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Con la scomparsa di Jean-Pierre Jabouille la Patrouille de France della F.1 perde un altro dei suoi componenti più rappresentativi che negli anni 70 e 80 avevano riempito gli schieramenti di partenza dei GP e creato un gruppo, con la filiera dei volanti Elf, che aveva sfornato campioni a profusione. Tanto per citare qualche nome da Jarier a Prost, Tambay, Depailler, Arnoux con altri nomi meno noti ma che rappresentavano quella voglia di F.1 che animava la Francia di quel periodo. Che, per inciso, aveva sfornato squadre come Ligier oltre a Renault, Larrousse, Ags. Insomma, c'era fermento e Jabouille rappresentava il precursore. Il Danny Kaye della F.1, come lo chiamavano per via della somiglianza con l'attore comico americano (per i più giovani si rimanda a Google per una ricerca, ndr) aveva quello sguardo triste, quasi malinconico.
Un pilota tecnicamente veloce e in grado di capirci di meccanica, uno vecchio stile per intenderci, che se c'era da lavorare sulla meccanica, sapeva dove mettere le mani. Non era un caso che Renault ne aveva fatto il suo alfiere nello sviluppo del primo motore turbo di F.1 facendo seguito alle esperienze nel campionato sport prototipi in cui la Regie aveva sviluppato il concetto. Per capire meglio l'importanza del lavoro di Jabouille, bisogna tenere conto di un dato importante. La federazione internazionale aveva stabilito un parametro di equità fra motori turbo e aspirati. Non come adesso che devono essere tutti uguali, ovvero 6 cilindri 1600 cc di cilindrata. In quel tempo ognuno poteva farsi il motore che voleva. Infatti Ferrari e BRM avevano i 12 cilindri, chi piatto chi a V, la Cosworth aveva sfornato il suo V8 classico, ma anche Alfa Romeo aveva un V8 (usato anche dalla McLaren di un team privato per intenderci).
I motori turbo avevano un coefficiente di 1 a 2, cioè per un motore 3 litri aspirato, un turbo non poteva essere più di 1500 cc di cilindrata. Gli esperti dell'epoca ritenevano questa equazione penalizzante per i motori turbo, dicendo che non sarebbero mai stati competitivi in F.1. La grande sfida di Renault e di Jabouille, fu quella di ribaltare quel concetto e dimostrare al mondo che si poteva. E Jabouille, forte delle sue capacità tecniche e agonistiche (in fondo aveva vinto in F.2 che a quel tempo vedeva anche i migliori della F.1 cimentarsi in qualche gara) e con le sport, decise di farsi carico dello sviluppo del progetto Renault Turbo. La sua storia agonistica andò di pari passo con quella di altri protagonisti dell'epoca. A Silverstone, 1977, debuttò il primo motore turbo Renault, ma ci si ricorda di quella gara per il debutto su McLaren di Gilles Villeneuve.
Dopo innumerevoli ritiri, per cedimenti della turbina, testata, bielle e tutto quello che si poteva rompere (Jabouille su una cinquantina di GP ne finì soltanto 10, tanto per dire...) innumerevoli sfottò e prese in giro, tipo definire la sua Renault F.1 la teiera, perché il sibilo del turbo dalla valvola wastegate sembrava quello della teiera che bolliva, accompagnata dal fumo dei clamorosi cedimenti, vedeva Jabouille come il brutto anatroccolo della F.1. Quello simpatico, anche se non rideva molto, quello alla Danny Kaye, bravo ma comico, ovvero un team, un pilota, che facevano sorridere i vecchi dell'ambiente e sulla stampa specializzata continuare a dire che la sfida era impossibile e che Renault stava buttando via i soldi. Come dire mai fidarsi dei giornalisti che di tecnica ne capiscono ben poco.
E poi il momento storico. Digione 1979, la prima vittoria, con oltre 14 secondi di vantaggio sulla Ferrari di Villeneuve e l'altra Renault di Arnoux. Un momento storico per lui, dopo tante amarezze, delusioni e rotture. Eppure tutta l'attenzione fu per il duello Arnoux Villeneuve e la sua vittoria storica finì in secondo piano. Epilogo naturale verrebbe da dire per chi come lui non aveva quel quid da fare la differenza fra il pilota personaggio e l'onesto lavoratore del volante. A quel punto, però, la F.1 capì che il turbo era il futuro. Che i 500 CV dei potenti motori Ferrari presto sarebbero stati inutili di fronte alle possibilità dei motori turbo. E infatti la storia dice che dopo qualche anno i mille CV venivano superati facilmente.
La carriera di Jabouille finì contro un terrapieno con la Ligier l'anno dopo. Gambe fratturate, fine della carriera per impossibilità di guidare vetture di quel genere a limite. Al Paul Ricard, 2019, di contorno al al GP, ci furono le celebrazioni per i 40 anni della sua prima vittoria (la seconda in Austria nel 1980). Giri dimostrativi, una corona d'alloro al collo, il tributo delle folla, ma quello sguardo ancora più triste del solito faceva capire che aveva tanti rimpianti dentro sè per una storia che avrebbe potuto essere diversa e non lo fu. Adesso, a 80 anni, ha lasciato questo mondo per ritrovare lassù i suoi compagni avversari di una epoca unica della F.1. Depailler, Tambay, Streiff, tanto per ricordarne alcuni. Un altro pezzo di storia di quel periodo unico e incredibile dove F.1 era ricerca, azzardo, innovazione tecnica, coraggio e personalità.