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Nel giorno del dolore per la scomparsa di Dietrich Mateschitz, l'uomo a cui decine di piloti devono la propria carriera nel motorsport, la Red Bull si è aggiudicata il titolo mondiale costruttori, grazie alla vittoria di Max Verstappen e al quarto posto di Sergio Perez. Qui, però, non vogliamo raccontarvi la cronaca, bensì stabilire i top e i flop del Gran Premio degli Stati Uniti 2022 di Formula 1. Quindi, bando agli indugi.
Lui, incalzato dall'eterno ritorno della stessa domanda, continua a ribadire che le statistiche non gli interessano. Ma per uno come Lewis Hamilton concludere una stagione intera senza una vittoria sarebbe un affronto al suo talento. Ad Austin, pista su cui in passato ha assaporato brucianti successi mondiali, ce l'ha messa tutta per imporsi, quando la mossa strategica della Mercedes di tentare nuovamente l'undercut ha avuto i suoi frutti per lungaggini nelle soste di Verstappen e Leclerc. Con la mescola a sfavore - lui hard, Max medie - Lewis ha resistito fino allo stremo delle sue gomme, mentre gli pneumatici di Max, freddissimo nel passarlo, non mostravano segni di cedimento. Non avrà vinto, e forse non lo farà per la prima volta nella sua carriera in in una stagione intera. Ma Hamilton oggi ha dimostrato di poter ancora dire la sua nel mare di giovani squali che annusano il suo sangue.
La lotta tutta talento e istinto tra Charles Leclerc e Max Verstappen ad Austin è durata un attimo fugace, ma abbastanza da accendere la voglia di vederli combattere testa a testa. Charles, ritrovatosi davanti a Max dopo l'infelice sosta del rivale, ha cercato di resistergli, offrendo una strenua resistenza prima di cedere. Ma le sue gomme, di lì a poco, sarebbero crollate. La vera perla della gara di Leclerc, però, è il poderoso sorpasso in staccata su Sergio Perez, dimostrazione concreta del suo estro e della sua capacità di osare. Verstappen, dal canto suo, si è ripreso una gara complicata da un problema nel pit stop, arrivando ad eguagliare il record di 13 vittorie in una stagione condiviso da Schumacher e Vettel. Se proprio dovessimo trovare qualcosa da recriminare a Verstappen, sarebbe sicuramente il piccato messaggio al team dopo l'errore. A mondiale già assegnato, tanto fervore non è necessario. Ma Max è cresciuto senza la possibiltà di sbagliare. E non la concede nemmeno agli altri.
Non ce ne voglia la nuova leva della Formula 1, ma due vecchie glorie meritano di essere annoverate tra i top. Sebastian Vettel ha raccolto molto meno di quanto abbia seminato per via di un problema nella sua sosta, ma ha ritrovato la verve di quando, ragazzino terribile, faceva vedere i sorci verdi alla concorrenza. Lo dimostra la lotta finale, senza esclusioni di colpi, con Kevin Magnussen. A vederlo così agguerrito, sembra che sia determinato a godersi fino in fondo gli ultimi GP della sua carriera, senza trattenersi. Così come è sempre straripante Fernando Alonso. Come il proverbiale calabrone che non sa volare, ma lo fa lo stesso, si è ripreso una gara compromessa per un volo mancato miracolosamente per un soffio. Il settimo posto gli andrà anche stretto, ma la sua qualità emerge da una rimonta insperata.
A proposito del decollo di Alonso, il co-protagonista del contatto, Lance Stroll, finisce per direttissima tra i flop. Lo avevamo già detto in passato, ma ci tocca ripeterlo. A Stroll manca quella che gli inglesi definiscono situational awareness, la capacità di rendersi conto di quello che gli succede intorno e di reagire di conseguenza. Il suo cambio di traiettoria mentre Alonso gli era col fiato sul collo è scellerato, e bisogna ringraziare la sorte favorevole, che ha evitato epiloghi ben peggiori della spaventosa carambola disegnata dall'Alpine di Fernando. Certe manovre andrebbero sanzionate con mano ferma, perché si rischia di dare il cattivo esempio anche ai giovani talenti che corrono nelle categorie minori.
La gara di Pierre Gasly, fino a quel momento in zona punti, è stata compromessa dalla penalità che gli è stata rapidamente - e correttamente, verrebbe da dire - comminata per non aver rispettato la fatidica distanza di dieci macchine finita nell'occhio del ciclone in quel di Singapore. I commissari stavolta hanno agito con l'opportuna tempestività, cosa che non ha invece fatto Pierre, allontanatosi troppo da chi lo precedeva. Da lì in poi è stato un supplizio, visto che a Gasly è stata comminata un'ulteriore sanzione per non aver scontato in modo corretto la propria penalità. E la zona punti raggiunta da Tsunoda è rimasta un miraggio.
C'è solo una cosa peggiore del commettere errori maiuscoli: essere semplicemente poco veloci. Daniel Ricciardo ha passato l'intero weekend di gara ad Austin lontano anni luce dal compagno di squadra, Lando Norris. In difficoltà in qualifica, non è riuscito a risalire la china in gara. L'unico segno lasciato in Texas resta l'arrivo nel paddock in sella a un cavallo il giovedì. Ma queste boutade non possono distrarre da quel poco che si vede in pista. Daniel è destinato a un anno sabbatico, si vocifera come riserva di un grande team, in attesa di una nuova occasione. Il nostro augurio è che gli possa fare bene. Perché così non va.