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Nel mondo della F.1 non c’è dubbio che Guenther Steiner sia uno dei pochi capaci di trasmettere emozioni e contraddizioni. Lo faceva da manager della Haas, lo fa oggi da giornalista commentatore della TV. Come cambiano i ruoli e come ti trovi in questa nuova veste? “Mi trovo bene, non mi definirei un giornalista, non sembro abbastanza un commentatore. Perché parlo delle cose che ho imparato, che so, quindi non mi viene difficile parlare di ciò che conosco. Però il giornalista è già un mestiere in sé e io non sono un giornalista. Il giornalista è quello che deve raccontare quello che vede, perché dovrebbe capirlo? Tu ne capisci e ne parli, quindi automaticamente fai informazione”.
Beh nel momento in cui fai domande, dai spiegazioni e racconti quello che vedi, stai facendo informazione e quindi sei giornalista. Ma hai avuto successo anche come scrittore, perché il tuo libro “Survive to drive”, cioè sopravvivere per guidare, è stato un po’ un must sotto questo aspetto. Ti aspettavi un successo del genere?
“No, Assolutamente no. Il libro è stata una cosa stranissima. Io non ho mai avuto la pretesa o la voglia di scriverne uno. Mi ha contattato un ghostwriter e all'inizio ero abbastanza freddo, perché ho detto cosa vado a dire? Cosa andiamo a scrivere? Poi gli ho parlato un po’, era un tipo molto simpatico. Siamo andati d'accordo subito. E poi? Poi ha detto, facciamo la biografia. Ho detto no, la biografia l'han già fatta tutti. E se facciamo un libro su cosa dobbiamo farlo? Serviva una idea un po’diversa. Poi è uscita questa idea di fare come un diario di un anno e l'abbiamo fatto. E mi sono anche divertito. E poi non sono io a giudicare se il libro è bello o no. A tanta gente piace, è arrivato perfino al numero 1 in Inghilterra sul Sunday Times, ed è una cosa stranissima. E ne vendono ancora adesso per quello: è bello sapere che alla gente piace quello lì, per me è una cosa bella da sapere”.
Non è che il segreto sia il fatto di parlare chiaro e parlare chiaro in F.1 a volte è controproducente?
“A volte è controproducente, però alla fine è una cosa che io non riesco a far altro, non ce la faccio a non per essere chiaro, perché non ho tempo da perdere e non ho voglia di dire bugie. Allora parlo con me stesso e mi dico: come stanno le cose? Non cambierò ormai, non cambierò più”.
Sei l'uomo delle start up, perché quando eri nei Rally hai creato il tutto, sei arrivato in F.1, hai creato la Jaguar, poi hai creato la Red Bull, hai creato la Haas, quindi sei l'uomo che sa come affrontare i problemi, come risolverli quando si costruisce qualcosa… Quindi è strano vederti in questo ruolo esterno da commentatore TV, io mi aspetto di rivederti in qualche team.
“Pensare a un rientro? Se c'è un progetto, si può fare. Come hai ben detto, mi piace fare dei progetti. Amministratore di una cosa tanto per farlo, non lo faccio neanche bene, perché non sono bravo e lo so. Io conosco il mio limite, a me piace fare le cose che sono molto sfidanti. Questo vuol dire che non so se può essere ancora in F.1 o un progetto in un altro campo. La F.1 mi piace, è il mio mondo. Però ci sono tante altre cose. Come ho detto, il mio futuro non dipende dalla sola F.1, ma il progetto non deve essere collegato alle corse, come non deve essere un progetto qualsiasi cosa senza capo né coda. Potrebbe anche essere qualcosa che non è legato con le macchine da corsa”.
Beh qui si apre una finestra importante sul futuro di Steiner… Cosa bolle in pentola?
“Bah, potrebbe essere qualsiasi cosa. Apro una parentesi: ho la mia azienda personale, che è un'azienda di materiali compositi. All'inizio aveva tanto da fare con la macchina da corsa perché avevo fatto dei pezzi. Siamo partiti da lì, nella costruzione di pezzi per le mie macchine da corsa, però ora siamo una azienda con 230 persone, che più che altro lavora per il settore della difesa e dell’ aeronautica negli USA”.
Senza dimenticare che oggi si sono vetture di tutti i giorni dove c'è molto più spazio per i materiali compositi rispetto a quello che era il passato. Oggi anche sull'utilitaria trovi parecchi particolari in carbonio, quindi c'è stata un'evoluzione…
“Infatti c'è un'evoluzione. La visione che ho avuto 15 anni fa era di fare qualcosa del genere in America, perché in quel periodo non c'era, non c'era questa tecnologia negli USA e l'abbiamo creata. Adesso in America abbiamo abbastanza successo. E per quello dico posso affrontare nuove sfide, ma non un qualsiasi progetto, logicamente deve essere qualcosa legato al mio ambiente racing o dove ho conoscenze. Perché? Ad esempio di barche non ne capisco e non le vado a fare. Però ci sono tante cose che magari vado a fare. Deve essere un progetto che mi piace”.
Io adesso te la butto lì, a livello di provocazione, il prossimo progetto F.1 si chiama Audi. Tu parli benissimo l'italiano, parli benissimo il tedesco, oserei dire quasi madrelingua, poi l'inglese, quindi sei multi lingue, hai esperienza in F.1 e penso che saresti una figura giusta per quel tipo di progetto. Che ne dici?
“Al momento, secondo me, Audi sono a posto e non cercano nessuno, però dipende da loro e come ha detto non vado, non mi metto avanti, dicendo vorrei far questo, vorrei far quello. Non vado a bussare alle porte per chiedere un lavoro, perché di lavoro, onestamente, ce ne ho anche troppo. E la cosa strana dire che sono il disoccupato più occupato. Non avrei mai creduto di essere così occupato. Faccio degli eventi per delle aziende, faccio TV, adesso seguo i prossimi gran premi fino a Baku. Lavoro un po’ per delle aziende come consulente e mi piace anche così, perché sto nel giro e vedo cosa succede, che se poi succede qualcosa di bello, diciamo, sono lì. Però non vado alle corse, ai Gran Premi per andare a cercare dei lavori. Io vengo qua perché ho qualcosa da fare e poi se qualcuno ha interesse a parlarmi, io ci sono”.
Tanto da fuori e riesci a vedere un pochino il bello e il brutto, il positivo, il negativo dei vari team, se puoi dirci qualcosa da quello che hai visto. Chi ti ha sorpreso di più? Chi ti ha deluso di più?
“Sorpreso di più? McLaren, sta facendo un bellissimo lavoro perché so quanto è difficile. L'anno scorso sono partiti male e adesso sta andando molto bene. Un po’ deluso da Alpine, si stanno riprendendo, devo dire però hanno fatto un inizio stagione molto deludente per essere una squadra ufficiale di un grande costruttore, però si stanno riprendendo. Un po’ deluso anche da Sauber, mi aspettavo un po’ di più”.
Per quanto riguarda invece il famoso Adrian Newey, credi veramente che una persona sola possa fare la differenza nello staff tecnico composto da centinaia di ingegneri?
“No, non penso. Però non lo pensa neanche nemmeno Adrian. Lui fa da testa, però ha bisogno di tante mani, come dappertutto. Se prendi Adrian Newey devi sapere che ti serve uno staff molto grande per soddisfare le sue esigenze. Perché Adrian lavora molto, però non è lui che fa tutto il lavoro, lui ha le idee, ha i concetti. E poi serve gente che li mette in pratica questi progetti”.
Finiamo la nostra chiacchierata con l'ipotesi, il sogno, di una squadra ideale di Guenther Steiner come team manager: quale pilota, quale telaio, quale motore vorrebbe avere se potesse farlo?
“Piloti Max e Lando al momento, ma non dico dei segreti, però al momento sono i più bravi. Poi anche come persone sono delle brave persone. Quindi Verstappen e Norris, telaio? Farei il mio. E il motore? Adesso al momento fra i motori non c'è grande differenza, logicamente io preferirei Ferrari, perché ho ancora bellissimi rapporti anche con Fred Vasseur, con tutta la Ferrari e tutti i ragazzi che lavorano in Ferrari. Cioè sono tanti anni che abbiamo lavorato insieme quando avevamo i loro propulsori e logicamente viene più facile lavorare con la gente che conosci e che sei amico e che ti capisci, che hai rispetto uno con l'altro. A quel punto lì io sceglierei motori Ferrari, perché tra i motori come potenza non è che c'è più una gran differenza”.
Bene, in attesa che si concretizzi il sogno di un team Steiner di F.1 con Verstappen e Norris e motori Ferrari, aspettiamo le prossime mosse del tecnico altotesino.