Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Nel giorno della Caporetto della Ferrari, la Red Bull a Baku ha totalizzato una doppietta che le consente di dilagare nel campionato costruttori. Ma non siamo qui per sciorinare classifiche, bensì per individuare i top e i flop del GP dell'Azerbaijan 2022 di Formula 1. E allora, bando agli indugi.
Si diceva della doppietta Red Bull, arrivata (anche) grazie all'assist di una Ferrari deficitaria dal punto di vista dell'affidabilità. Max Verstappen, che ora veleggia con 34 punti di vantaggio sul rivale Charles Leclerc, rientra però di diritto nei top per il confronto con il compagno di squadra. Oggi Max è stato in grado di battere Sergio Perez nel cavallo di battaglia del messicano, la gestione delle gomme. Nonostante abbia passato buona parte del primo stint battagliando con Leclerc, mentre Perez poteva amministrare indisturbato la testa della corsa, ha comunque prolungato di più la vita delle sue gomme, agevolato da un assetto che non lo ha aiutato in qualifica, ma lo ha reso più efficace in gara. Non pensiate che ci sia diventato improvvisamente un ragioniere, però. La cattiveria fine a sé stessa di Verstappen si è rivista sul finire della gara, quando il suo ingegnere di pista lo ha invitato a rallentare il ritmo. Non aveva bisogno di strafare, ma vaglielo a dire. Cannibale.
Tra i top ci sono pure George Russell e Lewis Hamilton, ma non la loro Mercedes. La W13, che Toto Wolff, in punta di fioretto, ha definito a fine gara una shitbox - non traduciamo per pietà - sta rendendo un tormento le gare dei suoi piloti, sballottati come a bordo di uno sgangherato aereo in preda alle turbolenze. La monoposto della Stella a tre punte sobbalza non solo sul rettilineo ad alta velocità, ma pure in curva e nelle sezioni più lente, tanto da rendere pure complicate le comunicazioni via radio. Ciononostante, Russell, un po' come il proverbiale calabrone che non potrebbe volare, ma lo fa comunque, continua la sua progressione in top five, sfruttando ampiamente il suo know-how acquisito guidando catorci in Williams. Hamilton, invece, oggi si è distinto con un paio di bei sorpassi ai danni di Gasly e Ocon e, soprattutto, è riuscito a finire la corsa senza avere la sensibilità al suo - ahem - retrotreno, causa dolori alla schiena. A 37 anni, accusa di più il porpoising rispetto a George, nato quando Lewis frequentava le scuole medie. Ma è inutile fare della facile ironia sulla presunta anzianità di Hamilton. Lui a fine gara non riusciva a uscire dalla monoposto. Noi, al posto suo, saremmo ko per settimane.
Al buon Seb la pista di Baku piace parecchio: lo dimostra il podio colto lo scorso anno. Il feeling con il tracciato azero si è indubbiamente visto anche nella gara di oggi, conclusa da Vettel in sesta posizione. Sebastian ha gestito le hard per 42 giri, unico insieme a un altro veterano del Circus, Fernando Alonso, a rendersi protagonista di uno stint così lungo. Ma il motivo per cui Vettel è schizzato nei top è la movenza da gatto per rimediare al lungo commesso in un tentativo di sorpasso su Ocon. Con un'invidiabile prontezza, si è rigirato nella direzione giusta in un baleno, perdendo solo sei secondi. Sarà anche frutto di un errore, ma questo slancio è la ciliegina sulla torta di una gara tenace, da vecchio volpone. Ed è questo il Sebastian che ci piace.
Il sopraccitato Vettel è stato protagonista di diverse giornate fantozziane con la Ferrari, ma quanto visto oggi è materia degli incubi dei tifosi della Rossa. Delle sei vetture motorizzate da Maranello, solo due - guidate dagli Highlander Valtteri Bottas e Mick Schumacher - sono giunte al traguardo. Il menù del disastro servito in tavola a Baku è variegato, passando dai problemi idraulici accusati dalla F1-75 di Carlos Sainz e dalla C42 di Guanyu Zhou alle fumate bianche della Rossa di Charles Leclerc e dalla Haas di Kevin Magnussen. Ormai l'allarme affidabilità è conclamato. Con due ritiri su tre gare per Leclerc e il doppio ko tecnico di oggi, viene da chiedersi quanto la fragilità dei componenti della power unit di Maranello possa influenzare la lotta mondiale. E c'è da sperare che Baku non si riveli la giornata decisiva in tal senso.
Nicholas Latifi, eroe dei due mondi - canadese, ma di origine italiana, quindi lo sentiamo un po' anche nostro - ha cominciato il GP dell'Azerbaijan con una bella penalità giuntagli tra capo e collo non per colpa sua. Un meccanico della Williams, con un leggero tocco alla sua FW44 oltre il limite dei 15 secondi, gli ha regalato uno stop-and-go. Il nostro, però, ha voluto metterci del suo, ottenendo in prima persona una penalità per non aver rispettato le bandiere blu. Il colpo di genio? Le normative sui doppiaggi sono state inasprite con un giro di vita dovuto alla sua condotta non propriamente esemplare a Monaco. Certo, in quel caso Albon era stato ancora più discolo, ma oggi Nicholas si è superato.
La 24 Ore di Le Mans è corsa per palati raffinati, oseremmo dire quasi da radical chic, o quantomeno da nerd del motorsport, frangia alla quale rivendichiamo con grande fierezza la nostra appartenenza. Ma è uno spettacolo straordinario, che merita di essere seguito e assaporato come piatto principal del weekend. Per questo, continuiamo a non comprendere il motivo per cui, da qualche anno a questa parte, la F1 si ostini a correre nel weekend di gara al Circuit de la Sarthe. E se la partenza della gara di Baku alle 13 ha lasciato campo libero per vedere il termine della corsa, le qualifiche sono state scientemente programmate allo stesso orario dello start di Le Mans. Un dettaglio che, a voler essere maliziosi, pare quasi uno sberleffo. Capiamo che l'aumento esponenziale delle gare non aiuti a scongiurare concomitanze scomode, ma è davvero impossibile evitarle, o è solo una questione di principio? Resta un vero peccato, anche perché impedisce a piloti attivi in F1 di cimentarsi a Le Mans.