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C'era una volta lo sport del futuro, quello in cui gli uomini si sfidavano con le macchine. Erano gli inizi del 900, oltre un secolo fa e la tendenza futuristica aveva portato le classiche lotte umane su un pianeta diverso. Da uomo contro uomo prima, poi uomo con cavallo contro altro uomo con cavallo e già lì si era capito che la differenza la faceva il mezzo a disposizione. Infatti non ha mai vinto uno in sella a un brocco e chi arrivava secondo non imputava la sconfitta a proprie deficienze, bensì alle carenze del ronzino. Siamo andati avanti qualche migliaio d'anni in questo modo, fino a quando non sono state inventate le macchine.
A due e quattro ruote, poco conta, l'importante era sfidarsi e primeggiare. Cosa che è avvenuta nel corso degli ultimi 100 anni e la punta di diamante di questa sfida si chiama F.1. O MotoGP se parliamo di due ruote. Ovvero il fisico e l'abilità portati al limite estremo delle macchine. Il boom della F.1 è avvenuto quando la componente umana ha cominciato a patire, ovvero quando ci scappava il morto. Immolarsi in una sfida con un mezzo meccanico. Pazzesco, se ci pensate. Ci sono tanti altri modi, ma questo del morire per essere primi andava oltre la minima comprensione.
Da qui l'ergere a semidivinità le imprese (pazzesche) di gente che su un mezzo meccanico andava al limite, sempre oltre quello immaginabile. Fino a quando l'auto è stata simbolo di libertà e movimento, l'estremo erano le competizioni: la F.1, la 24 Ore di Le Mans, i rally raid come la Dakar. Poi è successo qualcosa e ne stiamo pagando le conseguenze oggi. I limiti ambientali, le leggi restrittive, una nuova coscienza popolare che ha spostato l'interesse e i limiti della natura umana.
Se guardate le motivazioni di un pilota anni 60 con quelle attuali, emerge il contrasto. All'epoca si sapeva di poter morire e nessuno, sano di mente, avrebbe accettato la cosa. Pensate a tanti ragazzi benestanti, ricchi, senza problemi nella vita che scendono in pista e si mettono in gioco fino al sacrificio supremo. Allora l'attenzione era tutta per questa cosa: come poteva un essere umano che non aveva problemi di vita, a mettersi in gioco fino a perderla? Era scioccante, incomprensibile e creava un alone di mistero per qualcosa che la maggior parte degli esseri umani non capiva e non poteva accettare.
Poi sono arrivati gli interessi delle Case, cioè giustificare delle spese in un contesto tutto sommato inutile. Da qui le giustificazioni per le competizioni, per i bilanci e i tagli vari. La ricerca tecnologica, lo sviluppo etc etc, fino ad oggi, in cui per correre in auto bisogna trovare giustificazioni nella scienza, ovvero le regole vanno in una certa direzione e noi sviluppiamo i concetti. Ovvero, motori meno inquinanti, abbinati a un elettrico, da cui diminuire consumi ed emissioni. Ergo, per spingere la ricerca si deve correre ovvero ogni 2 settimane superare un ostacolo.
Ed ecco che le corse, F.1 in primis, hanno perso quell'aurea misteriosa che avevano prima. Ci sono ancora uomini che si sfidano, ma tutto dipende dal mezzo e dalle regole. Per cui l'apporto umano,che Ferrari quantificava in un 20 per cento (all'epoca, figurarsi oggi) vale sempre meno. E così, da sport del futuro la F.1 è diventata lo sport del passato, quello che pur di resistere accetta compromessi incomprensibili, regole astruse che per essere corrette hanno bisogno di altre regole astruse e via di questo passo.
La generazione playstation di piloti attuali, salvo rare eccezioni, è solo il primo passo delle corse del domani. Quando seduti in comode salette azioneranno i comandi delle loro vetture mostruose e tecnologiche. Con le Case che potranno mostrare soddisfatte al mondo i progressi della loro tecnologia, i piloti del domani che al massimo rischieranno una indigestione
Il futuro? Le corse dei cammelli lo hanno già disegnato. Non stupitevi, nei paesi arabi le corse coi cammelli sono un must di prim'ordine. E per correre ci volevano fantini leggeri e agili, ovvero bambini. Il più delle volte semi schiavi, immigrati indiani o pakistani. Il brutto è che a volte cadevano e venivano uccisi dai cammelli in corsa. E così, per evitare polemiche (non certo per salvare la vita ai bambini) si è passati al telecomando. Ovvero, lo sceicco (che poi in arabo vuol dire anziano, saggio anche se noi chiamiamo sceicco tutti quelli che abitano da quelle parti e che hanno conto corrente a sei zeri come minimo) ha trovato la soluzione: il telecomando. Seduti in salette lussuose, comandano le corse dei loro cammelli azionando le levette. Come si fa alla playstation.
E in un mondo in cui le nuove generazioni si allontanano dall'auto, che il futuro prevede vetture che si guidano da sole senza conducente, ecco che il futuro della F.1 e delle corse è già presente: la generazione playstation di piloti attuali, salvo rare eccezioni, è solo il primo passo delle corse del domani. Quando seduti in comode salette azioneranno i comandi delle loro vetture mostruose e tecnologiche. Con le Case che potranno mostrare soddisfatte al mondo i progressi della loro tecnologia, i piloti del domani che al massimo rischieranno una indigestione dovuta all'aria condizionata e i nostalgici in ricordo dei vecchi tempi quando le corse le facevano gli uomini.
Non è fantascienza, è quello che accadrà fra qualche tempo. E che sia già così basta una cosa a mostrarlo. La nebbia di Shanghai che ha impedito alle auto di girare in pista . Non perché impossibile o pericoloso, solo perché l'elicottero di soccorso non poteva atterrare all'ospedale di Shanghai in caso di emergenza. Ecco, con tutti gli ospedali della zona, con tutti i servizi disponibili e con un tracciato praticabile, tutti fermi ai box in attesa del bel tempo. E' la F.1 del futuro, piaccia o non piaccia.