questo ambiente e sarebbe bello non dover ancora venire alle gare quando smetterò di correre. Ma le sosterrò in qualsiasi percorso vorranno intraprendere”, ci racconta.
Seduto nell’hospitality della Haas a Monza, Kevin risponde alle nostre domande con lo stesso fare concreto e pragmatico che, una volta superate le debolezze di gioventù, mostra anche in pista. Misura le parole, riflettendo prima di continuare. Ma quando racconta della sua famiglia non ha esitazioni. A cominciare dalla partecipazione alla 24 Ore di Le Mans con papà Jan nel 2021. “Correre con mio papà a Le Mans è stato speciale – ricorda -. È un grande privilegio vivere un’esperienza del genere. L’abbiamo presa seriamente, correndo in LMP2. Non è stata una bella gara per noi, ma mi ritengo comunque fortunato ad aver vissuto questa avventura con lui”.
Se non fosse rientrato in F1 con la Haas, Magnussen avrebbe corso nel WEC con Peugeot. E non esclude un ritorno nelle corse di durata: “Tornerei nell’Endurance? Credo di sì, anche se per il momento non ho un’idea precisa di ciò che farò quando finirà la mia carriera in F1”. In ogni caso, “ora nutro un maggior rispetto per il motorsport in generale. Ci sono dei piloti davvero validi in altre categorie, piste meravigliose e le auto sono molto divertenti da guidare, anche se sono meno veloci di una monoposto di F1. Ho aperto gli occhi su un altro mondo al di fuori di questo ambiente, che forse avevo sottovalutato un po’”.
Riavvolgendo il nastro dei ricordi, il giorno impresso nella memoria è il primo in F1. “La mia gara all’esordio resta il momento più speciale che ho vissuto finora nella mia carriera. Il primo giorno nel paddock da pilota di F1 è stato indimenticabie”. “Anche la pole di Interlagos è stata un momento speciale”, concede Magnussen. Ma quel podio al debutto con la McLaren rimane imbattuto, a nove anni di distanza. C’è qualche rimpianto? “Guardando al passato, ci sono tante cose che avrei fatto diversamente. Alla fine di ogni gara c’è sempre qualcosa che cambierei: le tempistiche di una sosta, ad esempio. Ci sono tante cose che vorrei aver fatto meglio. Una parte molto importante del lavoro di un pilota di F1 è imparare dai propri errori”.
Un bagaglio di lezioni, questo, che Magnussen porterà con sé nel 2024, anno in cui vestirà la stessa casacca di oggi. “Sono molto felice di continuare con la Haas, è la mia casa in F1. La prossima stagione sarà la mia settima con questa scuderia e abbiamo vissuto tante esperienze insieme. È stato un percorso divertente finora. Ci sono ancora degli obiettivi che vorrei raggiungere con questo team, e sono contento di avere un altro anno a disposizione per farlo”. Insieme a lui ci sarà anche Nico Hulkenberg, con cui ha un rapporto che definisce “professionale”. “Il tuo compagno di squadra non deve essere il tuo migliore amico – riflette -. Ma devo dire che abbiamo una relazione amichevole. È un tipo rilassato, con cui è facile andare d’accordo”.
Al netto delle considerazioni sul vicino di box, per Magnussen “la mia stagione finora è stata al di sotto delle aspettative. Sono andato due volte a punti su quattordici gare, e non è sufficiente. Il team è consapevole del fatto che abbiamo bisogno di una macchina più veloce per poter cogliere punti con costanza. All’inizio della stagione la situazione era leggermente migliore, ma adesso è dura”. Nonostante questo, “credo che il settimo posto nel mondiale costruttori rappresenti un obiettivo realistico”.
Dei rivali, Magnussen si dice sorpreso del lavoro svolto dalla Williams. “Stanno andando molto bene, e non è una buona notizia per noi. D’altro canto, la loro performance dimostra che è possibile fare progressi, e so che il team sta lavorando duramente per far sì che le cose migliorino già in questa stagione. Non ci siamo arresi, stiamo ancora portando aggiornamenti per la monoposto”. E da una stagione difficile, secondo Magnussen, non si può che imparare: “Si trovano sempre risposte quando si fa fatica. Sono esperienze e lezioni che ci si porta con sé per il futuro. Quello che stiamo imparando dalla monoposto 2023 ci sarà sicuramente d’aiuto per il prossimo anno”.
Una cosa è certa: tolto Max Verstappen, la griglia è molto compatta. “Se si guarda al nostro distacco dalla prima posizione – osserva Magnussen - è molto più contenuto di quanto non lo sia stato da parecchio tempo a questa parte. Ma all’interno di quel gap si trovano tutte le scuderie; quindi, non vuol dire che abbiamo fatto progressi in termini di posizioni, ma che l’intero schieramento è diventato più compatto. Credo però che la F1 debba essere esattamente così”.
“Penso che il regolamento tecnico abbia fatto centro – aggiunge -. Quest’anno sorpassare è diventato più difficile, con le modifiche al fondo, ma penso comunque che si tratti di un miglioramento rispetto al passato. Sicuramente un sorpasso sudato è più soddisfacente, ma è anche vero che ci sono delle gare in cui non si riesce ad avanzare, ed è frustrante. È una buona cosa che si riesca a seguire da vicino, e se si è più veloci si può sorpassare. Non mi piacciono i sorpassi facili sul dritto con il DRS, ma almeno se si può seguire in maniera ravvicinata si ha l’opportunità di tentare una manovra in curva”.
La monoposto più incredibile che Magnussen abbia mai guidato, però, non appartiene all’attuale generazione, ma risale a qualche decennio fa. “È la McLaren MP4/4 di Ayrton Senna – rivela -. Non ci ho corso, ma l’ho guidata per le strade di Woking. È una monoposto risalente alla fine degli anni Ottanta, ma si percepisce chiaramente che è una vettura di F1. Non senti vibrazioni, ed è perfettamente bilanciata. È incredibilmente affascinante pensare che già allora le sensazioni restituite fossero simili a quelle di oggi”.
Nato pochi anni dopo la MP4/4 delle meraviglie, Kevin Magnussen oggi è un uomo di trent’anni concreto come le sue parole e determinato a continuare il suo percorso in F1. Ma correrebbe oltre i 40 anni, come sta facendo Fernando Alonso e farà Lewis Hamilton? “In F1 bisogna ragionare anno per anno, giorno per giorno”, abbozza Kevin, senza voler guardare troppo lontano, da buon pilota coi piedi per terra. Una cosa è certa: ci sarà anche vita al di fuori del Circus, ma per il momento Magnussen non ha alcuna intenzione di appendere il casco al chiodo.