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Seconda gara stagionale, seconda doppietta per la Red Bull. A vincere il Gran Premio dell'Arabia Saudita è stato Sergio Perez, davanti a un Max Verstappen protagonista di una rimonta degna di nota. Qui, però, non vogliamo raccontarvi la cronaca di Jeddah, ma i nostri top e flop. Quindi, bando agli indugi.
Nonostante i problemi tecnici, non c'è stata storia. La Red Bull ha dominato anche il Gran Premio dell'Arabia Saudita, mostrando una preoccupante supremazia sia con Sergio Perez, capace di mantenere la testa della corsa senza fare un plissé dopo il piccolo inciampo in partenza, che con Max Verstappen. Partito dalle retrovie e favorito dalla sosta effettuata durante un discutibile regime di Safety Car - ci arriveremo - il campione del mondo in carica ha risalito con facilità la china. L'ultima parte della gara, pur con dei fantasmi sulla tenuta delle due monoposto, è stata impressionante. Perez e Verstappen si sono prodotti in una sfida a distanza, non senza qualche team radio al vetriolo da parte di Perez e un Verstappen incapace di rispettare le indicazioni del team. Forse proprio solo qualche screzio tra i due potrebbe aprire il fianco agli avversari. Ma per quello che stiamo vedendo, sarà dura.
Fernando Alonso si sta candidando a diventare il nuovo Max Verstappen del 2020, pronto a installarsi nelle posizioni di rincalzo alle spalle di un team dominante. L'errore di posizionamento sulla piazzola in partenza - francamente evitabile - è l'unica macchia di una corsa di cui Alonso ha preso la testa in partenza, per poi rendersi conto rapidamente che non c'erano possibilità di avere la meglio nemmeno la Red Bull sul gregario Perez. A Jeddah Alonso è salito sul podio, prima di essere penalizzato di 10 secondi per aver scontato la sua penalità in modo scorretto e, parecchio tempo dopo, vedersi riassegnare il terzo posto. Ma la sensazione è che il centesimo in carriera non sia un caso isolato quest'anno. La AMR23 si è dimostrata la seconda forza in pista anche su un tracciato su cui conta la velocità di punta - suo tallone d'Achille - e su cui la gestione delle gomme - punto forte - non conta molto. È oro colato, visto dove si trovava il team poco fa.
Un punticino sembra poca cosa, in Formula 1. Ma per qualcuno vuol dire molto. È così nel caso della Haas, che sta cercando di farsi strada nel vivace gruppo di centro classifica. E se sul giro secco Nico Hulkenberg sembra essere più efficace, in gara oggi si è visto il miglior Kevin Magnussen, coriaceo quanto basta per strappare il decimo posto a Yuki Tsunoda sul finale della gara. Per ora non si può fare di più. Ma è un segnale della maturità di Magnussen, che oggi riesce a dosare al meglio quell'aggressività in pista che una volta rappresentava un limite.
Non ci sono più scuse che tengano per la Ferrari. La Rossa a Jeddah, pista che sulla carta avrebbe dovuto sposarsi bene con la SF-23, è stata la quarta forza in campo, posizionandosi pure alle spalle di una Mercedes che non ha ancora intrapreso la metamorfosi che si attende tra qualche GP. Si dirà che la Ferrari è stata sfavorita dal regime di Safety Car scatenato dal ritiro di Lance Stroll, ma la verità è che Carlos Sainz e Charles Leclerc con le hard non avevano assolutamente ritmo. L'exploit di un'Aston Martin in crescita non è una scusante. La Ferrari avrebbe dovuto essere vera rivale della Red Bull, e allo stato attuale delle cose non è nemmeno lontanamente nelle condizioni di esserlo. Urgono rimedi.
Certo, Lando Norris ha sbagliato ieri in qualifica, e oggi in partenza Oscar Piastri non è stato impeccabile. Ma la verità è che la McLaren ad oggi è semplicemente una vettura da fondo classifica. Anziché agganciarsi al top della classe B, la scuderia di Woking ha pagato carissima la decisione di cambiare troppo tardi direzione dello sviluppo durante l'inverno, finendo a giocarsi le ultime posizioni con la Williams. Per chi è cresciuto tra gli anni Novanta e gli anni Duemila, vedere due ex grandi della Formula 1 così indietro fa davvero male. Ma il Circus è spietato.
La direzione gara oggi, a nostro avviso, non è stata impeccabile. Il regime di Safety Car disposto per il ritiro di Lance Stroll è stato francamente incomprensibile, ma diamo il beneficio del dubbio vista la spiegazione data dalla Federazione. "Dalle angolazioni delle riprese disponibili la posizione esatta della vettura ferma non era chiara, e quindi la Safety Car è stata mandata in pista in quanto opzione più sicura", hanno puntualizzato. Fatichiamo invece a comprendere il motivo per cui, nonostante avesse più di metà gara a disposizione per comminare una penalità ad Alonso, la direzione gara abbia agito solo a gara conclusa, facendo salire allegramente lo spagnolo sul podio per poi sottrargli il trofeo poco più tardi. Una maggiore prontezza non guasterebbe.