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Era l’epoca dei giornali e delle polemiche scritte su lettera e che venivano pubblicate, se andava bene, una settimana dopo i fatti, ma quando si parlava di Gilles Villeneuve non c’era tempo e spazio che reggesse. Era un pilota social in un’epoca in cui i social non esistevano. E forse per questo, 41 anni dopo la sua scomparsa, il suo mito continua imperterrito a fare presa sugli appassionati. Su quelli che l’hanno visto correre e su quelli che ne hanno sentito parlare. I più giovani ne avranno forse visto le gesta sui canali TV e YouTube, ne avranno sentito parlare dai genitori e avranno avuto quella curiosità di leggere un passato remoto di una F.1 dove l’uomo era al centro di quel mondo, con storie che sembrano uscite dalla mente perversa di uno sceneggiatore impazzito, uno di quelli che nelle soap opera alla Beautifull trovava sempre il colpo di scena.
Invece no, Gilles Villeneuve e la sua storia vera sono il frutto della vita vissuta, di quella vita impazzita che lancia da uno sperduto paesino canadese, a 40 km da Montreal, un ragazzotto di provincia annoiato, smargiasso ma tanto vero e pulito come il suo nome: Gilles, che in italiano sarebbe Egidio (dal greco giovane capra o meglio figlio dell’Egeo) ma che nella terminologia generale del personaggio sta per giglio, ovvero candido. Egidio Cittanuova, sarebbe stato un nome improponibile per un pilota e leggenda. Gilles Villeneuve invece è impresso a lettere cubitali nell’empireo degli eroi a quattro ruote di tutti i tempi.
L’8 maggio 1982 scomparve un uomo che era riuscito a diventare un trascinatore di folle, un idolo da esaltare anche nel momento dell’errore. Quante gare buttate via, quanti sbagli e uscite di pista. Ad ogni errore, invece della condanna, arrivava l’esaltazione dell’uomo che non si arrende mai, che piega gli avvenimenti al suo volere e non li subisce. Quello che avremmo voluto saper fare tutti. Dal capo ufficio invadente al lavoro frustrante, combattuti con la forza d’animo di chi non si ferma e prova sempre ad andare oltre. Noi, comuni mortali, vittime del fato e impotenti davanti agli avvenimenti. Lui, Gilles, capace di determinarli e anche in caso di sconfitta, mai domo.
Uno da esaltare e apprezzare. Dopo di lui la F.1 ha vissuto altri miti, altre figure uniche, basti pensare a Senna o Schumacher col suo destino beffardo. Ma nessuno ha raggiunto le sue vette. E ogni 8 maggio, la mente ricorre a quel piccolo canadese indomito, di cui i giovani hanno solo letto le gesta e a volte, la sera, incuriositi chiederanno ai genitori: “papà, ma chi era Gilles Villeneuve e perché è rimasto così impresso nella mente?”. Ecco, parafrasando Enzo Ferrari, Gilles Villeneuve non lo puoi raccontare, dovevi viverlo per capirlo.